Numero 1m del 2001
Titolo: Seno e coseno
Autore: Gino Di Trapani
Articolo:
Variazioni preliminari di tiflologia per l'anno mondiale della matematica
Se le Nazioni Unite hanno dedicato quest'anno 2000 alla matematica, se Michele D'Urso dalle pagine del Corriere Braille e dalle tracce sonore di Audiopress, propone un dibattito sullo stato della matematica tra i ciechi e i disabili visivi, io trovo buona l'occasione per l'inizio di una discussione sull'argomento. Discussione, messa a punto, analisi né superficiali né brevi, né inficiate da pregiudizi e da preconcetti.
Il nostro itinerario sarà inscindibilmente storico, pedagogico, didattico, ma anche concreto, empirico ed oggettuale, tecnico-strumentale, personalizzato e individualizzato or sì or no, anche aneddotico quando capiti; alla fine, certamente molto attuale: specialmente se, sotto la specie della matematica, andremo ad impattare con l'informatica, la telematica e dintorni.
Attualmente non perché il "Plettograf" non figura più sui cataloghi di materiali tiflotecnico, ma perché la scienza dei numeri è considerata anche da molti normovedenti, docenti e discenti, soltanto una opzione simbolica da affidare a congegni elettronici (calcolatrici o giù di lì). L'attualità e l'urgenza di un dibattito risolutivo sull'insegnamento e l'apprendimento delle scienze matematiche per i ciechi io le vedo splendidamente documentate nei programmi ministeriali in atto vigenti per il corso triennale di qualifica per centralinisti telefonici ciechi (Dm n. 105 del 17 febbraio 1997).
Si tratta degli unici programmi di Stato specificamente emanati dal Ministero della Pubblica Istruzione italiana per gli alunni portatori di deficit visivo. Matematica e informatica, elaborazione testi in un quadro di ampio registro tecnologico mi risultano vistosamente evidenziati.
I quali programmi, peraltro, sono sottesi ad una qualifica professionale dal curriculum triennale, successivo, fin qui, agli otto anni della scuola dell'obbligo, qualifica adesso di portata tecnologica. Adesso che l'Unione Italiana Ciechi ha promosso il servizio del centralinista telefonico dal livello di mansione da usciere o bidello munito di licenza di scuola elementare, a quella ambiziosa, ma non troppo, di "tecnologo della comunicazione" cui ora più appropriatamente, ci sembrano equiparabili le qualifiche equipollenti di cui al Decreto del Ministero del lavoro del 10 gennaio 2000 pubblicato sulla Gu Serie Generale n. 37 del 15 febbraio 2000, in applicazione dell'articolo 45, comma 12, della legge 17 maggio 1999, n. 144.
In una pagina di Giancarlo Accorsini (operatore Usl, vedente) leggiamo: "Tutto sommato la matematica non è difficile per i ciechi più di quanto non lo sia per i vedenti, purché se ne imposti in modo corretto la didattica. Uno dei punti che è necessario tener fermi è quello che s'impara facendo sì che si arriva ai concetti non per definizione, ma partendo dalle cose e dalle operazioni sulle cose".
Più problematico l'intervento di Stefano Salmeri, tiflologo non vedente, sulle opinioni del quale fanno premio osservazioni estremamente negative o, comunque poco rassicuranti sulle condizioni del bambino non vedente per quanto concerne il suo status cognitivo al momento del suo ingresso nella scuola elementare.
Io, nettamente più ottimista dei due autori sopra citati, ricordo quasi con ilarità, come giochetti piuttosto stupidi, gli esercizi che le suore del "Giardino d'infanzia" dell'Istituto dei Ciechi "Florio e Salamone" di Palermo proponevano ai bambini (di ambo i sessi, non vedenti e normovedenti) quando pretendevano che valutassimo la pesantezza o la leggerezza di uno scatolone di cartone da scarpe a seconda che contenesse o meno una noce.
Ben altri esercizi avevo fatto a casa, da molto più piccolo, e non vedente dall'età di diciotto mesi circa: avevo giocato con forbici, coltelli e martelli con non infrequenti, ma pedagogicamente salutari, contusioni e tagli e caduta di unghia.
D'altra parte, non solo per la matematica, ma probabilmente per tutte le discipline, se la lotta al verbalismo ed al nozionismo non diventa il chiodo fisso, il metodo stesso della metodologia dell'insegnamento specializzato, della didattica specifica quale teorizzata e sperimentata in Italia da Augusto Romagnoli con i necessari correttivi concretissimi sempre presenti, sempre a portata di mano e di fantasia, l'educazione e la formazione dei minorati della vista non possono conseguire risultati sufficienti per quella integrazione effettiva che dobbiamo rincorrere sempre più e sempre meglio nell'era nella quale vogliamo le equipollenze. Queste faccende delle equipollenze mi affascina, mi fa impazzire, mi turba, mi dà molto da riflettere.
Ne ho scritto sulla stampa associativa entusiasta e propositivo. Richiamavo l'attenzione su una iniziativa ministeriale che non mi risulta essere stata seguita da esito positivo. Intitolavo il pezzo "Per superare l'equipollenza" (Audiopress, settembre 1999 - Corriere Braille n