Numero 3 del 2015
Titolo: MOBILITÀ- Torino, il Consiglio di Stato dà ragione ai ciechi
Autore: Marco Piazza
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Problema: in tempi di tagli di bilancio e welfare ridimensionato, come fa l'amministrazione comunale di una grande città a garantire un servizio di trasporto accessibile e gratuito alle persone con disabilità motorie e sensoriali che usano i mezzi pubblici per andare a scuola o a lavoro? La soluzione ancora non c'è, ma una cosa è certa: non si può discriminare tra ciechi e disabili motori. Se la coperta è corta, è corta per tutti. E uno che non vede non può essere penalizzato rispetto ad uno che non cammina.
Succede a Torino. Dove una recente sentenza del Consiglio di Stato ribalta il giudizio del Tar (dello scorso anno) e dà ragione alla sezione locale dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (Uici), che si batte contro il regolamento sul trasporto accessibile del comune piemontese da quando è stata introdotta una modifica del servizio di buoni taxi per le persone cieche. Fino a quel momento, era il maggio del 2012, Torino era considerata all'avanguardia in tema di trasporti collettivi per persone disabili, introdotto negli anni Settanta ed esteso ai non vedenti negli anni Novanta del secolo scorso, ed era presa a modello su tutto il territorio nazionale.
Poi cominciano i tagli e l'amministrazione pensa bene di chiedere ai non vedenti di partecipare alle spese del servizio taxi, con un contributo collegato al reddito attraverso le fasce Isee. Risultato, la quasi totalità dei ciechi torinesi è costretta a pagarsi parte della corsa, con un aggravio di costo insopportabile. E per chi non può contare su un parente o un amico accompagnatore il rischio di restare segregato in casa diventa molto alto. "L'evoluta Torino - commenta l'Uici - fa un balzo indietro a livello culturale di almeno trent'anni".
Qualche dato per inquadrare meglio il problema. Fino al 2012, cioè prima che entrasse in vigore il nuovo regolamento, erano circa 600 i ciechi assoluti che usufruivano del buono taxi. I disabili visivi gravi sono circa un migliaio, comprendendo però sia i ciechi assoluti, sia i ciechi ventesimisti (ossia coloro che hanno un residuo visivo non superiore a un ventesimo in entrambi gli occhi). Questi ultimi però non hanno diritto al buono taxi, che è invece riservato esclusivamente ai ciechi assoluti. Complessivamente, comprendendo sia disabili visivi che disabili motori, le persone che usufruivano del trasporto accessibile erano1.900: dei disabili motori, circa 500 usavano mezzi attrezzati (tipo pulmini), mentre gli altri avevano, come i ciechi, il buono taxi. In lista d'attesa c'erano poi 1.200 persone, di cui una settantina cieche. A loro è stato riconosciuto il diritto alla mobilità accessibile, ma di fatto non possono usufruire del servizio per mancanza di fondi.
Ma torniamo alla battaglia dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, all'indomani dell'approvazione del nuovo regolamento comunale, nel maggio del 2012. I ciechi insorgono, si organizzano presidi e manifestazioni di piazza. L'intento dell'associazione non è difendere a oltranza un trattamento non più sostenibile, né tanto meno scatenare un'odiosa battaglia tra poveri ("motori" contro "sensoriali") ma solo ribadire che su alcuni diritti, come quello a spostarsi in autonomia e sicurezza, non è possibile cedere, perché c'è in gioco la possibilità di studiare, lavorare, coltivare un minimo di rapporti sociali. Insomma, c'è in gioco l'integrazione.
L'Uici Torino decide di far ricorso al Tar Piemonte, ma l'esito è sfavorevole: secondo i giudici di primo grado, infatti, il regolamento è legittimo, in quanto espressione dell'ampia discrezionalità che la legge attribuisce agli enti locali in questa materia. Tradotto dal burocratese vuol dire che, secondo il Tar, il Comune può decidere che una persona non vedente, che però cammina e si sposta sulle sue gambe, può fruire di un mezzo pubblico più facilmente di una persona seduta su una sedia a rotelle.
L'associazione non si dà per vinta e fa ricorso contro la sentenza. "In linea teorica può anche esser vero che un cieco è meno impedito di una persona con grave disabilità motoria – riconosce Giuseppe Salatino, presidente dell'Uici di Torino - ma nella realtà i suoi problemi non riguardano solo il salire e lo scendere dai veicoli. Per spostarsi con un tram o un autobus è infatti necessario arrivare alla fermata, leggere il numero del mezzo, capire dove scendere, gestire attraversamenti e ostacoli di ogni tipo: tutte azioni che richiedono abilità sensoriali e che per un cieco assoluto non accompagnato possono diventare degli ostacoli insormontabili". Ecco allora la necessità di un presidio che garantisca ai non vedenti, in particolare a quelli meno autonomi, la possibilità di spostarsi in sicurezza e a costi ragionevoli.
Nei primi giorni del 2015, finalmente, arriva il verdetto del Consiglio di Stato, che ribalta completamente il giudizio di primo grado: il regolamento comunale è giudicato discriminatorio, da annullare e riscrivere. Molto soddisfatto anche l'avvocato dell'Uici Franco Lepore, che ha guidato la battaglia legale: "Il Consiglio di Stato - osserva - ha toccato il nocciolo della questione: la richiesta di compartecipazione alla spesa pubblica non può essere fatta solo ad alcune categorie di disabili. Un trattamento che differenzia le persone in base alla patologia da cui sono affette è palesemente illegittimo".
E adesso? La palla torna al Comune di Torino, per la precisione all'assessore ai Trasporti, Claudio Lubatti. Toccherà a lui sbrogliare la matassa. Magari seguendo il consiglio delle associazioni, che propongono l'utilizzo di pulmini per gruppi di persone che fanno tragitti simili, o la collaborazione di volontari per accompagnare i non vedenti alla fermata del bus.
da Corriere della Sera - Invisibili del 16 febbraio 2015