Numero 11 del 2019
Titolo: Ancora sulla pittura tattile
Autore: Aldo Grassini
Articolo:
Ho letto l'interessante intervento di Antonio Greco e Nunziante Esposito nel Corriere Braille n. 8 (22-28 febbraio), pag. 21 e seguenti, sotto il titolo «La pittura tattile». Credo necessario fare qualche puntualizzazione:
a) se è possibile percepire i colori con le mani;
b) come è possibile per un cieco fruire di un'opera pittorica;
c) se i suoni possono farci «vedere» le immagini, magari con l'ausilio dell'informatica.
Sul primo punto, tu, Antonio, non sei affatto «tonto», come dici; anzi cogli nel segno quando scrivi: «Il colore deve esser vissuto, gustato e goduto e per poterlo assaporare è necessaria la vista».
Perfetto. Chi ha visto ed ora non vede più, può immaginare i colori, insomma, può ricordarli. Ma per chi non ha visto mai i colori sono parole che non potranno mai tradursi in rappresentazioni concrete. E ciò vale per tutti i sensi. Essi hanno una specificità che non può esser tradotta: i colori sono colori, i suoni sono suoni, gli odori sono odori, i sapori sono sapori, le sensazioni tattili sono sensazioni tattili. Passiamo pur le mani su una tela o su una superficie: potremo avere sensazioni piacevoli e stimolanti a seconda dei materiali, ma non potremo mai riconoscere i colori. Possiamo accordarci in modo tale che a determinate sensazioni acustiche, olfattive, termiche ecc. corrispondano determinati colori, ma saremmo sempre sul terreno della pura informazione, e ciò non consentirà di rappresentarci percettivamente i colori corrispondenti se non ne abbiamo mai avuto esperienza.
Ma allora la pittura per noi ciechi è un tabù? Non proprio. Fermo restando che nella pittura i colori, la luce, le ombre sono essenziali ai fini di una vera fruizione estetica, un dipinto non è fatto soltanto di colori. Ci sono anche le forme delle cose rappresentate, ci sono i contenuti, i messaggi, la simbologia e tutto questo, in certe condizioni, è accessibile anche per chi non vede.
Facciamo un esempio. Prendiamo la Guernica di Picasso. Da oltre ottant'anni questo grande dipinto emoziona e commuove milioni di fruitori. C'è senza dubbio una straordinaria immagine visiva, fatta di colori e di forme, ma c'è anche un forte messaggio politico ed umano: la denuncia dell'ingiusto scatenamento di una guerra civile, la condanna della violenza, la pietà per chi la patisce crudelmente, il grido di protesta per la libertà violata... Non è solo l'immagine visiva, ma tutto questo insieme, così potentemente espresso, che emoziona e fa gridare al capolavoro.
Al Museo Omero abbiamo una riproduzione della Guernica in bassorilievo. I ciechi non vedono i colori, ma possono apprezzare tattilmente le forme e naturalmente anche il messaggio che esse sanno trasmettere.
Ricordiamo che soltanto la vista e il tatto sono in grado di cogliere la forma, gli altri sensi no. E un bassorilievo ben fatto offre alle mani che lo esplorano la possibilità di riconoscere le figure e di penetrarne perfino i significati più segreti.
Ma, attenti! Un bassorilievo non è una pittura. Esso appartiene a un genere diverso: la scultura. Si tratta in definitiva di una traduzione in un altro linguaggio, con tutti i pregi e i difetti che può avere una traduzione.
E veniamo al terzo punto. Nunziante Esposito dice cose molto interessanti circa le prospettive offerte dagli sviluppi della tecnologia informatica. Tuttavia bisogna chiarire bene una cosa: la sinestesia, cioè la possibilità di associare più sensazioni (p. es. colori e suoni) non può dare la vista a chi non vede!
Mi spiego. Circa la forma, abbiamo già sottolineato che soltanto il tatto e la vista possono consentirci di percepirla. Voler delineare un contorno con variazioni termiche tattilmente percepibili, o con suoni o con odori sarebbe fatica sprecata. La musica e le descrizioni possono stimolare la nostra immaginazione, ma in modo assolutamente soggettivo e senza possibilità di riscontro.
Pensiamo ad una musica a programma, tanto per fare un esempio, ai «Quadri di un'esposizione» di Mussorgskij nella versione orchestrale di Ravel. Si tratta di una mostra di pittura tradotta in musica. Mussorgskij esprime con i suoni le impressioni e le emozioni suscitate in lui da quei dipinti e si tratta di una musica bellissima e giustamente famosa. Ma ascoltandola qualcuno potrebbe dire di «vedere» quei quadri? Di rappresentarsi quelle forme e quei colori?
Con la sinestesia visivo-uditiva una persona, in questo caso Mussorgskij, manifesta lo stato emotivo che in lui produce un colore, un'immagine (che un cieco non può vedere) e lo manifesta attraverso un analogo stato emotivo in lui prodotto da un suono, da una musica che anche un cieco può apprezzare. È come se gli dicesse: «Ti emoziona questa musica? Ebbene, allo stesso modo io mi emoziono davanti a questa immagine».
Nunziante ci parla nel suo articolo, delle mirabolanti prospettive che ci offre la tecnologia: basta toccare un quadro o soltanto passarci accanto per ascoltare (badate bene: non vedere) gli uccelli che cantano, il ruscello che scorre, il treno che passa, l'aereo che vola! Ascoltare mentre che gli altri vedono.
Nuovo e soggettivo è il mezzo con cui attivare quei suoni, ma la cosa in sé non è poi così rivoluzionaria. Potevamo farlo anche prima semplicemente pigiando il tasto di un povero e vecchio magnetofono! E i film commentati non ci propongono suoni e informazioni contestualmente allo scorrere delle immagini?
Io credo che la tecnologia ci offra delle potenzialità sconfinate, ma la vista ai ciechi ancora non è in grado di restituirla!
Aldo Grassini