Numero 11 del 2024
Titolo: SALUTE E BENESSERE- Terapie agnostiche per le malattie ereditarie della retina
Autore: a cura di Prof. Dr. med. Andrea Cusumano
Articolo:
Occhio alla ricerca
Le terapie agnostiche sono terapie indipendenti dalle cause che generano la malattia. Ci hanno sempre detto che curare le malattie genetiche con le terapie tradizionali è praticamente impossibile e solo con l'avvento della terapia genica si sono affacciate concrete speranze di cura per queste patologie. Eppure sempre più spesso si sente parlare di terapie agnostiche, indipendenti dal "difetto genetico", per le malattie ereditarie della retina, come mai?
Le malattie ereditarie della retina sono patologie di origine genetica che determinano danni o mancanza di funzionalità in una o più popolazioni cellulari retiniche, compromettendo gravemente e irreversibilmente la visione. Queste malattie sono causate da una o più mutazioni geniche, ossia variazioni del DNA in una porzione importante del DNA stesso, definita gene, che impartisce alle cellule le istruzioni per produrre una determinata proteina. Le variazioni che danno origine a una patologia sono dette patogeniche e sono trasmesse di generazione in generazione: dai genitori ai figli, dai figli ai nipoti e così via.
Poiché la causa delle malattie ereditarie è "scolpita" nel DNA, fino all'avvento delle moderne tecniche di biologia molecolare queste patologie sono rimaste senza speranza di cura. Negli ultimi decenni, fortunatamente, lo scenario è decisamente cambiato, perché le tecniche molecolari hanno permesso di compiere passi da gigante nella comprensione dei processi fisiopatologici che determinano l'instaurarsi della malattia e hanno consentito di ideare diverse terapie geniche mirate a correggere il "difetto" genetico. Negli ultimi anni il numero di terapie geniche approvate per la cura delle malattie ereditarie è significativamente aumentato ed è tuttora in continua crescita.
La terapia genica è sicuramente la terapia d'elezione per le patologie di origine genetica, in quanto agisce direttamente sulla causa della malattia e può potenzialmente eradicarla una volta per tutte con una singola somministrazione. Tuttavia, la progettazione di una terapia genica può incontrare diverse criticità, legate alla complessità di questo tipo di malattie.
Basti pensare che ad oggi sono stati identificati più di 300 geni le cui mutazioni sono responsabili delle malattie ereditarie degli occhi. Per ognuno di questi geni sono noti diversi tipi di mutazioni, che determinano il modo in cui la malattia viene ereditata, la sua gravità ecc. Nonostante tutti gli studi e l'importante mole di conoscenze acquisite finora, il 30-50% dei pazienti affetti da questo tipo di malattie non ne conosce la causa genetica, e quindi non può avere una diagnosi molecolare (test genetico) e non può avvalersi delle terapie geniche che sono state validate o potrebbero esserlo nel prossimo futuro.
Oltre alla vastità delle mutazioni responsabili delle malattie genetiche, esistono anche limiti imposti dalla tecnica. Ad esempio per la terapia genica "classica", che mira a colmare la mancanza di una funzionalità cellulare (patologie dovute a mutazioni monogeniche recessive) inserendo nelle cellule del paziente un gene terapeutico (una copia sana del gene mutato), questo non deve essere troppo grande, altrimenti non può essere incapsulato nei vettori virali per essere trasportato alle cellule bersaglio della terapia.
Per questo motivo, nonostante le enormi potenzialità della terapia genica, lo sviluppo di approcci terapeutici cosiddetti "agnostici", ossia indipendenti dalla causa che genera la patologia, rimane essenziale per fornire una risposta terapeutica ai tantissimi pazienti affetti da malattie ereditarie della retina per i quali non esistono opzioni di cura.
Tra gli approcci agnostici più promettenti troviamo alcune terapie farmacologiche, l'optogenetica, la terapia cellulare con cellule staminali e le protesi retiniche.
Le terapie farmacologiche mirano a rallentare la progressione della patologia e/o promuovere la sopravvivenza delle cellule danneggiate dal processo patologico mediante la somministrazione di fattori neurotrofici, quali ad esempio il fattore derivato dall'epitelio pigmentato e il fattore di vitalità dei coni derivato dai bastoncelli. In alternativa, queste terapie cercano di intervenire sul meccanismo che produce la disfunzione cellulare, rallentandolo o bloccandolo. Un agente terapeutico promettente in questo senso, oggetto di uno studio clinico di Fase 3, è la N-acetilcisteina, molecola potenzialmente in grado di ridurre lo stress ossidativo e migliorare la funzionalità dei coni.
