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Kaleîdos

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Numero 14 del 2019

Titolo: Queen Victoria la regina del popolo

Autore: Anna Tagliacarne


Articolo:
(da «F» n. 25 del 2019)
Non sapeva cosa l'attendeva quando, alle quattro e mezzo del mattino, il 20 giugno 1837 sua madre la svegliò. In vestaglia e pantofole, con le trecce bionde sulle spalle, Alexandrina Victoria si presentò all'arcivescovo di Canterbury e al ciambellano Lord Conyngham che, in un salotto del palazzo di Kensington, si inginocchiarono davanti alla fanciulla diciottenne annunciandole: «Vostra Maestà, siete la Regina d'Inghilterra». Lo zio, re Guglielmo IV, era morto da poche ore e, non avendo figli, lei ereditava la corona. Inizia così il lunghissimo regno di Sua Maestà Vittoria, nata 200 anni fa, il 24 maggio 1819, durato 63 anni, 7 mesi e due giorni, dal 1837 al 1901. E dire che non era destinata a essere regina, e tanto meno a diventare un'icona: figlia del principe Edoardo, duca di Kent e Strathearn, ereditò il trono dopo la morte senza discendenza dallo zio. Non solo era giovanissima, ma non era stata educata al compito che l'aspettava: la madre, la principessa tedesca Vittoria di Sassonia-Coburgo-Saalfeld, insieme al suo fiduciario John Conroy (il padre morì che lei aveva otto mesi), non l'aveva messa in contatto né con l'aristocrazia né le aveva dato una formazione politica. Cresciuta nel palazzo di Kensington, fu accudita e istruita dalla baronessa Louise Lehnzen, che le insegnò le lingue. Quando, però, da un giorno all'altro Vittoria si trovò sul trono, circondata da uomini vecchi e smaliziati, convinti di poterla manovrare a piacimento, «la cara vecchia Lehnzen» divenne consigliera e segretaria della giovane regina, rimpiazzando completamente la madre. Era lei, l'acuta ex governante, che le soffiava nelle orecchie i vizi e gli intrighi di palazzo.
Una piccola grande donna
Nessuno tra i ministri e i notabili di corte aveva fatto i conti con la grinta di Vittoria che, piccola d'età e di statura, voleva vincere. E così è stato. Il suo regno è rimasto il più longevo della storia del Regno Unito, fino a quando la pronipote Elisabetta II, attuale regina, con i suoi 67 anni di permanenza al trono, le ha sottratto il record. Vittoria non è stata solo sovrana di un impero immane, che si estendeva su quasi un quarto della superficie del pianeta, il periodo in cui ha guidato il suo Paese, la cosiddetta età vittoriana, è stato quello della massima potenza economica, culturale e militare dell'impero britannico. Ed è stata lei, una donnina alta 1 metro e 52 centimetri, che dovette farsi costruire un trono su misura, a inventare la monarchia moderna: madre di nove figli, moglie felice e innamorata del cugino Alberto che sposò nel 1840, nonna di 42 nipoti, Vittoria ha dimostrato al mondo intero, già due secoli fa, che una donna poteva guidare un impero. Solo quando, a causa delle numerose gravidanze, doveva assentarsi dal potere, il principe consorte Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha si occupava del regno.
Una regina in mostra
Nel bicentenario della sua nascita, due grandi mostre allestite a Londra, Kensington Palace, dove Vittoria nacque e visse e dove dimorò Lady Diana, celebrano questa potente monarca: da una parte l'infanzia e la giovinezza, «Victoria: a Royal Childhood» (Vittoria: un'infanzia reale) e dall'altra il suo regno «Victoria: Woman and Crown» (Vittoria: donna e corona). Attraverso oggetti personali, dai vestiti alle scarpe, dalla collezione di bambole ai corposi diari della regina, i curatori hanno portato a termine un lavoro di ricostruzione immane, restituendo al pubblico il percorso che ha trasformato la bambina dall'infanzia malinconica e tiranneggiata dall'odioso sir John Conroy, nella donna volitiva che appena prese il potere cancellò il primo nome, Alexandrina (detta Drina, nomignolo che non tollerava), per scegliere il secondo, Victoria. «Fu il primo passo per smarcarsi dalla madre», racconta Daisy Goodwin nella biografia romanzata «Victoria» (best seller edito da Sonzogno in Italia) dalla quale è stata tratta l'omonima serie tv scritta e sceneggiata dalla stessa Goodwin. La seconda mossa fu allontanare il potente e perfido sir Conroy che, nella stessa biografia, Vittoria paragona a «un ragno che aveva tessuto la sua tela imprigionando l'intero palazzo». Ma se «sua madre era stata una preda facile, lei non sarebbe mai caduta nella sua trappola».
Un'abile comunicatrice
Vittoria è stata chiamata la «regina puritana», ma era una donna moderna che per prima ha capito quanto fosse importante essere un modello per la sua gente, il suo popolo, che chiamava «my people», con il quale amava entrare in contatto, rivolgendosi ai sudditi come nessun monarca prima di lei aveva fatto: si faceva vedere insieme ai suoi bambini, insieme al marito, mentre passeggiavano e giocavano nella tenuta di Balmoral. Perché amava la vita semplice e detestava i cerimoniali di corte. E questa è stata proprio una delle sue grandi doti: il modo diretto di porgersi, la capacità di comunicazione l'hanno avvicinata all'emergente classe media, alla borghesia, che in quegli anni stava diventando il pilastro dell'economia britannica, e che ha potuto identificarsi in quella regina popolare e moderna. Vittoria ha rinnovato la polverosa immagine dell'aristocrazia e ringiovanito la vecchia monarchia proiettandosi con slancio verso un futuro di cambiamenti sociali già avviati dalla rivoluzione industriale.
Una forte innovatrice
Siamo nella seconda metà dell'800 e il modello inglese diventa un esempio per tutta l'Europa: Vittoria cavalca e promuove ogni novità. È durante il suo regno che viene introdotta prima la vaccinazione gratuita contro il vaiolo, poi quella obbligatoria per tutti i nuovi nati e, successivamente, le sanzioni per gli inadempienti. Ed è la regina che, appassionata di progresso e con lo sguardo rivolto al futuro, inaugura la linea ferroviaria che va da Londra a Birmingham. Con lei il 1o maggio 1840 venne emesso il primo francobollo al mondo, il Penny Black, che la ritrae di profilo su sfondo nero e che ha modernizzato il sistema postale: fino ad allora il pagamento era a carico del destinatario, quindi non vi era certezza di alcun incasso. Donna evoluta e persino ostinata nelle sue decisioni, ha lanciato una moda che dura dal giorno del suo matrimonio: volle a ogni costo sposarsi con un abito bianco, colore insolito per la sua epoca, in cui si usavano pesanti sete ornate di oro e argenti. Il suo desiderio era trasmettere l'idea di una donna semplice.
Anna Tagliacarne



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