Numero 6 del 2015
Titolo: Politica interna- «Mettiamo l'Italia in sicurezza»
Autore: Alberto Bobbio
Articolo:
(da «Famiglia Cristiana» n. 21-2015)
Parla il Ministro delle infrastrutture Graziano Delrio.
«Cambio tutto». Graziano Delrio, ministro delle Infrastrutture vale a dire il Ministero dei Lavori pubblici, delle ferrovie, delle autostrade, dei porti, degli aeroporti, spiega cosa si deve fare per rendere il Paese più efficiente e come spendere bene i soldi, e avvisa: «Con me è finita un'epoca». L'epoca è quella delle Grandi opere, della Legge Obiettivo inventata da Berlusconi e dal ministro Lunardi, che aveva stanziato 285 miliardi di euro per vederne impiegati solo 23, l'8 per cento, in un turbinio di appalti e varianti in corso d'opera che facevano lievitare i costi fino al 40 per cento, con danno ai cittadini e beneficio per i corrotti e i corruttori.
Ministro, lei non teme pressioni di lobby, magari anche criminali?
«Voglio avvisare tutti che con me non attacca. Anzi, credo che tutti l'abbiano già capito».
Fine delle Grandi opere?
«No. Basta intendersi sul concetto. Grande opera è mettere in sicurezza le scuole, costruire una metropolitana per una città congestionata, collegare un porto all'autostrada e alla ferrovia, perché spesso è il cosiddetto ultimo miglio che fa la differenza».
La priorità?
«La ferrovia. Abbiamo linee a doppio binario sotto la media europea e poi troppe differenze tra Nord e Sud, quota di trasporto ferroviario delle merci ben al di sotto dei principali paesi europei».
Troppa Alta velocità e poca attenzione ai pendolari?
«Esattamente. Per i pendolari dobbiamo fare di più. La mobilità nelle zone metropolitane soffre: treni vecchi, linee obsolete, troppa frammentazione amministrativa, scarsa capacità di aprirsi al mercato».
Chi soffre di più per mancanza di infrastrutture?
«La Sicilia. Senza ferrovie i turisti non vengono. La ferrovia in Sicilia è una grande opera per la quale abbiamo trovato 3 miliardi di euro. Ma puntiamo a una riforma complessiva del trasporto locale».
Seconda priorità?
«I porti. L'Italia è un molo nel Mediterraneo, ma non siamo capaci di trarre alcun vantaggio. Oggi ogni autorità portuale fa da sé, vi sono competizioni assurde, eccesso di regole sui dragaggi e sullo sdoganamento delle merci. La fatica più grande è cercare di far pensare tutti i soggetti in termini di sistema. Invece ognuno vuole il suo porto, il suo aeroporto, la sua università, il suo ospedale. È per questo motivo che il Paese ha perso efficienza e si è allontanato dalla crescita e dal progresso. Dunque se uno vuole il suo aeroporto minore non può pensare di farlo con risorse pubbliche come è avvenuto finora».
Il sistema cosa prevede?
«Merci che viaggiano su treni molto lunghi invece che sui camion e autostrade del mare con porti efficienti, veloci nel carico e scarico, collegati alle reti ferroviarie strategiche, cioè ai corridoi europei».
E le autostrade?
«Bastano e avanzano, ma dobbiamo cambiare il sistema delle concessionarie, che hanno avuto fin qui un atteggiamento sbagliato e nessuno glielo ha contestato. Le concessionarie non si sono assunte il rischio di impresa, ma lo hanno scaricato sulle tariffe, cioè sugli utenti. Dobbiamo cambiare mentalità e fare le gare: l'imprenditore che vince investe e si assume il rischio. Lo Stato non è il bancomat dei privati che non fanno le cose bene. Oggi ci sono 25 concessionarie, troppe, ma una sola di esse, Autostrade per l'Italia, possiede la metà dell'intera rete ed è efficiente e competitiva, le altre molto meno. Dunque vanno stimolate fusioni».
E i ponti che si sbriciolano?
«Sulla rete dell'Anas ci sono 11 mila ponti. Il 70 per cento ha bisogno di manutenzione. Le opere stradali realizzate prima degli anni 80 risentono tutte della mancanza di manutenzione programmata. Ma adesso le cose stanno cambiando e la sicurezza è stata messa al primo posto».
L'Anas è un buco nero?
«No. Ha bisogno di pulizia e la stiamo facendo, senza disperdere il suo patrimonio di persone e di cultura industriale».
Quando verrà approvato il nuovo codice degli appalti?
«Spero entro l'estate. Con il Senato stiamo lavorando bene. Ci saranno poche e semplici regole. Troppa burocrazia favorisce la corruzione. Prevediamo un albo delle persone abilitate a far parte delle commissioni giudicatrici, un albo dei collaudatori e vincoli stretti sui subappalti. Inoltre va superata la logica del massimo ribasso e quella delle procedure in emergenza e straordinarie. Infine, non saranno più ammessi progetti preliminari e poi le varianti in corso d'opera che fanno lievitare i costi. Se si deve fare un ponte in montagna si deve sapere prima come deve essere realizzato, tempi certi e costi pure. E chi controlla non è lo stesso che realizza le opere, come è avvenuto fin qui».
Quante sono le opere prioritarie?
«Sono 25, la metà di quelle previste dal mio predecessore: costo totale 70,9 miliardi di euro. Ne abbiamo già 48, di cui 31 destinati ai treni e alle metropolitane. Ma tutto con regole normali senza procedure accelerate, commissariamenti o strutture tecniche speciali e informando i cittadini on line passo per passo. L'Italia deve dimostrare all'Europa che può fare opere in tempi certi, senza sprecare denaro. Fino a oggi mediamente i tempi si allungavano del 40 per cento per scarsa efficienza e capacità amministrativa. Dobbiamo cambiare registro. Io sono qui per questo».