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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere dei Ciechi

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Numero 5 del 2019

Titolo: RUBRICHE- Il lavoro fa per me!

Autore: a cura di Valter Calò


Articolo:
Ogni tipo di disabilità richiede strategie specifiche
L'O.M.S. nel corso degli anni ha sostanzialmente mutato la definizione internazionale di disabilità. Da una concezione legata esclusivamente a fattori organici che causano una situazione di menomazione e, conseguentemente, di handicap, si è passati nel 2001 a definire l'handicap come l'interrelazione tra le condizioni psicofisiche di una persona e il contesto in cui vive. Così, se una persona vive in un contesto inclusivo, cioè privo di barriere fisiche, percettive e sociali, altamente tecnologico, con pari opportunità di lavoro, di carriera e di accesso allo studio e all'informazione, il suo handicap può tendere a zero; se la stessa persona vive in un contesto di segno opposto, il suo handicap sarà più elevato.
L'handicap cambia anche al variare delle condizioni soggettive della persona e, se si vuole perseguire la massima produttività dell'individuo, va gestito caso per caso, tenendo soprattutto conto che ciascuna persona si distingue dalle altre non solo, e non principalmente, per la sua menomazione.
Certamente ogni tipo di disabilità, fisica, sensoriale, mentale o psicosociale, richiede strategie specifiche per farvi fronte; un altro elemento che può influire sullo sviluppo delle potenzialità produttive individuali è legato al momento di comparsa della disabilità: vi sarà molta differenza, infatti, tra un soggetto affetto da una menomazione congenita, che da un lato non avrà potuto vivere esperienze reputate socialmente "normali", ma che avrà sviluppato abilità per far fronte alla propria problematica in modo molto più naturale ed efficace, ed una persona che ha acquisito la stessa menomazione durante il ciclo vitale. Accanto a ciò però, il fattore cogente che influenza lo sviluppo di competenze e l'impegno in attività produttive è legato alle differenti situazioni culturali e sociali in cui vive il soggetto.
Collocamento obbligatorio e collocamento mirato.
Parallelamente, anche nel campo del diritto si è assistito ad un cambio di prospettiva in tema di collocamento al lavoro. In Italia, tutte le norme antecedenti al 1999 erano sottese implicitamente al concetto di disabile come persona non produttiva, da collocare nell'ambito di alcune professioni protette.
Citiamo innanzitutto, per una disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le imprese private, la legge n. 482/1968. Quanto al collocamento dei disabili visivi, la legge n. 113/1985 prevede l'obbligo di assumere centralinisti non vedenti per le aziende pubbliche e private che presentino determinati requisiti. Il D.M. 10 gennaio 2000, in forza della previsione contenuta nella legge n. 144/1999, equipara alla figura del centralinista quelle dell'operatore telefonico addetto alle informazioni alla clientela e agli uffici relazioni col pubblico, dell'operatore telefonico addetto alla gestione e all'utilizzazione di banche dati e dell'operatore telefonico addetto ai servizi di telemarketing e telesoccorso. In seguito, il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 11 Luglio 2011 ha dichiarato l'equipollenza della qualifica di operatore amministrativo segretariale alla qualifica di centralinista telefonico non vedente.
Nel passato fino agli anni 1999/2000, l'assunzione obbligatoria dei Massofisioterapisti ciechi era regolata dalle Leggi nn. 686/61 e 403/71; con la riforma sanitaria e le nuove indicazioni in merito alle professioni sanitarie (D.lgs n. 502/92 e L. n. 42/99) fu messo in crisi questo tipo di professione ma riscattata da alcune realtà come l'Università degli studi di Firenze e Bari istituendo dei posti di riserva per non vedenti nei corsi di D.U. In Fisioterapia, oltre a coloro che individualmente riuscivano a superare i test di ingresso presso le università del Paese; la prosecuzione della professione da attività ausiliaria (massofisioterapista) a professione sanitaria (fisioterapista) avrebbe dovuto evolversi con l'assunzione attraverso la Legge n. 29/1994 e n. 68/199 (tale assunzioni sono state poche visto l'inefficacia della legge n. 29/1994), spesso avvenuti tramite concorso pubblico, inserendo un dato meritorio di selezione. La difficoltà della tutela del posto in strutture pubbliche e private è compensato dalla possibilità di sviluppare tale competenze nel mondo della professione autonoma. Con la nuova legge n. 3/2018, art. 7 (Nuove professioni sanitarie dell'osteopata e del chiropratico), si allargano le opportunità nell'ambito delle professioni sanitarie per il cieco e l'ipovedente, oltre alla professione del fisioterapista non vedente in ambito di libera professione e lavoro autonomo.
La legge n. 120 del 1991 pone per la prima volta un principio importante, statuendo che la condizione di privo della vista non è ostativa alle mansioni anche dirigenziali e direttive della Pubblica Amministrazione e alla partecipazione a qualsiasi concorso e, a meno di esplicita e motivata deroga, prevede una riserva di posti all'interno dei concorsi pubblici per l'accesso all'insegnamento e a cariche direttive nella scuola. Lo stesso vale per qualsiasi concorso pubblico. Ma è con la legge n. 68/1999 che, almeno nelle intenzioni, si dà una svolta alla concezione di inserimento al lavoro delle persone disabili, passando dalla visione assistenzialista del collocamento obbligatorio, al concetto di collocamento mirato (art. 1 primo comma). Detto in estrema sintesi, è necessario collocare la persona giusta al posto giusto.
Per collocamento mirato si intende, ai sensi dell'art. 2, quella serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto più adeguato, attraverso analisi di posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione".
Con tutto ciò andrebbe inteso che si debbano conoscere effettivamente quali siano le competenze di un soggetto, al fine di prevedere un inserimento coerente alle caratteristiche del singolo, tuttavia si deve rilevare che il terzo comma dell'art. 1 della summenzionata legge fa pienamente salve le norme del collocamento obbligatorio dei centralinisti e dei massofisioterapisti. Questo fa sì che quando un disabile visivo qualificato si presenta ai centri per l'impiego, tende ad essere indirizzato agli albi dei centralinisti e delle professioni equipollenti, invece che agli elenchi dei servizi del collocamento mirato istituiti dai commi 1 e 1 bis dell'art. 8, dove vanno indicate espressamente "…le abilità, le competenze e le inclinazioni" dell'aspirante lavoratore.



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