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Corriere dei Ciechi

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Numero 2 del 2015

Titolo: EUROPA- Per i ciechi e gli ipovedenti europei l’accessibilità è “denied”

Autore: Michele Novaga


Articolo:
Sono 30 milioni i non vedenti e gli ipovedenti europei: quasi come gli abitanti della Polonia, e molti di più di quelli di Malta, Portogallo, Slovenia, Croazia, Lituania, Estonia, Lettonia e Grecia, messe insieme. Ma per loro non mancano le problematiche legate all'accessibilità di molti servizi, soprattutto attraverso i siti internet. Difficile per loro reperire dei certificati o accedere ad un conto corrente online. O ancora trovare delle informazioni nel momento di viaggiare. Tutto denunciato in un report chiamato "Access denied" redatto dalla European Blind Union (EBU), organizzazione non governativa con sede a Parigi a cui aderiscono 45 paesi (tra loro anche alcuni che non fanno parte dell'Unione Europea).Per capire il perché di questa situazione, dovuta anche ai ritardi dell'Unione Europea nell'approvare direttive volte all'accessibilità, "Il Corriere dei Ciechi" ha parlato con Rodolfo Cattani, membro dell'EBU e referente dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti per le questioni europee.

Lo scenario denunciato nel rapporto "Access denied" pubblicato dall'Unione Europea dei Ciechi è abbastanza grave: sembra riportarci indietro di decenni...
"Effettivamente è così. Vi sono problemi sostanziali. Da un lato troviamo la situazione a livello nazionale, dall'altro vi è ciò che può fare l'Unione Europea. I paesi in cui il diritto all'accessibilità viene rispettato sono pochi ed esiste di fatto un insufficiente adeguamento della normativa rispetto all'evoluzione tecnologica".

Nel report si denuncia che gli stessi siti delle istituzioni europee non sono accessibili.
"Esatto. Nell'ultima formulazione della recente proposta di direttiva sull'accessibilità dei siti internet degli enti pubblici, la Commissione Europea chiede addirittura che i suoi siti vengano esclusi dalla normativa. È un'assurdità raccomandare agli Stati membri di fare qualcosa e pretendere di tenersene fuori. Come si vede anche dal report "Acces denied", la maggior parte delle strutture e degli uffici dell'Unione europea non sono accessibili nemmeno dal punto di vista strutturale. E inaccessibili sono anche in gran parte i documenti elettronici".

Ma il problema sembra essere quello della lentezza dell'Europa nell'approvare una direttiva passando da Commissione, Parlamento e Consiglio. E si rischia che, magari dopo tanti anni, venga approvato un provvedimento già superato.
"A forza di tergiversare il tempo passa, anche perché la normativa, prima di essere applicata, ha un tempo tecnico per la sua trasposizione a livello nazionale, che di norma è almeno un anno e mezzo. Ma a volte anche di più. Con la velocità con cui evolve oggi la tecnologia, si rischia di promulgare una direttiva che rende accessibili dei prodotti che sono già stati ampiamente superati. Si rischia cioè di fare leggi che, appena approvate, sono già perfettamente inutili.
Per fare un esempio, prendiamo il caso delle "app" degli smartphone e dei tablet. Se, nel momento in cui la direttiva sull'accessibilità dei siti internet diventerà obbligatoria nei diversi paesi, essa non riguarderà anche le "app", sarà del tutto insufficiente dal momento che l'accesso all'informazione avverrà prevalentemente attraverso le "app", più che attraverso i siti stessi".

Al di là dell'approvazione dell'Accessibility Act promessa sin dal 2011 e mai arrivata, esiste anche una direttiva del 2008 sulla disabilità ferma in un cassetto...
"Sì, e questo è un altro esempio di come la Commissione produca un provvedimento, di come il Parlamento lo approvi e di come poi il Consiglio Europeo, espressione degli Stati membri, lo faccia arenare.
La direttiva sul divieto di discriminare le persone più facilmente soggette alla discriminazione, tra cui le persone con disabilità, che riguarda aspetti fondamentali della vita, come i trasporti, l'educazione e la formazione professionale, la sicurezza sociale, ecc., è bloccata dal 2008. Si tratta di una direttiva importante che doveva completare il quadro giuridico predisposto con altre due direttive, una contro la discriminazione sul lavoro e l'altra contro quella fondata sul pregiudizio razziale".

