Numero 2 del 2019
Titolo: INSERTO- In viaggio con... Net.IN Campus
Autore: a cura dello Staff di Net.IN Campus
Articolo:
L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (U.I.C.I) si impegna ogni anno nella realizzazione di interventi e attività a sostegno e promozione dell’inclusione per la tutela degli interessi morali e materiali delle persone con disabilità visiva, con o senza disabilità aggiuntive. Per la realizzazione di alcune attività U.I.C.I. si affida anche alla propria struttura formativa I.Ri.Fo.R., Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione, che si occupa istituzionalmente di tutte le problematiche formative e riabilitative dei disabili visivi, di qualunque età e condizione sociale. In questo lavoro di raccordo, il momento più atteso dell’anno risulta essere quello dei campi intensivi-abilitativi, che rappresentano un’occasione di crescita in un contesto diverso dalla quotidianità. Negli ultimi anni per l’assegnazione delle risorse riservate a questi interventi, per tracciarne l’architettura complessiva e per disciplinarne l’attuazione è stato fatto ricorso allo strumento del bando nazionale. Un passo importante verso la strada della codificazione delle molteplici regole e delle differenti soluzioni utilizzate finora.
Il progetto “Net.In Campus - Network Innovativi per interventi abilitativi per persone con disabilità visiva” (d’ora in poi Net.In Campus) nasce proprio dalla necessità di definire una serie di attività rivolte primariamente ai campi estivi e agli interventi abilitativi e individuali che in essi sono stati realizzati.
Obiettivo generale del progetto è la messa a punto di una metodologia sistematizzata da attuare proprio nei campi estivi che nasca da una condivisione dei punti di forza e di criticità di tutti gli attori coinvolti verso “la promozione di un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti” proprio come riportato sul Bando a cui il progetto ha risposto (Ministero del Lavoro e delle politiche Sociali).(1)
Lo staff coinvolto nel progetto è impegnato nel raggiungimento di due macro risultati, da un lato il potenziamento delle competenze del capitale umano e dall’altro il miglioramento della qualità dei servizi forniti agli utenti, fornendo alle singole strutture territoriali una metodologia strutturata e validata. La metodologia e i risultati della sperimentazione troveranno spazio in un manuale che sarà redatto in formato cartaceo, digitale accessibile e nero braille.
Il progetto ha proposto una sperimentazione su diciotto Campus coinvolgendo un totale di 641 utenti (11% in più rispetto all’anno 2017) di cui 180 non vedenti, 131 ipovedenti e 330 pluridisabili per un totale di circa 112.600 ore di attività (6% in più rispetto all’anno 2017). In particolare sono stati oggetto di osservazione sette Campus estivi nelle Regioni del nord, tre nelle regioni del centro e otto nelle aree del sud Italia. A questi ne vanno aggiunti altri sette rientranti nel gruppo di controllo. L’inserimento di quest’ultimo gruppo si è reso necessario per valutare l’effetto dell’applicazione delle procedure proposte dal progetto e dei benefici che queste apportano sugli interventi individuali.
A tal proposito sono stati introdotti nei Campus sperimentali, per monitorare i precedenti punti, degli strumenti quali-quantitativi applicati durante e post l’esperienze estive, ovvero:
a) Schede per i Progetti Abilitativi Individualizzati: per l’analisi delle abilità acquisite ed emergenti e per la redazione di obiettivi misurabili, ovvero con esiti personalizzati. Si tratta di un approccio altamente individualizzato necessario per sviluppare programmi che possano identificare le strategie più efficaci di insegnamento.
b) Le Vineland (2), intervista semi-strutturata, validata, che misura il comportamento adattivo dai 0 ai 90 anni.
c) Diari di bordo per la raccolta dei punti di forza e di criticità riscontrati, degli aspetti di programmazione delle attività e di quelli logistico-organizzativi, delle caratteristiche relazionali operanti tra: operatore-operatori, operatore-famiglie, operatore-stakeholder.
