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Kaleîdos

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Numero 11 del 2019

Titolo: Single e felici basta un po' di ironia

Autore: Benedetta Sangirardi


Articolo:
(da «F» n. 21 del 2019)
La ceretta ogni tre mesi, la vacanza relax con il migliore amico. Ma soprattutto la lezione più importante: imparare ad accettarsi e amarsi, nonostante le pressioni della società che ci vorrebbe tutte mogli e madri. Nel suo nuovo romanzo, Chiara Moscardelli, a suon di risate, ci mostra il lato positivo di essere sole
Guai a dirle che è la nostra Bridget Jones. «Magari. Per lei il finale è fantastico, può scegliere addirittura tra due pretendenti, uno più figo dell'altro. Io, al contrario, non incontro certo uomini belli e ricchi che prima mi prendono in giro e poi si innamorano di me. Sono molto, molto più sfigata». Parlare con Chiara Moscardelli, donna di grandissima ironia, provocatoria e insieme incisiva, è a metà tra fare una seduta psicanalitica per scacciare i pensieri negativi e prendere un antidepressivo in grandi dosi. Eternamente single e imbranata con gli uomini, dopo «Volevo essere una gatta morta» e «Volevo solo andare a letto presto» torna in libreria con «Volevo essere una vedova» (tutti Einaudi), un mix di leggerezza e allegria che racconta proprio di lei, Chiara. Nell'ultimo romanzo l'avevamo lasciata a Roma, a trent'anni e senza uno straccio di fidanzato. Ora la ritroviamo a quarantacinque, con una laurea, due master in giornalismo e cinque lingue parlate, ma ancora zitella e per di più nella grigia Milano. Niente marito, niente figli.
D. Chiara, come è potuto succedere?
R. Non si intravede uno straccio di fidanzato, nonostante mi sia impegnata tantissimo per fare la gatta morta. Esperimento fallito. Però ci ho provato.
D. A fare cosa?
R. Ad avere un uomo accanto. Due anni fa, ne avevo 45, mi ha preso il panico della singletudine e ho deciso di ribaltare il detto «meglio sole che male accompagnate» in «meglio male accompagnate che sole». È stato un disastro, ho fatto un passo indietro e mi sono goduta i miei tanti, tanti amici. Loro sì che mi portano l'aspirina quando sto male, quel tipo non faceva manco quello.
D. Non resta che andare dallo psicologo.
R. E infatti il mio si è fatto due ville con piscina a sentire tutte le mie disgrazie. Mi spiega che tutto dipende da me, da come mi vedo, da come sono cresciuta, dal rapporto con i miei. Capirai, fosse facile.
D. Essere single però non è poi così male.
R. Sì, confesso che può diventare uno spasso. Ma tra i 35-40 il periodo è stato infernale, con l'orologio biologico che fa tic-tac, le amiche che si sposano e fanno figli e le frasi tipo: «Guarda che ti manca poco». Ma poco a che cosa? Il panico totale, roba da Lexotan tre volte al giorno. Oggi, a 47 anni, ho «scavallato», come si dice a Roma. Vuole mettere il lusso di farsi una ceretta ogni tre mesi? Anche se poi tutte le donne che mi dicono «beata te che sei sola», guarda caso sono fidanzate.
D. Chiara, che è il suo alter ego, in questo caos fatto di mille peripezie cerca il suo posto nel mondo. Che strada percorre?
R. La più bella e difficile di tutte, quella dell'accettazione. La sfida è amarsi di più, assecondare i propri desideri, non quelli degli altri. Guardarsi allo specchio e dire: «Che bella che sono!». Oggi mi piaccio, accetto il mio aspetto fisico, le mille imperfezioni del mio fisico, incubo della mia vita già da adolescente, quando venivo bullizzata a scuola. Insomma, coltivo quello che fa bene a me stessa al posto di cercare affannosamente qualcun altro.
D. «A noi donne, grasse magre forti fragili giovani e vecchie. Siamo noi la nostra forza». Perché questa dedica?
R. Perché c'è un grandissimo bisogno di fare squadra, di solidarietà femminile. In questo dobbiamo imparare dagli uomini, maestri del cameratismo. La verità è che sono le donne che mi hanno sempre rimproverato o fatto notare la mia condizione di single, e «Perché non sei mamma, e perché non hai figli, e ma è tardi adesso». Il mio è un messaggio positivo: aiutiamoci e smettiamo di giudicare.
D. Un messaggio che vale anche per la sua prof di filosofia?
R. Quando l'ho incontrata pure lei mi ha appiccicato addosso l'etichetta «single uguale sfigata». Dopo le classiche domande su matrimonio-figli-famiglia mi ha detto: «Moscardelli, un fallimento sotto tutti i punti di vista». Ma si rende conto?
D. Come sfugge agli stereotipi?
R. Con la vedovanza. La mia è una tecnica che farà invidia a tutte le zitelle del mondo. Un giorno, dall'ortopedico per una visita, lui compila la scheda con tutti i miei dati e mi chiede: «Sposata? Gravidanze? Signora mi sente? Gravidanze?», e mi guardava insospettito perché non rispondo. A un certo punto ho gridato: «Vedova, sono vedovaaaa, mio marito è morto!». Da allora, un anno fa, mi sono finalmente regalata uno status accolto dalla società. Come ho fatto a non pensarci prima!
D. Viviamo in una società che ci fa credere che la felicità derivi dall'avere un uomo. Lezione per donne single: la felicità è...
D. Non aver bisogno di un uomo accanto per essere felici, tutto qua. Andare con il mio migliore amico in un'isola pazzesca della Thailandia a fare lunghe passeggiate, chiacchierate in riva al mare, ridere. E capire, finalmente, che non mi manca niente. Non ho pensato nemmeno per un minuto che sarebbe stato più bello se ci fosse stato un fidanzato accanto a me. Ero esattamente nel posto giusto con la persona giusta. Ho respirato la libertà, non c'è nulla di più prezioso.
D. Ridere e far ridere, anche a crepapelle, sulla condizione di zitella: lei ci riesce benissimo. Quanto è importante l'ironia su temi che spesso ci tormentano?
R. Fondamentale, è la mia più grande salvezza. Single, basta lamentarvi. Il mio psicologo, detto Mortimer, me lo dice sempre: «Chiara, la smetta di compiangersi». Ridete di tutto ciò che vi capita, e imparate a farlo anche per quello che di negativo vi accade. Accettare di non essere madre.
D. Ha la ricetta anche per questo?
R. No no, solo una lista di medicinali e calmanti da consigliare. È stata ed è una fatica insormontabile, non tanto non aver avuto un figlio, quando combattere contro un mondo che ti dice che non sarai mai una donna completa se non sarai madre. Il problema sa qual è?
D. Mi dica.
R. Sono le persone che te lo fanno credere, perché io non credo di avere alcuna mancanza. E allora quando nella mente scatta un vaffa nei confronti della società, è appena iniziata la scalata verso il successo personale.
D. Il momento della vita in cui ha pensato: «Che bello essere sola!».
R. Pochi mesi fa, quando ho comprato casa. Intanto l'ho fatto con i miei guadagni, e non sa che soddisfazione. E poi mi sono divertita come una matta ad arredarla: carta da parati dorata in camera da letto, lampadario enorme color oro con pennacchi. È super kitsch, a mia immagine e somiglianza. Se avessi avuto un uomo sarei dovuta scendere a compromessi. Ho detto: «Beata singletudine!».
Benedetta Sangirardi



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