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Corriere dei Ciechi

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Numero 4 del 2016

Titolo: RUBRICHE- A lume di legge

Autore: a cura di Franco Lepore


Articolo:
L'indennità di accompagnamento non è fonte di ricchezza

Nelle settimane scorse, il Consiglio di Stato ha depositato tre sentenze di rilevante portata. Oggetto delle pronunce è stato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 159 del 2013 che ha rivisto le modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE). In particolare, tale norma aveva fatto rientrare nel computo dell'indicatore della situazione reddituale i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari (art. 4 comma 2 let. f), prevedendo altresì per i maggiorenni franchigie inferiori rispetto a quelle previste per i minorenni (art. 4 comma 4 let. d).
Ricordiamo che il modello ISEE è stato introdotto per la prima volta nel 1998. L'indicatore ha lo scopo di individuare criteri uniformi per la valutazione economica di coloro che richiedono servizi sociali o assistenziali. Viste le numerose problematiche sorte con i criteri fissati per il calcolo del modello ISEE, nel 2013 il Governo, con il decreto sopra menzionato, ha operato la revisione delle modalità di determinazione della situazione economica.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 2013 era stato aspramente criticato da tutte le associazioni a tutela dei disabili, visto che la dichiarazione ISEE è indispensabile per l'accesso a prestazioni sociali agevolate e aiuti per le situazioni di bisogno.
Il Consiglio di Stato ha dichiarato illegittimo l'art. 4 del DPCM n. 159/2013, precisando che, ricomprendere tra i redditi i trattamenti indennitari percepiti dai disabili significherebbe considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito come un lavoro o un patrimonio. I Giudici amministrativi hanno ribadito che le indennità versate ai disabili non determinano una "migliore" situazione economica del disabile rispetto al non disabile, poiché esse mirano a colmare la situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale. In altri termini, l'indennità di accompagnamento e tutte le forme risarcitorie non servono a remunerare alcunché, bensì a compensare un'oggettiva situazione d'inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale. In definitiva, il Consiglio di Stato ha stabilito che devono essere esclusi dal calcolo dell'ISEE, tra l'altro, tutte le pensioni, assegni sociali, indennità per minorazioni civili e per invalidità sul lavoro. Inoltre i Giudici amministrativi hanno stabilito che le franchigie per le persone con disabilità devono essere applicate nella misura massima consentita.
Cosa accade ora? Le sentenze generano una situazione di assoluta incertezza applicativa e operativa. Il Consiglio di Stato sostiene che basterebbe correggere l'articolo n. 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri incriminato e attuare un'opera di coordinamento testuale. In realtà non è così semplice, poiché in questo modo si rischierebbe di non poter dedurre dal computo altre spese come quelle per collaboratori domestici e addetti all'assistenza personale. Ovviamente, a nostro avviso, non basta cancellare semplicemente una norma illegittima, ma è necessaria una modifica legislativa organica che ridetermini nuovamente le modalità di calcolo dell'ISEE.
Nel frattempo il Governo si è affrettato a dichiarare che, al fine di dare attuazione alle sentenze del Consiglio di Stato, è già in corso il processo di modifica dell'articolo 4 del Dpcm sul nuovo ISEE. Tale processo si snoderà attraverso l'individuazione degli specifici trattamenti indennitari da escludere dal computo del reddito rilevante ai fini ISEE, nonché attraverso l'idonea rimodulazione delle franchigie, previste dalla stessa norma, in modo da ristabilire l'equilibrio complessivo del sistema. Tuttavia i tempi per la revisione dell'intera materia non saranno certo brevi.
Ma quale rilevanza hanno le sentenze del Consiglio di Stato nell'immediato? Le sentenze in commento hanno annullato un atto generale, pertanto producono i loro effetti nei confronti di tutti i cittadini. Per lo stesso motivo le sentenze devono essere rispettate anche da tutte le Pubbliche Amministrazioni.
Ad oggi l'INPS e i CAF non possono modificare autonomamente i programmi che utilizzano per calcolare l'ISEE. Pertanto si spera che i comuni, preso atto di quanto deciso dal Consiglio di Stato, rivedano al ribasso soglie e criteri di calcolo dell'indicatore reddituale.
In quest'assoluta incertezza è praticamente impossibile fornire un utile suggerimento su come muoversi. Prima di tutto si potrebbe richiedere il ricalcolo del modello ISEE sulla base delle decisioni del Consiglio di Stato, ovviamente con tutte le difficoltà del caso, considerato che il software utilizzato per la compilazione del modello stesso non è stato ancora aggiornato e vista la complessità della materia anche per gli addetti ai lavori.
In caso di resistenze, si consiglia di inviare una diffida direttamente all'INPS, ovvero al Comune, al CAF o all'ente erogatore della prestazione sociale agevolata al quale è stata presentata la dichiarazione sostitutiva unica, pretendendo l'ottemperanza alle sentenze del Consiglio di Stato e la rideterminazione corretta dell'ISEE. La nuova situazione economica derivante dalla coerente applicazione delle sentenze in parola comporta il diritto alla rideterminazione delle somme dovute per le prestazioni sociali agevolate, con la conseguente restituzione di quanto eventualmente pagato in eccedenza. Con la diffida si potrà anche richiedere il risarcimento dei danni subiti a causa dell'esclusione dai servizi richiesti, sempre che ne ricorrano i presupposti. In caso di mancato accoglimento della diffida, l'unica strada rimane quella di ricorrere giudizialmente al Giudice amministrativo.



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