I Campus oggetto dell’intervento hanno visto una suddivisione dei destinatari diretti secondo tre fasce di età:
a) Campus abilitativi per bambini con disabilità visiva e/o minorazioni aggiuntive (fascia 0 – 6 anni);
b) Campus abilitativi per bambini e ragazzi con disabilità visiva e/o minorazioni aggiuntive (fascia 7 – 20 anni);
c) Campus abilitativi per adulti disabili visivi con minorazioni aggiuntive (fascia 16 – 35 anni).
Tra i destinatari indiretti, che beneficeranno dei risultati, si possono identificare in primis le famiglie degli utenti, a cui aggiungere gli operatori e la rete a cui ogni utente afferisce e più in generale i soci dell’U.I.C.I.
L’intento è di dirigersi verso una micro società della conoscenza (learning society), intesa qui come U.I.C.I, caratterizzata dal miglioramento generato dalla condivisione, basato sull’esperienza e sull’impegno dell’individuo e che si differenzia da una società della pura informazione (Husén, 1974). La finalità sottesa è di porre le basi per la costruzione di una comunità di interazione che si qualifichi per un’innovazione che proviene da un approccio bottom up, ove ogni livello di interazione sia legittimato e riconosciuto dal contesto di riferimento, come parte di un puzzle che non ha un numero di pezzi definiti ma che è in continua espansione verso nuove prospettive di crescita. Un’interazione intesa come processo dinamico attuato dalle persone che porti a risultati concreti, proprio perché tarati sulle realtà territoriali, verso una modifica del comportamento in una connotazione sociale di miglioramento generalizzabile, non da intendersi come pura omologazione. La metodologia individuata dovrà portare con sé elementi efficaci di replicabilità in modo da rendere i criteri e di conseguenza anche i metodi di intervento identificati e riconosciuti quali risposte reali ai bisogni raccolti in fase di analisi. In questi primi sei mesi le strutture U.I.C.I hanno iniziato un lavoro di confronto e di comunicazione sia in senso verticale (da UICI Nazionale a UICI Regionale) che orizzontale tra le varie strutture territoriali, permettendo la creazione di un approccio basato sull'esperienza. Lo scambio di competenze è arricchito grazie alle collaborazioni con altri soggetti quali: I.Ri.Fo.R, ANIOMAP, CNOP, FISPIC, AReS, Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro-Ciechi, Università di Siena. Ciascuno porterà al tavolo di lavoro i propri saperi parziali su particolari tematiche e settori di competenza arricchendo trasversalmente le riflessioni. La sussidiarietà, fin qui declinata come verticale o orizzontale, si evolve in circolare. Possiamo immaginare questo processo come un triangolo in cui i vertici sono rappresentati dal settore pubblico, dalla business community e dal mondo della società civile organizzata. Questi tre vertici interagiscono in maniera sistematica tra di loro sulla base di protocolli stabiliti per definire le priorità di intervento sociale e per trovare le modalità di gestione più efficaci per raggiungere gli obiettivi condivisi (Zamagni, 2013). Quindi, la raccolta ragionata di dati, che nei prossimi mesi costituirà le prassi metodologiche di intervento e organizzative, permetterà la costruzione di una rete associativa omogenea e forte, che non si avvarrà più della sola formazione interna ma di scambi e contaminazioni con le realtà pubbliche e private che promuovono l’inclusione sociale delle persone con disabilità visiva. Cooperare insieme ad altri vertici per raggiungere l’obiettivo del bene comune saprà sia valorizzare le competenze che strutturare le potenzialità della realtà associativa UICI, che dal 1994 investe per i Campus risorse umane, relazionali ed economiche.
Tra i principi fondanti di questo lavoro vi è la necessità di operare in modo individualizzato, mettendo a punto interventi tarati in modo specifico sulla situazione di ciascun utente, a motivo delle differenze di età e di gravità delle forme di svantaggio, verso l’acquisizione del maggior livello possibile di autonomia da parte dei soggetti partecipanti ai campi.
