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Corriere dei Ciechi

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Numero 4 del 2016

Titolo: RUBRICHE- Sibemolle

Autore: a cura di Flavio Vezzosi


Articolo:
Cibo e opera: il menu del loggione nell'800 di "Simone Ricci”

Oggi siamo abituati a immaginare il teatro dell'opera come un luogo in cui vige il silenzio più assoluto e l'ordine. Non era certo così nel XIX secolo, il periodo d'oro del melodramma, anzi si approfittava di questo luogo per chiacchierare, spettegolare e addirittura banchettare. Come è possibile? A quei tempi non si badava più di tanto al bon ton, senza dimenticare il fatto che durante tutta la serata la sala rimaneva illuminata dalle tantissime candele.
Ma cosa si mangiava esattamente a teatro? Una testimonianza curiosa e interessante è quella di Arthur Pougin, personaggio contemporaneo nonché tra i primi biografi di Giuseppe Verdi.
È lui infatti che nella sua Vita aneddotica di Verdi ci racconta della prima rappresentazione de I lombardi alla prima crociata alla Scala di Milano, più precisamente l'11 febbraio del 1843. La prima nota sarebbe stata udita alle otto di sera, ma già alle tre del pomeriggio il pubblico del loggione era in fila per accaparrarsi i posti migliori, in cima al teatro. Ebbene, come riferisce Pougin, "nella lunghissima attesa, quasi tutti si erano portati da mangiare; alle sei di sera in tutta la sala si avvertiva un acuto odore di salsicce all'aglio".
Si tratta di un cibo che era molto diffuso anche ai tempi dei Romani, nelle taverne che sfamavano i più poveri, il classico esempio di identificazione di un alimento con una determinata classe sociale.
Dobbiamo quindi immaginare pasti molto semplici, adatti a un pubblico di gusti semplici: il "menu" comprendeva infatti anche uova sode, salame, bresaola, formaggi di varie qualità (nel caso di Milano il gorgonzola) e moltissimi fiaschi di vino, immancabile accompagnamento di ogni pasto. Non mancava ovviamente la frutta di stagione, in primis le mele, mentre altri cibi erano considerati economicamente inaccessibili: basti pensare che di fronte ai teatri venivano edificate gallerie che pullulavano di caffè e locali in cui degustare dolci, pasticcini e sorbetti, un lusso che si potevano concedere solamente i nobili, gli alti funzionari, i cantanti lirici e gli impresari.



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