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Kaleîdos

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Numero 11 del 2019

Titolo: Nella testa di un leader

Autore: Gaia Giorgetti


Articolo:
(da «F» n. 21 del 2019)
Soffia sulla paura, manipola le menti, crea adepti per ottenere il consenso. A differenza delle donne, empatiche e meno narcise, gli uomini al comando replicano modelli di potere dai tratti psicopatici. Ieri come oggi. Un'esperta ci spiega perché succede
Narcisista, ossessivo, manipolatore, paranoico. E maschio. È l'identikit del capo che parla alla pancia della gente anziché fare leva sulla ragione. Una forma di leadership molto lontana da quella di noi donne, che per natura invece non siamo né ossessive, né fredde, né calcolatrici. Ve la immaginate una ministra che posta sui social una foto con il mitra in mano o una presidente che davanti a Notre-Dame in fiamme fa la strafottente? Di pazzoidi al comando la Storia ne ha collezionati un certo numero e anche oggi la leadership è «ammalata»: politici, finanzieri, manager, persino gli economisti sono stati passati ai raggi X da molti studi psichiatrici. Da Hitler ai giorni nostri il meccanismo del capopopolo si fonda sulla manipolazione. Lo spiega bene «M. Il figlio del secolo» (Bompiani), romanzo di Antonio Scurati favorito per il premio Strega, diventato anche un reading televisivo a tre voci con attori d'eccezione come Luca Zingaretti, Valerio Mastandrea e Marco D'Amore. Racconta la parabola di Benito Mussolini, uomo gretto, vuoto, violento che va al potere fiutando la crisi e cavalcando le paure della gente. È l'ennesima prova che i maschi con tratti patologici hanno più possibilità di diventare dei leader, al contrario di noi donne che arriviamo molto più raramente al comando. Questione di biologia, di evoluzione, di cultura? Ne parliamo con la neuroscienziata Donatella Marazziti, che ha appena tenuto, a Lucca, una relazione dal titolo «Psicopatologia del leader».
D. Cosa c'è nella testa di un leader?
R. Non si diventa capi se non si possiedono certe dotazioni di base, per primo il tratto ossessivo: il leader si focalizza su un obiettivo e fa di tutto per raggiungerlo. Altre caratteristiche sono il narcisismo, la sicurezza di sé, la capacità di controllare e reprimere le proprie emozioni riuscendo però a capire quelle altrui, la capacità di controllo dei propri comportamenti e, infine, il carisma di chi sa usare l'adulazione per ingraziarsi gli altri. Ognuno di questi tratti può restare tale, per esempio l'ossessività può esprimersi nella perseveranza. Oppure diventare tossico, quando sconfina nel patologico e si combina ad altri fattori: in questo caso parliamo di leader disfunzionali, di solito sono uomini.
D. È sicura? La Storia ci ha consegnato anche regine sanguinarie e donne di potere spietate.
R. Pensi alla tragedia greca. Medea non aveva scelta, così come altre eroine negative che hanno agito quasi sempre per sopravvivenza. Esistono donne di potere malvagie, ma in generale la leadership psicopatologica è maschile: la natura non favorisce un certo tipo di comando nelle donne.
D. Abbiamo delle prove?
R. Nello scimpanzé la posizione di leadership coinvolge alcune strutture cerebrali e agisce su di esse, a dimostrazione che il potere può diventare una dipendenza perché modifica il cervello. Nel Regno Unito hanno svolto un test che dimostra come i meccanismi tipici del comando siano maschili: hanno dato un dolcetto a bambini e bambine per vedere chi di loro riusciva a resistere di più, mangiandolo più tardi degli altri. Indovinate chi ha vinto?
D. Chi?
R. I maschi. Anni dopo gli studiosi hanno riscontrato che chi non aveva ceduto al dolcetto aveva raggiunto posizioni di vertice: chi non cade in tentazione ha più attitudine al potere.
D. Cosa significa a livello cerebrale?
