Logo dell'UIC Logo TUV

Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere Braille

torna alla visualizzazione del numero 41 del Corriere Braille

Numero 41 del 2020

Titolo: Storia dell'Unione - prima parte

Autore: Vincenzo Massa


Articolo:
La Presidenza Daniele
Il 3 gennaio 1986, con una lunga lettera al Consiglio Nazionale Uic, Roberto Kervin rassegna le sue dimissioni dalla carica di Presidente Nazionale dell'associazione. Come previsto dallo Statuto associativo il Consiglio Nazionale viene convocato d'urgenza per il 12 gennaio per eleggere il nuovo Presidente Nazionale. Il vice presidente nazionale, Rodolfo Cattani, apre i lavori facendo leggere integralmente la comunicazione di Kervin, oltre a specificare che la natura delle dimissioni irrevocabili fossero di carattere personale e per gravi motivi di salute, indicava a tutti la persona del prof. Tommaso Daniele, all'epoca segretario generale, come suo successore. Con un dibattito serrato fra i dirigenti nazionali dell'associazione, il consenso intorno al nome di Daniele sembra poter essere unanime visto che nessun'altra candidatura fu presentata. L'esito delle votazioni attribuisce al prof. Tommaso Daniele 30 voti su 39. L'Unione ha il suo quinto presidente. Il prof. Tommaso Daniele si rivolge al Consiglio Nazionale con queste parole: «Non considero questo momento celebrativo ma si tratta solo di un'assunzione di responsabilità, ringrazio per la fiducia accordata e assicuro il massimo impegno per meritarla. Sedere al posto di Nicolodi, Bentivoglio, Fucà è un onore che commuove e colpisce chiunque abbia sensibilità, fa sentire piccoli ma dà anche la forza per affrontare i gravi problemi sul tappeto riguardanti i ciechi italiani. È incitamento e stimolo a moltiplicare le proprie energie nella convinzione di servire una giusta causa». Inizia così una Presidenza che durerà 28 anni.
Il 1987 viene salutato come l'anno della ritrovata unità interna che ha visto tra le altre iniziative l'occupazione della Sala Gialla del Senato per evitare tagli nella finanziaria per il 1988. A conclusione della relazione morale il presidente nazionale Uic afferma: «Viviamo nella civiltà delle immagini nella quale è la visione a guidare 1'azione, nell'era dell'elettronica, della telematica, delle telecomunicazioni e tutto questo rischia di emarginarci, di rinchiuderci ancora una volta nel ghetto. L'unica condizione per uscirne è il rinnovamento delle idee e delle persone, dobbiamo attrezzare una nave capace di navigare in mare aperto, anche tempestoso, senza perdere la rotta. Per questo sforzo costruttivo abbiamo bisogno dell'impegno di tutti, dobbiamo far crescere nei soci l'amore per l'associazione e la coscienza piena dei loro diritti e dei loro doveri; nel testamento spirituale di Aldo Moro troviamo scritto: «Questa società si salverà, solo quando oltre ad avere acquisito la coscienza dei propri diritti, avrà maturato anche quella dei propri doveri». È questo il messaggio che io consegno ai dirigenti associativi italiani, soprattutto ai giovani. A Catania, durante i lavori assembleari e durante la mia relazione, un vecchio si alzò gridando con forza: «Presidente, avanti col bastone bianco!» e io qui grido con voi: «Avanti con l'Unione Italiana dei Ciechi».
Nel 1987 l'Unione Italiana Ciechi lancia una nuova iniziativa, per favorire la conoscenza della disabilità visiva sensibilizzando l'opinione pubblica e le istituzioni su queste tematiche: il Premio Braille. L'iniziativa, che sin dalla prima edizione è stata trasmessa dalla Rai, ha visto fra i premiati non solo rappresentanti istituzionali di primo piano e qui ricordiamo per tutti quelli di questa prima edizione iniziando da Giulio Andreotti, A. Animasi, Lino Armellin e Francesco Cossiga. Il 1988, grazie ad un quadro politico più stabile, l'Uic aveva raggiunto ottimi risultati quali la legge sull'indennità di accompagnamento, sulle barriere architettoniche, l'accesso dei cani guida nei locali pubblici, il contributo statale, la precedenza nei trasferimenti del personale direttivo e docente, il corso per istruttori di mobilità e orientamento, la ricerca sull'ipovisione, il sondaggio d'opinione Doxa. Nel passo finale della relazione morale il presidente Daniele dice: «La recente assemblea dei quadri ha rivelato un gruppo dirigente maturo e responsabile, consapevole dei doveri associativi che gli derivano dall'aver ricevuto il mandato di rappresentare i bisogni dei ciechi meno fortunati; il dibattito e la discussione hanno