Numero 6 del 2017
Titolo: STORIE- Una sfida vinta
Autore: Ida Palisi
Articolo:
Oney Tapia, vincitore di "Ballando con le Stelle", si racconta a "Il Corriere dei Ciechi"
Delle cose private non parla e neanche di Cuba, da cui è andato via quindici anni fa. Una riservatezza dignitosa e quanto mai opportuna, soprattutto ora che Oney Tapia è una star di casa nostra. Il 41enne cubano naturalizzato italiano, alto quasi due metri per cento chili di peso, ha incantato i telespettatori e la giuria della dodicesima edizione di "Ballando con le Stelle", stravincendo. Atleta, argento a Rio de Janeiro nel lancio del disco nelle ultime Paralimpiadi, Oney è anche il primo concorrente non vedente del talent show televisivo, dove è stato affiancato dalla ballerina svedese Veera Kinnunen. La dolcezza e il sorriso con cui ha affrontato le prove di ballo nascondono una storia dura. Nato a L'Avana il 27 febbraio 1976, Tapia gioca a baseball e si trasferisce in Italia nel 2002 per fare il lanciatore nell'Old Rags Lodi e nel Montorio Veronese; inizia poi a giocare anche a rugby lavorando contemporaneamente come giardiniere. Per potare un albero a 25 metri di altezza, nel 2011 viene colpito da un grosso ramo alla testa e perde la vista ma non si fa prendere dallo sconforto, avvicinandosi al mondo dell'atletica leggera paralimpica, specializzandosi nel lancio del disco e nel getto del peso per la categoria non vedenti. Inizia così a giocare a goalball e torball con gli "Omero Runners Bergamo" e praticare anche judo. Entrato in Nazionale, nel 2016 agli Europei di atletica paralimpica di Grosseto vince la medaglia d'oro nel disco con il nuovo record italiano di 42,56, mentre nel peso si piazza in quinta posizione. A Rio l'argento. Residente a Sotto il Monte, un paesino a pochi chilometri da Bergamo, dove è seguito dal coach Guido Sgherzi, si allena anche a Roma con Alberto Bartali ed è stato scelto nella squadra di fiduciari del Coni Bergamo per il triennio 2017/2020 in vista delle Olimpiadi di Tokyo.
D. Signor Tapia come ha vissuto il successo televisivo?
R. In tutta onestà ancora oggi non riesco a capire che cosa sia venuto fuori da questo spettacolo... La gente per strada mi saluta, mi ferma. Mi sto ancora abituando a questa ondata di benessere, sono arrivati tanti messaggi positivi dal cuore delle persone e io sto ancora realizzando, non sono avvezzo a sentirmi così, stare al centro dell'attenzione per me è una cosa nuova. Piano piano mi devo abituare.
D. Lei è un atleta, cosa l'ha spinta a partecipare a una trasmissione così popolare come "Ballando con le Stelle"?
R. Il fatto che mi piacciono le sfide e mi piace provare cose nuove. La trasmissione è stata l'occasione per affrontare una nuova prova e anche un modo per conoscere meglio me stesso, per misurarmi con i miei limiti e capire fino a dove posso arrivare. Sono molto contento di aver fatto questo percorso, mi ha dato più forza per affrontare le sfide che possono ancora arrivare.
D. Ma come succede che un atleta come lei partecipi a un talent show?
R. Mi ha chiamato direttamente Milly Carlucci contattandomi tramite la mia manager e mi ha chiesto se volevo partecipare e io ho detto di sì. Senza sapere a che cosa andavo incontro. Avevo sentito parlare del programma ma non l'avevo mai visto: facendo sport viaggio sempre, non sto mai fermo, sono in giro tutto il giorno. Perciò conoscevo la trasmissione ma non ho mai avuto la possibilità di seguirla.
D. Come persona non vedente ha avuto molte difficoltà nelle gare di ballo?
R. Sì, ne ho avute tantissime perché un conto è ballicchiare latino americano, un altro fare cose che non avevo mai fatto in vita mia. Ho dovuto raddoppiare lo sforzo fisico e mentale per affrontare le prove di ballo e arrivare fino alla fine del programma. Allo stesso tempo mi allenavo per l'atletica leggera.
D. Qual è la differenza tra l'impegno come ballerino e quello come atleta?
R. Anche se sono due cose diverse, tutte e due danno lo stesso stimolo: devi allenarti molto, ti devi impegnare, ci sono sacrifici da fare e serve la concentrazione. L'allenamento del disco non ha niente a che vedere con quello del ballo che può dare tantissimo allo stesso sport, è molto più completo e, allo stesso tempo, complesso: dà al corpo dinamismo, sensibilità e fluidità, prepara in maniera generale. Per la trasmissione ci sono voluti tre mesi di allenamento forte e costante tutti i giorni.