Tra le azioni strategiche del progetto, le colonne portanti che hanno permesso l’aggiudicazione stessa del finanziamento sono la:
1. Selezione delle Risorse Umane, NET.IN Campus ha previsto nella sua fase iniziale la selezione di undici supervisori con numerosi anni di esperienza nei Campus e caratterizzati da professionalità diverse tra cui: esperti in orientamento, mobilità e autonomia personale, psicologi, psicomotricisti, terapisti della riabilitazione, logopedisti, educatori e tiflologi. Durante la realizzazione dei Campus si è visto inoltre il coinvolgimento di dodici osservatori, con altrettante competenze professionali, che hanno affiancato i colleghi per verificare l’applicazione delle metodologie proposte dal progetto.
2. Presenza di volontari con disabilità visiva, quale esempio tangibile e concreto di come si può acquisire un buon livello di autonomia personale per raggiungere traguardi professionali, scolastici, sportivi e sociali pur nelle difficoltà che la loro limitazione visiva comporta. La presenza dei volontari nei Campus ha portato ad un reale scambio tra coetanei, un effettivo incremento delle propositività tra operatori vedenti e non vedenti. Infine, la loro partecipazione ha dato forza e impulso concreto perché basato su un know-how esperienziale di vita, inteso come valore aggiunto;
3. Metodologia e strumenti rivolti sia ai partecipanti dei Campus (Progetti abilitativi individualizzati, Vineland II) che ai componenti dei gruppi di raccolta dati (Diari di bordo, gruppi di lavoro e confronto).
A seguito delle analisi realizzate sino a questo momento sono emersi già i primi risultati, che seppur parziali, hanno identificato aspetti importanti su cui continuare a riflettere. I principi fondanti su cui la metodologia applicativa è stata sviluppata sono stati:
a) necessità di operare in modo individualizzato mettendo a punto interventi tarati sulla situazione specifica di ciascun utente;
b) acquisizione del maggior livello possibile di autonomia da parte dei soggetti partecipanti ai campi;
c) condivisione delle conoscenze.
Si è ragionato sull’importanza di una programmazione che sia caratterizzata dalla costituzione pre-Campus di team di lavoro che possano pianificare da principio le attività con una suddivisone chiara dei ruoli all’interno degli stessi.
L’attenzione è stata posta sui destinatari diretti degli interventi e sul significato che il Campus deve ricoprire, non un momento di puro svago staccato dalla realtà ma un momento per rafforzare il “seme dell’autonomia”. Molte volte gli operatori coinvolti hanno citato la metafora del seme da piantare per sviluppare nuove abilità e competenze da custodire e rafforzare una volta tornati a casa. Nei vari momenti di confronto si è affrontato il tema dell’importanza che il ruolo genitoriale e le rispettive aspettative ricoprono nel percorso abilitativo dell’utente. A tal fine è emersa la necessità di progettare insieme a loro interventi rispondenti alle esigenze di apprendimento individuali dei figli e che al contempo possa fornire ai genitori un bagaglio di nuove strategie da applicare.
I genitori o i caregiver sono una grande risorsa. Essi inclusi nel progetto individualizzato aggiungono valore e vantaggi per la crescita del soggetto, a partire dalla possibilità per operatori e familiari di riconoscere la funzione del ruolo educativo di ciascuno.
La realizzazione di progetti abilitativi individualizzati si inserisce nella prospettiva volta alla definizione di un progetto di vita che sia in grado di condurre ogni persona con disabilità al raggiungimento della sua zona prossimale di sviluppo. Ogni progetto è ideato come strumento che tenga conto dei seguenti domini della qualità della vita: benessere fisico, benessere emozionale, sviluppo personale, relazioni interpersonali, autodeterminazione, consapevolezza. Nello specifico è necessario focalizzare l’intervento sulle seguenti aree: funzionamento globale della persona all’inizio del Campus, funzionamento adattivo nei vari ambiti della quotidianità, apprendimenti prossimali e la loro evoluzione temporale. Ed è utile programmare quali siano i sostegni necessari al soggetto per il raggiungimento degli obiettivi preposti.
