Numero 1m del 2001
Titolo: Melbourne 16-18 novembre 2000 Forum Mondiale delle donne
Autore: Vanda Dignani
Articolo:
Breve relazione
Prima che i ricordi e le immagini si affievoliscano e si sfochino, vorrei riuscire a racchiudere in poche righe i pensieri, le riflessioni ed i momenti belli trascorsi insieme ai miei colleghi della Direzione a Melbourne.
Forse non sarà facile, perché sono state giornate molto intense e perché non si traducono in parole riflessioni profonde.
Si è trattato indubbiamente di un'esperienza bella, anche se faticosa, di un'esperienza di quelle che lasciano il segno e che ti fanno dire con soddisfazione: "Io c'ero, io l'ho vissuta!".
Già nella quarta Assemblea Generale si era stabilito che il Forum Mondiale delle Donne precedesse la grande assise e questo, certamente, è stato, un espediente valido per far sì che più donne, dopo aver partecipato al Forum, potessero fare il loro ingresso a pieno titolo anche nell'Assemblea Generale.
E' proprio quello che è accaduto a me; io infatti sono stata delegata sia nel primo che nel secondo convegno.
Cercando di fare una specie di bilancio consuntivo, riflettendo mi chiedo: "Come si è svolto il Forum? Ha o no portato novità positive?".
Se lo paragono a quello svolto dall'Ebu a Praga lo scorso anno, debbo ammettere che quello europeo è stato un incontro più vivace, più ricco di fantasia e di creatività. Però, dopo questa ammissione mi sorprendo a pensare che il paragone non regge, perché mentre il livello dei paesi europei e tutti i problemi avevano, pur nella loro individualità, caratteristiche analoghe, a Melbourne ci siamo trovate di fronte a una platea più ampia, più variegata e soprattutto più ricca di diversità.
C'era un mondo con tutta una serie di differenze, che faceva sentire forte la sua voce e che chiedeva aiuto affinché anche per le donne fossero superate disparità, disuguaglianze e affinché anche per loro si potesse finalmente raggiungere quella pari dignità che cancella in un sol colpo violenze, abusi e discriminazioni. Tutto sommato, è stato questo il leit-motiv che ha caratterizzato il Forum nelle tre giornate.
Prima di proseguire in questa breve analisi, voglio sottolineare con soddisfazione che la quinta Assemblea Generale ha proclamato Presidente del Wbu (Unione Mondiale dei Ciechi) la signora Kicki Nordstrom, svedese, una signora coraggiosa che ha quattro figli, che si è battuta da sempre per dare giusta voce alle donne e che è riuscita a conciliare i suoi problemi familiari con quelli importanti e gravosi che la carica le imponeva.
Qualcuno ha sottolineato che era l'unica candidata e che, quindi, in qualche modo la sua elezione era scontata. Io credo, però, che quest'essere l'unica candidata, implicitamente, evidenziava non una banale casualità, ma un riconoscimento profondo e quindi la determinazione di dare a questa donna il posto e le responsabilità che la carica comporta.
La prima giornata, a mio avviso, è stata piuttosto debole. Dopo la cerimonia d'apertura si sono susseguite relazioni tese quasi esclusivamente a rivendicare una parità (quasi numerica) tra i sessi ed a mettere in evidenza tecniche di soppressione di un maschilismo ancora troppo imperante.
La seconda giornata, invece, è stata più interessante, più vivace e più ricca di contenuti. Le relatrici, infatti, hanno affrontato molto positivamente temi importanti quali quelli della violenza, dell'autostima, dell'informazione, della educazione e del lavoro, guardando tutto da un'angolazione tipicamente femminile.
L'ultima giornata ha visto la discussione e l'approvazione delle dodici risoluzioni presentate dalle donne ed unite da un senso di umanità e di coerenza.
La giornata, infine, si è chiusa con una manifestazione colorata, impegnativa ed anche giocosa.
Noi donne, quasi a testimoniare la nostra presenza e la nostra volontà di esserci e di contare, abbiamo sfilato per le vie di Melbourne ognuna esibendo la bandiera del paese di appartenenza. Io sulle spalle, quasi come un mantello, portavo la bandiera tricolore e confesso che un po' di emozione, mista ad un certo orgoglio, attraversava i miei pensieri. Non si è trattato di un tocco di colore, ma di una voglia di visibilità quasi per dimostrare a chi ci guardava passando, che anche le donne non vedenti esistono con i loro problemi specifici, ma soprattutto con le loro potenzialità.
In quel momento ho pensato che non solo i passanti australiani avrebbero dovuto osservarci, ma gli uomini di tutti i paesi che abbiamo rappresentato per comprendere che noi non siamo la metà del cielo, perché il cielo non si divide in due, ma che noi, piuttosto, intrecciando le nostre mani con le mani dei nostri compagni vogliamo lavorare per aprire a tutti i ciechi del mondo un orizzonte più bello, più vasto più uguale e soprattutto più ricco di futuro.
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