D. Com'è andata con la sua maestra di ballo Veera Kinnunen?
R. Veera è stata una maestra eccezionale, molto precisa sul lavoro e anche molto sensibile. Non so quante persone avrebbero potuto farlo, visto che ci vuole tantissima pazienza. Veramente un'insegnante straordinaria.
D. E l'atteggiamento della giuria come è stato?
R. Sono il primo a lottare contro i favoritismi, non ci devono essere discriminazioni nel giudicare le persone. Io volevo essere trattato come una persona normale e di fatto lo sono: mi sento una persona come tutte le altre, non mi manca assolutamente nulla.
D. Lei è diventato non vedente in Italia. Cosa è cambiato dal momento dell'incidente?
R. Il 25 maggio di sei anni fa ho avuto questo infortunio che mi ha cambiato la vita. Questa benedizione! Se non fosse accaduta non avrei fatto tante cose, non starei facendo questa intervista ad esempio. Ho avuto la possibilità di partecipare a una gara paralimpica ed è stato sempre il mio sogno da atleta, quello di avere l'opportunità di entrare nel mondo dello sport e di gareggiare alle Olimpiadi. Poi ho potuto partecipare a "Ballando con le Stelle" e ottenere questo grandissimo risultato, che mi ha permesso di conoscere meglio me stesso e di consentire al mio corpo e al mio cuore di vivere la vita con un'altra filosofia.
D. Chi l'ha aiutata quando ha perso la vista?
R. È normale che dobbiamo fare un percorso dallo psicologo però la strada dobbiamo farla noi da soli, dobbiamo prendere la vita con le nostre mani e dare la parte migliore di noi, cercando di essere sempre più forti e positivi, ascoltando sempre il nostro cuore e la nostra mente. E poi fare attività: lo sport, il ballo, la musica, il teatro ci aiutano tantissimo ad essere individui autonomi e danno tanta sicurezza.
D. Ha trasformato l'handicap in una risorsa?
R. Sì. Più che altro ho creato un corpo da "superuomo", da quello che ero prima e quello che sono adesso è cambiato molto: sono più forte, molto più attivo e coraggioso. Non mi metto limiti, sono molto curioso, mi piace esplorare. Penso che oltre tutte queste cose ci sia tanta felicità, gioia e allegria.
D. Otre la disabilità visiva?
R. Prima di essere una persona non vedente, vedevo tanti ragazzi che avevano paura di affrontare la vita e questo mi ha colpito molto. Certo, a volte ci sono circostanze difficili o ci sono genitori troppo protettivi che vogliono continuamente aiutarli a superare le barriere che la vita pone davanti ma credo che i ragazzi debbano soprattutto avere fiducia in se stessi, recuperare un po' di autostima e di coraggio. All'inizio è più faticoso ma poi se si fa qualche sacrificio la vita, dopo, è decisamente meglio. Io prima ero un treno regionale, ora sono un treno ad alta velocità.
D. Sente di essere un modello positivo per le persone non vedenti?
R. Questa è stata una sfida che ho dedicato a tutto il mondo della disabilità, non solo alle persone non vedenti. Pensavo di non potercela fare in mezzo a tutti i concorrenti, anche loro avevano le qualità per vincere il programma invece, grazie ai telespettatori, sono riuscito a farcela. Purtroppo la vita ci fa piccoli scherzi ma a volte però, a prescindere dalla situazione, questo non deve essere un motivo per non ripartire e non ricominciare a crescere e a vivere in maniera diversa. La situazione delle persone non vedenti non è facile per nessuno ma siamo noi che dobbiamo tornare a prenderci cura di noi stessi, della nostra mente e dei nostri sentimenti.
D. Con quale sogno era venuto in Italia?
R. I miei sogni erano di continuare la mia vita da sportivo, di trovare un lavoro e di inserirmi nella comunità italiana. Imparare la cultura dell'Italia, diventare un cittadino in più.
D. È riuscito a realizzarlo?
R. Sì, perché attraverso lo sport e il lavoro mi sono inserito nella comunità bergamasca e piano piano sono riuscito a interagire con le persone, ad avere amici, ad imparare la lingua che è una cosa che mi ha aiutato molto, e sono arrivato fino ad oggi.
D. Fa attività di volontariato?
R. Ho contatti con tantissime associazioni e cooperative, non solo di non vedenti, ma anche di ragazzi Down e ragazzi con disabilità. Faccio volontariato "passivo": sto coi ragazzi, cantiamo canzoni bergamasche, passeggiamo e mangiamo insieme.
D. Parla anche bergamasco?
R. Sì, sono uno di qui.