R. La donna dal punto di vista biologico e culturale è meno programmata per una visione a lungo termine, mentre nell'uomo natura e cultura alimentano la predisposizione a pensare alle conseguenze, anche lontane. Ciò porta i maschi a essere perseveranti, caratteristica fondamentale del capo e parte integrante dell'ossessività.
D. C'entrano gli ormoni?
R. Sì, un po' tutti: serotonina, dopamina e testosterone portano aggressività e sete di potere.
D. Torniamo ai leader disfunzionali. Sono uomini con le caratteristiche del capo degenerate in patologia?
R. Il leader è disfunzionale quando i tratti tipici della leadership - ossessività, narcisismo, controllo, carisma - si combinano con aspetti patologici del carattere, come l'egocentrismo, la megalomania, la freddezza, l'insoddisfazione permanente, la rigidità, la mancanza di empatia, la fobia di essere sempre sotto attacco.
D. È più probabile trovare leader sani o pazzoidi?
R. Molti capi, specie in certi momenti della Storia, sono stati disfunzionali. Il narcisismo, per esempio, che di per sé è una caratteristica che porta al successo, si abbina facilmente all'egocentrismo di chi non riconosce gli altri, ma li vede come pericoli o nemici: per un narcisista patologico la gente va sfruttata a favore della propria immagine.
D. Parliamo di Hitler.
R. Un paranoico. Nella Seconda guerra mondiale ci sono stati molti psicopatici al comando: Hitler, Stalin, Mussolini e Churchill erano bipolari; Roosevelt ipotimico cronico. Un quadro davvero poco confortante.
D. Come fanno individui con una personalità deviata o perversa a convincere le masse?
R. I leader con personalità antisociali, con psicopatologie associate a intenzioni malevole, per prima cosa creano gruppi di adepti. È stato dimostrato che il cerchio magico nazista era composto da sadici, predatori violenti o persone abusate. Questi fanatici condizionano le masse.
D. È possibile che gli psicopatici siano più carismatici dei capi ragionevoli?
R. Conosciamo i meccanismi della manipolazione: si è dimostrato, per esempio, che il 25 per cento degli amministratori delegati è psicopatico. Idem per le grandi figure della finanza e della politica. Ma il potere seduce ben più del buon senso.
D. Qual è la caratteristica comune di questi malati al comando?
R. La mancanza di empatia.
D. E la capacità di persuasione?
R. Anche. Queste persone giocano su un'immagine fondata su fiducia e credibilità, hanno valori morali rigidi e sfoggiano il loro potere.
D. Su quali sentimenti agisce la manipolazione?
R. Nei momenti di crisi fa presa sui bisogni di base degli individui perché il leader non parla all'intelligenza, ma agli istinti primari, alla paura della solitudine e all'incertezza sul futuro.
D. È questo il modello di leadership che si è imposto oggi?
R. È tramontato il leader eroico che guida il popolo per un buon fine, prevalgono capi che fanno il loro interesse, non quello della nazione. In Gran Bretagna hanno svolto uno studio sugli economisti, trovando patologie uguali a quelle dei pazienti di un ospedale psichiatrico.
D. E i capi di Stato, i politici? Le sembrano antisociali?
R. Qualche disfunzione è evidente. Trump davanti a Notre-Dame in fiamme ha chiesto in tono polemico perché non partivano gli elicotteri antincendio: era il momento della compassione, non era opportuno spiegare ciò che si doveva fare. Questa incongruenza, rispetto alle reazioni emotive, manifesta freddezza caratteriale, mancanza di umanità.
D. Possiamo affermare che nel vuoto di valori la psicopatologia emerge?
R. Certo. Il sonno della ragione genera mostri.
D. La leadership femminile è esente da patologia?
R. Se la donna si comporta da donna il suo modo di esercitare il potere è completamente diverso da quello malato maschile. La nostra leadership è più empatica, più umana, meno narcisista: il mondo si salverà solo se le donne andranno al potere.
Gaia Giorgetti



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