Secondo questo suo ragionamento quindi è difficile che si approvino dei provvedimenti nella direzione della disabilità in tempi relativamente brevi. Ci vorranno generazioni?
"Ci vorranno sicuramente molti anni e per questo siamo preoccupati. Anche perché è evidente che se non si assicura l'accessibilità, non si garantiscono l'inclusione e la partecipazione e si frustrano le potenzialità delle persone disabili, le quali, anche se meno competitive, vorrebbero comunque poter essere cittadini produttivi e svolgere un'attività come gli altri. Se sono confinate in un ambito ristretto da cui non possono uscire, l'emarginazione è la conseguenza inevitabile".

E comportano costi...
"Il solo fatto che il tasso di disoccupazione delle persone disabili sia drammaticamente in aumento dappertutto, fa sì che siano gli Stati a dover prendersi cura di loro con costi crescenti che potrebbero essere ridotti con politiche meno miopi".

Voi della European Blind Union avete fatto provare ai deputati di Bruxelles cosa significa vivere da non vedenti.
"Lo scorso novembre abbiamo organizzato presso il Parlamento europeo un evento nel corso del quale abbiamo bendato numerosi parlamentari o abbiamo fatto loro indossare degli occhiali speciali che simulano la visione di un ipovedente, mettendoli così a confronto con la realtà percettiva e le difficoltà pratiche di una persona con un deficit visivo nelle più semplici situazioni della vita quotidiana. Riconoscere gli oggetti al tatto, sperimentare la tecnologia touch-screen oppure leggere lo schermo di un computer in mancanza o carenza della vista, si è dimostrato difficilissimo. Così hanno potuto avere una migliore comprensione di quelle che sono le difficoltà dei non vedenti, quelle barriere che noi chiediamo ai deputati europei di eliminare con normative che ci permettono di superarle".

Cosa è emerso?
"All'evento hanno partecipato una cinquantina di parlamentari, oltre a molti giornalisti, funzionari e visitatori. Siamo stati bravi e anche un po' fortunati: siamo riusciti a coinvolgere coloro che sono più interessati al discorso e con cui continueremo a collaborare. Una buona notizia quindi, così come quella della ricostituzione, all'interno del Parlamento, dell'intergruppo sulla disabilità. Si tratta di un gruppo di parlamentari appartenenti a tutti i partiti politici che si riuniscono una volta al mese per approfondire le questioni relative alla disabilità".

Ma l'Italia sull'accessibilità a che punto è?
"Non siamo tra i migliori, ma neanche tra i peggiori. Siamo partiti molto bene nel 2004 con la Legge Stanca, una legge all'avanguardia che imponeva l'accessibilità e che molti paesi non si sognavano nemmeno di avere. Ma poi, poco a poco, abbiamo perso questa leadership, soprattutto per l'incapacità della PA di rendere la legge veramente efficace".

Chi è Rodolfo Cattani
Laureato in filosofia della Scienza all'Università di Bologna, ha lavorato come insegnante per 13 anni. Successivamente è stato direttore della Biblioteca Italiana per Ciechi. Componente del Consiglio Nazionale dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti per le relazioni internazionali è presidente della commissione dell'Unione Europea dei Ciechi per i rapporti con le istituzioni dell'Unione Europea. Rodolfo Cattani, dopo essere stato membro del comitato esecutivo, è dal 2009 segretario generale del Forum Europeo della Disabilità (European Disability Forum, EDF).

Cos'è l'EBU
L'Unione Europea dei Ciechi (European Blind Union, EBU) è un'organizzazione non governativa fondata nel 1984 a cui aderiscono organizzazioni nazionali di 44 paesi tra cui l'Italia. Con sede a Parigi, essa opera per la promozione del benessere delle persone cieche e ipovedenti per raggiungere l'obiettivo dell'uguaglianza e della piena partecipazione nella società. Promuove altresì la prevenzione della cecità e dell'ipovisione in Europa. È uno dei sei organismi regionali dell'Unione Mondiale dei Ciechi (World Blind Union, WBU). All'interno dell'Unione Europea si adopera affinché si tenga conto degli interessi dei ciechi e degli ipovedenti in tutte le decisioni che li riguardano.



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