Questa nuova prospettiva è utile per pianificare un continuum di esperienze strutturate vissute da ognuno degli utenti all’interno dei Campus, affinché l’esperienza e la crescita possa trovare continuità anche nella quotidianità. Si consegna in tal modo alla rete dei servizi, a cui la persona afferisce, un portfolio di competenze acquisite ed emergenti sulle quali sarà possibile individuare nuovi obiettivi individualizzati da qui al prossimo Campus. Net.In Campus sposa la teoria per la quale non si progetta “su” o “per” ma si progetta “con”, ed è in quel “con” che si realizza un progetto individualizzato al fine di raggiungere una migliore possibilità di inclusione. Tutto questo si traduce in documento al cui interno sono contenute le finalità e le azioni previste per superare una condizione di disagio ed incrementare le abilità presenti. Il Progetto Abilitativo Individualizzato rappresenta lo strumento della presa in carico globale che individui risposte ai bisogni presentati dalla persona con disabilità e dalla sua famiglia. Ciò attraverso percorsi di valutazione, bilancio di competenze, strumenti e metodi per l’educazione, l’abilitazione e la riabilitazione, sia attraverso interventi diretti che interventi indiretti. Affinché questa proposta non rimanga un elaborato teorico è necessario focalizzarsi sull’analisi dei punti di criticità e adoperarsi affinché non rimangano tali. Per far questo è necessario farsi carico della persona superando il limite concettuale della “incurabilità” della patologia e fare propria la prospettiva dell’adattamento, dell’inclusione e della migliore qualità di vita possibile. Il progetto di vita inizia molto presto, almeno in famiglia. Nei casi migliori è un progettare molto cauto, molto protettivo. Si ha paura delle illusioni-delusioni, dell’incontro del figlio con la consapevolezza del proprio limite, con le amare realtà che la vita gli riserverà. Ne consegue che quando un ente e i suoi operatori si fanno carico della persona con disabilità automaticamente sono chiamati a farsi carico anche della famiglia per progettare “insieme”.
Conclusioni a cura di Mario Barbuto, Presidente Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti
Net-In-Campus non è solo una mera collezione di regole comuni, né tanto meno un esercizio didattico di profilo universitario. Si tratta, piuttosto, di un progetto dal tratto marcatamente umano che intende incontrare le aspettative delle famiglie, le speranze dei ragazzi, le necessità degli operatori, le ambizioni della dirigenza dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, offrendoci nuove chiavi interpretative circa la funzione dei "campi estivi" riabilitativi.
Per tali ragioni da diversi anni organizziamo in tutta Italia tali campi che accolgono centinaia di bambini e ragazzi ciechi e ipovedenti, anche con disabilità aggiuntive, offrendo loro dieci giorni di riabilitazione e di relax, in un contesto accogliente d'amore, solidarietà, amicizia.
Net-In-Campus intende raccogliere le esperienze più significative ed evidenziare le criticità più rilevanti dei nostri campi per sviluppare strategie comuni omogenee che sappiano valorizzare gli aspetti positivi sperimentati da ciascuno, a maggior vantaggio dei nostri ragazzi e dei loro familiari.
Grazie di cuore a quanti vi hanno lavorato e vi lavorano!
(1) Direzione Generale del Terzo settore e della Responsabilità sociale delle imprese - Div. III Avviso n. 1/2017 per il finanziamento di iniziative e progetti di rilevante interesse nazionale ai sensi dell’art. 72 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117
(2) Le Vineland Adptive Behavior Scales II edition (Vineland II) (Sparrow, Balla, Cicchetti, 1984; adattamento italiano, a cura di Balboni, Belacchi, Bonichini e Coscarelli 2016)