La terapia cellulare mira a riparare, rigenerare o sostituire cellule o tessuti danneggiati mediante il trapianto in loco di cellule sane. Le cellule trapiantate dovrebbero sostituirsi, anche funzionalmente, alle cellule danneggiate o stimolare processi rigenerativi mediante la produzione di fattori neurotrofici. La sostituzione delle cellule danneggiate con cellule sane si basa sulla possibilità che le cellule trapiantate abbiano la capacità di integrarsi e allinearsi alle cellule del paziente.
Nella terapia cellulare sono molto utilizzate le cellule staminali, in particolare le cellule staminali pluripotenti indotte, derivate da cellule somatiche adulte indotte a de-differenziarsi grazie a protocolli che prevedono l'utilizzo di specifici fattori di trascrizione. Le cellule staminali pluripotenti indotte hanno permesso alla terapia cellulare di avanzare significativamente, anche in virtù della loro potenzialità di differenziarsi in cellule retiniche quali i fotorecettori, rappresentando così una fonte teoricamente inesauribile di cellule utili al trapianto cellulare.
Studi preclinici hanno dimostrato l'integrazione efficiente tra cellule retiniche trapiantate e cellule retiniche del paziente. In particolare alcuni ricercatori hanno focalizzato la loro attenzione sul trapianto dei coni come possibile strategia per il trattamento dell'atrofia foveale nella degenerazione maculare legata all'età.
L'optogenetica è una tecnica in grado di rendere sensibili alla luce le cellule retiniche residue (cellule bipolari e cellule gangliari) nei pazienti che hanno perso i fotorecettori, in modo che queste cellule residue possano sostituirsi funzionalmente ai recettori persi. La tecnica si avvale della terapia genica per inserire nelle cellule bipolari o nelle cellule gangliari i geni che codificano per un'opsina, una proteina in grado di rendere le cellule fotosensibili, responsive agli stimoli luminosi.
Le protesi retiniche sono dispositivi medici che vengono impiantati all'interno dell'occhio per sostituire funzionalmente i fotorecettori persi dai pazienti. Le protesi retiniche permettono di convertire la luce in segnali elettrici, che sono poi trasmessi ai circuiti retinici fisiologici residui e, attraverso di essi, al cervello. A seconda di dove sono posizionate, le protesi retiniche si distinguono in epiretiniche, sottoretiniche, sovracoroideali.
La protesi retinica al momento più performante è la protesi sottoretinica PRIMA, costituita da un microchip dello spessore di un capello in grado di comunicare in modalità wireless con un paio di occhiali che proiettano verso la retina dei pattern luminosi che rispecchiano in maniera semplificata la scena del mondo esterno che si presenta davanti al paziente. Il pattern di luce luminoso che arriva al microchip è trasformato in un impulso nervoso che viene trasmesso alle cellule retiniche residue, al nervo ottico e infine al cervello. Un training visivo permette ai pazienti di esercitarsi nel riconoscimento del pattern.
I dati del recente studio clinico multicentrico internazionale hanno dimostrato che la protesi sottoretinica è in grado di ripristinare nei pazienti che hanno perso la visione centrale a causa della degenerazione maculare legata all'età di tipo atrofico una visione utile significativa, che consente di riconoscere lettere e in alcuni casi persino intere frasi, oltre che di percepire la presenza e il movimento degli oggetti presenti nell'ambiente circostante. L'utilizzo di questa protesi potrebbe essere allargato a pazienti affetti da alcune malattie ereditarie della retina.
L'impegno della ricerca nello sviluppo di terapie agnostiche per le malattie ereditarie della retina non deve essere interpretato come una sconfitta della terapia genica, infatti questa ricerca va e deve andare di pari passo con lo sviluppo delle terapie geniche, ampliando le future possibilità di cura per queste patologie, senza lasciare indietro quei pazienti la cui causa genetica rimane ignota o è estremamente complessa o quei pazienti che hanno già perso i fotorecettori e per i quali molte terapie geniche sarebbero troppo tardive.