messo in luce una ricchezza di sentimenti e un patrimonio di esperienza che non potranno non incidere positivamente sul futuro dell'azione rivendicativa dell'Uic. I dirigenti associativi sanno di operare in un contesto sociale particolare, caratterizzato dai cambiamenti veloci e talvolta dai mutamenti radicali; sanno di non poter stare alla finestra se non vogliono perdere l'appuntamento col futuro; di fronte al nuovo non arretrano, lo esplorano per governarlo». Nel 1989 la dirigenza si prepara al Congresso rilanciando i temi della pari dignità partendo dall'istruzione ma non solo. Alcuni passi di quella relazione: «La reale fruizione della cultura e dell'informazione è un traguardo ancora lontano. La Biblioteca di Monza, il Centro Nazionale del Libro Parlato e la Stampa Associativa sono strumenti del tutto inadeguati e insufficienti. Una efficace tutela dei soggetti associativamente più deboli è ancora una idea che stenta a farsi progetto e a calarsi nella realtà. Infatti non è ancora decollata una politica incisiva per il recupero dei ciechi pluriminorati e anziani: essi sono ancora considerati una sciagura da sopportare piuttosto che una risorsa da utilizzare. Le donne non vedenti attendono una più feconda stagione dei loro diritti, che le avvicini al traguardo della parità. Gli ipovedenti chiedono una precisa collocazione nel contesto associativo e reclamano maggiore solidarietà. I giovani, per ciò che annunciano e denunciano, rappresentano una forza viva e creativa alla quale non fa riscontro un corrispondente peso associativo; essi sono una immaginazione senza potere, una progettualità senza progetto».
Questo è anche l'anno del XVII Congresso nazionale, che riconfermerà alla Presidenza nazionale il prof. Daniele che iniziando quei lavori il 16 novembre affermava: «Noi ci presentiamo a questo appuntamento dopo aver percorso molta strada, io oggi qui parlo a nome di gente che ha vinto la sua scommessa con la vita, con la storia, con la società. Non parlo certo a nome di sconfitti, si è fatto giorno anche per noi e possiamo esibire le nostre facce e andare a testa alta tra la gente con dignità, con prestigio. I ciechi italiani non hanno mai chiesto la luna, essi chiedono soltanto che siano rimossi tutti gli ostacoli che impediscono al non vedente di sviluppare la propria personalità e di partecipare attivamente alla vita di relazione con ogni altro essere umano, come ogni altro cittadino nell'Italia e nell'Europa degli anni 90».
Il 1990 è l'anno in cui si riparte dopo il Congresso con temi spinosi ed importanti che come sempre vedono l'Uic in prima linea ma questo è anche un anno particolare perché l'associazione celebra il suo settantesimo anniversario.
«La nostra deve diventare una casa di vetro senza porte e senza finestre nella quale deve circolare la luce del sole e l'aria pulita dell'impegno etico». Questo il richiamo forte di Tommaso Daniele a tutta la dirigenza per un rinnovamento epocale per l'associazione e in un altro passaggio il Presidente nazionale dice: «Facciamo in modo che nei nuovi Consigli trovino spazio le componenti associative tradizionalmente escluse: i giovani, le donne, gli ipovedenti, gli anziani e i genitori dei minori. Accanto ai Consigli sarà bene costituire dei gruppi di lavoro rappresentativi dei diversi interessi. Tutto ciò favorirà la partecipazione e l'assunzione allargando l'area delle attività e riducendo quelle delle passività». Queste parole segneranno in maniera forte il nuovo assetto associativo. Ed è con questo tema che si conclude anche la riflessione della relazione morale: «Dopo 70 anni di lotte e di conquiste, non siamo ancora artefici del nostro destino e questa è un'amara verità di cui dobbiamo prendere coscienza, ma non certo per trarre da essa ragioni di rassegnazione bensì per impegnare sempre più e sempre meglio il nostro cuore e la nostra mente e metterli al servizio di una causa giusta. Questo ci chiedono le voci del passato, questo ci grida la legge morale che è dentro noi e oltre noi».
