Numero 6 del 2017
Titolo: TEATRO- Nalaga'at: dai, tocca
Autore: Michele Novaga
Articolo:
Alla scoperta delle realtà estere in cui protagonisti sono le persone cieche. Anche in Medio Oriente
Una parola dietro alla quale non è racchiuso solo un teatro (e una compagnia teatrale, un ristorante e un centro eventi). Nalaga'at - che tradotto dall'ebraico vuol dire "dai, tocca"- infatti è molto di più: il New York Times lo ha definito un "semplice messaggio universale presentato dal palco". E infatti Nalaga'at Theater, fondato nel 2002 per opera di Adina Tal e Eran Gur, nasce con lo scopo di integrare nella società le persone sordocieche, realizzarne i desideri e le aspirazioni offrendo loro la possibilità di esprimersi. Un migliaio le persone sordocieche censite in Israele che diventano molte di più se nelle statistiche si aggiungono le persone "solo" cieche (46.000) o quelle sorde a vari livelli (più di 700.000). "L'idea era quella di creare il primo gruppo teatrale al mondo dedicato alle persone sordocieche per promuovere il messaggio che tutti gli esseri umani sono uguali e che ogni persona ha il diritto di apportare il suo contributo alla società", spiega a "Il Corriere dei Ciechi" Michal Erlich portavoce del The Nalaga'at Center. Un'idea che si è presto propagata fino a diventare il punto di riferimento per tutte le persone cieche, sorde e sordocieche israeliane e che è, oggi, conosciutissimo non solo in Israele ma anche all'estero. La compagnia teatrale, infatti, composta da 18 attori tutti sordociechi, ha portato anche in giro per il mondo alcune pièce in un tour mondiale che ha toccato Canada e Australia, Corea del Sud e Stati Uniti passando per vari paesi europei. "La prima opera che abbiamo rappresentato e che è stata subito un successo tanto da permetterci nel 2007 l'apertura del nostro centro in un vecchio magazzino al porto di Jaffa, è stata "Light is Heard in Zig Zag", una storia di emarginazione seguita da "Not by bread Alone" che ancor oggi viene rappresentata nel nostro teatro" aggiunge Michal spiegando di che cosa parla: "gli attori conducono la platea in un giro magico nei distretti nascosti del loro mondo. Quello del buio, del silenzio e del pane appunto. Mentre il pane viene impastato, fatto lievitare e poi cuocere dal vivo sul palco, un incontro unico avviene tra il pubblico e gli attori. Insieme rimettono in scena ricordi, memorie, momenti gioiosi con un tocco magico appunto e una scintilla presente in ognuno di noi. Gli attori conducono gli spettatori in questi momenti tra il magico e il fantastico, tra l'imponenza e il ridicolo, per poi tornare al significato del pane come simbolo della casa". Ma molte sono le nuove produzioni come "Say Orange", un viaggio nel mondo dell'attrice sordocieca Bat Sheva Ravanseri o come "Through the Spirit", uno spettacolo che interseca il linguaggio dei segni con il teatro visivo e le arti circensi, interpretato da sette attori. O come lo spettacolo per bambini intitolato "Price Rooster". Tutti racconti e rappresentazioni basate su storie vere. "Quest'anno abbiamo prodotto anche EDGAR, un nuovo spettacolo scritto e diretto da Ofer Amram in cui un uomo nella sua routine di tutti i giorni poco a poco perde la vista e l'udito. Per scappare all'oscurità e con l'aiuto di tre angeli, si imbarca in un viaggio dove perderà le sue paure, abbandonerà la solitudine scoprendo le sue passioni. E alla fine del viaggio, quando ci sarà il silenzio totale, incontrerà una donna".
Ma come fa un attore sordocieco a recitare sul palco insieme ad altri attori e davanti ad una numerosa platea? "Comunicano in molti modi in base alle capacità e ai bisogni di ognuno di loro - prosegue Michal. Innanzitutto non tutti i 18 attori della compagnia sono completamente sordociechi. Alcuni hanno un residuo di vista o di udito e tutti comunicano principalmente con una persona che conosce il linguaggio dei segni o che usa il "sistema del guanto", quel sistema in base al quale ogni segno del palmo della mano rappresenta una lettera dell'alfabeto ebraico. Comunque ogni attore ha un interprete personale che lo accompagna sia durante le prove che nello spettacolo. In "Not my Bread Alone" un tamburo suona annunciando l'inizio di ogni scena. Gli attori non possono ascoltarlo né vederlo ma imparano ad avvertire le sue vibrazioni dopo un lungo e complesso processo nel quale apprendono a sentire il ritmo e il suono che si muove nell'aria".
Un lavoro premiato, oltre che dal sempre più numeroso pubblico del teatro (800.000 presenze dal 2007 ad oggi), anche dalle autorità. Il 39% del bilancio del Nalaga'at viene da donazioni di privati e da elargizioni governative. E che il governo israeliano tenga in grande considerazione il lavoro di questo gruppo lo testimonia il fatto che, quest'anno, al Nalaga'at Theater sia stato assegnato e consegnato direttamente dalle mani del primo ministro Benjamin Nethanyahu il Perlman-Genesis Prize, riconoscimento insignito per aver saputo integrare le persone con disabilità nelle arti classiche.
Ma il Nalaga'at è un centro polifunzionale in cui oltre al teatro ha sede il ristorante Blackout, dove vengono proposte cene al buio servite da camerieri non vedenti che conducono gli ospiti al proprio tavolo e servono loro vari piatti per una esperienza nell'oscurità totale che stimola gli altri sensi, il Kapish events center che si presta a numerose iniziative come per esempio eventi aziendali, riunioni famigliari, lancio di prodotti, seminari privati o pubblici con grande audience e uno spazio per workshop. Un centro che è stato fondato sulla convinzione che l'esperienza e la sperimentazione sono i modi migliori per essere esposti a nuovi angoli di pensiero e comprensione verso il cambiamento comportamentale. Lì si svolgono vari workshop tenuti da un team di professionisti, dipendenti ciechi o sordi del Nalaga'at center rivolti a diversi tipi di pubblico, che offrono l'opportunità di conoscere se stessi e i propri coetanei in ambienti diversi, attraverso l'aiuto ma anche attraverso esperienze arricchenti e metodi piacevoli.
Ma i progetti di questa straordinaria associazione, c'è da credere, non finiscono qui. "Siamo sempre alla ricerca di nuove collaborazioni artistiche in tutto il mondo, ospitando anche teatri di altri paesi. Saremmo lieti di creare una partnership artistica con istituti italiani" chiosa Michal. "Le persone sono curiose e vogliono sapere di più come comunicare con la gente cieca e sorda attraverso l'arte. Speriamo che l'interesse vero questa forma di integrazione continui a crescere: noi faremo di tutto per farlo accadere".