Nel 1991 arriva una nuova innovazione per l'Uic, infatti, il 22 febbraio nasce l'Irifor (Istituto per la ricerca, la formazione e la riabilitazione). L'attività dell'Irifor è stata riconosciuta dal Parlamento che, con legge 23 settembre 1993, ha attribuito all'Istituto un contributo annuo (attualmente di euro 1.150.000,00). Fin dalla sua costituzione l'Irifor, del resto anche in conformità dei fini statutari, ha prestato particolare attenzione alle tecnologie innovative, per l'individuazione di nuove opportunità lavorative e professionali. In particolare, l'Irifor ha curato il settore dell'informatica, sia quale strumento per l'autonomia personale che per l'integrazione sociale e lavorativa, progettando e realizzando percorsi formativi a livelli mai raggiunti prima. Tra le linee guida dell'Irifor per la piena integrazione sociale dei disabili visivi particolare rilievo ha il presupposto dell'accesso all'informazione ed alla cultura mediante le possibilità offerte, in particolare ai disabili visivi, dalle sempre più raffinate tecnologie informatiche. Ricerche da più parti effettuate hanno del resto dimostrato la grande potenzialità di iniziative dirette all'inserimento professionale dei ciechi ed ipovedenti in quei settori, in particolare del terziario avanzato, in cui l'informatica ha assunto un ruolo assoluto, con continua evoluzione dinamica delle aree di professionalità. Siamo al 1992, l'anno della legge 104, a metà del cammino fra le due assisi congressuali l'Uic è fortemente impegnata a tracciare il solco entro il quale operare per andare dritti agli obiettivi congressuali sintetizzabile con questa formula: «più organizzazione, più democrazia, più unità associativa, più tensione morale». L'associazione aveva ottenuto grandi soddisfazioni, non solo dai riconoscimenti degli esponenti di governo ma anche per la legislazione che dava ragione al sodalizio che si era battuta per l'equiparazione dell'indennità di accompagnamento per i ciechi civili, il giusto riconoscimento a quanti erano diventati ciechi a seguito di scoppio di ordigno bellico, delle pluridisabilità legate alla minorazione visiva. Proprio da questi segnali positivi l'Uic prova a rilanciare il suo impegno pensando alla realizzazione di un centro polifunzionale per le disabilità, oltre all'attivazione di maggiori servizi di assistenza e vicinanza ai soci dalla scuola, al lavoro, alla vita quotidiana con l'incentivazione di attività sportive e di turismo sociale che consentano una maggiore aggregazione e socializzazione fra soci. Queste battaglie e successi ottenuti vengono riconosciuti dal comune di Parigi con la consegna di una medaglia all'Uic. In questo anno però l'associazione accende i riflettori sul volontariato facendo nascere l'11 marzo del 1992 l'Univoc che operando senza scopo di lucro vuole favorire lo scambio solidale fra non vedenti e volontari. Il 1993 è l'anno della difesa delle conquiste ottenute, oltre ai primi confronti sulla legge 104 e a come favorire l'utilizzo della tecnologia da parte delle persone cieche e ipovedenti. Anni difficili di dure battaglie per la pensionistica, per l'istruzione, il lavoro, ma l'Uic non arretra di un passo. Nel 1994 arriva il sondaggio Doxa che esamina i vari aspetti della cecità fornendo utili indicazioni all'Uic di come poter meglio calibrare i propri sforzi per rispondere meglio alle esigenze dei ciechi e degli ipovedenti italiani. Questo, però, è anche l'anno in cui cade il centenario della nascita del padre fondatore dell'Uic, Aurelio Nicolodi, che fu commemorato nel mese di aprile, mentre due mesi dopo, a giugno, si ricordava un altro padre fondatore dell'associazione a cento anni dalla sua nascita, Paolo Bentivoglio. Nel 1994, inoltre, si ricordarono anche le gesta di quanti nel 1954 diedero vita a quella che fu chiamata la «Marcia del dolore». Il 1995 si potrebbe racchiudere in questa frase del presidente Daniele: «Abbiamo il dovere di interrogarci e fare un'analisi critica» perché al centro dei pensieri c'è la necessità di trovare il giusto passo per poter rispondere al meglio alle mutate condizioni socio politiche, quindi un'organizzazione che guarda al passato con rispetto, che viva il presente con realismo e scommetta sul futuro. L'unità dei ciechi italiani deve essere perseguita sulla base delle indicazioni congressuali, rafforzare le iniziative del tempo libero riconfermando la bontà del raid ciclistico, un centro di riabilitazione per i pluriminorati, una giornata dedicata ai temi dell'istruzione in ricordo di Augusto Romagnoli, questi i progetti forti principali che dovranno accompagnare l'azione associativa per il 1996. Ed il nuovo anno si apre con questa frase: «Nel segno di Romagnoli si può vincere» in ricordo del grande pedagogista, nel cinquantenario della morte, per fare il punto sull'integrazione dei ciechi nella scuola e nel lavoro.
Continua...



Torna alla pagina iniziale della consultazione delle riviste

Oppure effettua una ricerca per:


Scelta Rapida