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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere Braille

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Numero 37 del 2020

Titolo: Soggiorno estivo «Primo Sole»

Autore: Eva Landucci e Federica Giusti


Articolo:
L'esperienza di un gruppo guidato di condivisione
Il soggiorno marino «Primo Sole» è un appuntamento di socialità e condivisione che viene regolarmente organizzato durante la stagione estiva dall'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti con il sostegno economico dell'Irifor. La situazione attuale, dovuta all'emergenza Covid-19, ha richiesto di spostare le date del soggiorno e inevitabilmente, di organizzare in maniera differente le attività di socializzazione. Nel contempo, nei mesi precedenti, le varie sezioni avevano raccolto le esigenze di numerosi soci di condividere e ricevere un supporto nella gestione di tutti quei vissuti psicologici ed emotivi che hanno accompagnato la lenta ripresa verso la normalità.
Riflettendo su questi aspetti, Eugenio Saltarel, Coordinatore della Commissione Nazionale Terza Età, ha ritenuto che potesse essere proficuo per i partecipanti del soggiorno usufruire di alcuni incontri di gruppo e individuali con psicologi del progetto «Stessa Strada per Crescere Insieme», gruppo professionale in forza all'Unione che già aveva affrontato i temi e le problematiche presentate dai soci con un progetto specifico, sia durante il periodo di confinamento sia in fase successiva. È stato quindi scelto di dare la possibilità ai soci, durante la prima settimana del soggiorno, di partecipare a degli incontri di gruppo, tutti i pomeriggi, dal lunedì al venerdì. Qualora ci fosse stata una particolare richiesta, o un bisogno di approfondimento, era stata prevista anche la possibilità di fare dei colloqui individuali al di fuori dell'orario previsto per il gruppo. Al fine di rispettare comunque il contesto di «vacanza», le psicologhe che hanno progettato gli interventi avevano deciso che le attività proposte non dovessero essere troppo strutturate, né eccessivamente regolate da vincoli; questo nella pratica si è tradotto con la libera possibilità per ciascun socio di scegliere se partecipare a un incontro o a due piuttosto che a tutti. Gli incontri sono quindi iniziati lunedì 6 luglio. La prima giornata ha previsto una presentazione delle due psicologhe curatrici degli interventi, la dott.ssa Eva Landucci e la dott.ssa Federica Giusti, professioniste afferenti alla rete di «Stessa Strada per Crescere Insieme», e della coordinatrice di tale Progetto per l'area Toscana-Umbria, dott.ssa Francesca Todaro. Le dottoresse insieme ad Eugenio Saltarel hanno illustrato il motivo che ha portato all'idea di inserire questo tipo di attività all'interno del soggiorno marino e la modalità degli incontri.
Al fine di armonizzare il progetto con le necessità dei soggiornanti, è stato dato spazio fin dal primo giorno, e ad ogni nuovo partecipante nei giorni successivi, per esprimere i propri bisogni ed aspettative circa questi incontri, nonché i temi che avrebbero avuto piacere di trattare. Nel corso della settimana è stata messa in luce la preoccupazione vissuta nella fase acuta della pandemia, circa la possibilità di ammalarsi o di vedere ammalarsi un proprio congiunto. Questa paura veniva alimentata dall'eccessiva sovraesposizione alle informazioni che passavano attraverso i notiziari e i bollettini quotidiani diramati dalla Protezione Civile, nonché dal fatto oggettivo di rientrare nella fascia della popolazione più a rischio per età (quasi tutti i soci partecipanti, infatti, avevano un'età compresa tra 80 e 90 anni). Sempre correlato all'età dei partecipanti, il timore manifestato dai componenti del gruppo di non poter tenere sotto controllo le varie patologie pregresse che ciascuno di loro aveva. Molti esami di routine sono stati infatti sospesi (prelievi del sangue, controlli, prevenzione oncologica ecc...), salvo situazioni di grave malattia.
A questo vissuto di incertezza e paura si sono accompagnati diversi disturbi di natura fisica, quali maggiori difficoltà nel sonno (sia nella fase di addormentamento sia durante la notte con frequenti risvegli e fatica a riprendere sonno), sensazione di avere minore equilibrio, sensazione di peggioramento della vista e dell'udito. I disturbi somatici, essendo prevalentemente di natura sensoriale, hanno fatto sì che nella Fase 2, ovvero nella fase in cui ci siamo potuti riappropriare di alcune libertà, prima fra tutte quella di muoversi liberamente, questo sia avvenuto in misura minore e con particolare fatica. Molti dei partecipanti, infatti, hanno riferito di sentirsi più insicuri, spaesati, spaventati anche alla sola idea di percorrere percorsi noti e consolidati. In un caso la persona ha riportato addirittura l'impossibilità a varcare la soglia di casa, anche solo per percorrere il perimetro del palazzo, quando comunque prima non aveva di questi problemi. Un'altra difficoltà emersa è stata l'accesso alla tecnologia nelle sue diverse declinazioni (uso di pc, cellulari, internet, app ecc...), strumento che durante il lockdown si è rivelato fondamentale per evitare l'isolamento, per restare in contatto coi propri cari e la propria sezione, per affidarsi a una voce amica nei momenti di maggiore difficoltà, poter accedere a servizi di utilità (come la prenotazione della spesa o delle ricette mediche). Infatti, considerata anche l'età dei partecipanti, è stata registrata una scarsa dimestichezza con tutti questi strumenti, mancanza che la situazione attuale ha reso evidente e stringente, portando a vivere, talvolta, sentimenti negativi e vissuti di isolamento. Da parte dei partecipanti c'è stata quindi la richiesta o comunque l'espressione di un bisogno, circa la possibilità di essere adeguatamente formati all'impiego dei principali strumenti tecnologici.
Quello che è emerso, a conclusione del progetto da noi proposto, è stato un generale senso di soddisfazione per l'esperienza, per aver avuto la possibilità di condividere le proprie paure con gli altri, vedere come spesso tali paure fossero le stesse di qualcun altro, oppure aiutare un compagno ad avere uno sguardo "altro" sulla propria esperienza. I soci hanno riferito che troverebbero di particolare utilità ripetere l'esperienza ed anche poter avere, presso la propria sezione, la disponibilità costante di uno psicologo per gestire anche difficoltà legate ad altre tematiche, oltre a quelle per Covid. È necessario ricordare che il problema oggettivo del Coronavirus diventa un problema soggettivo in relazione al vissuto psicologico di ciascuno, alle emozioni e paure che il tema suscita nelle diverse persone. La percezione del rischio può quindi essere distorta o addirittura amplificata, come abbiamo visto nel racconto di alcuni partecipanti, fino a portare a condizioni che limitano la propria funzionalità («non riesco più a uscire di casa», «mi sembra di sentirci meno» ecc...). Avere la possibilità di usufruire di un professionista sanitario come uno psicologo, può avere molti risvolti positivi:
Lo psicologo può aiutare a mettere in atto procedure più corrette, sia in riferimento alla propria organizzazione interiore, che a quella «attorno», dall'ambiente alla giornata. Mantenere delle routine, una distribuzione ordinata delle cose da fare, può per esempio aiutare a tenersi più «ancorati». Lo psicologo può mediare consigli, tecniche, anche di stampo psicofisico, di contenimento dell'ansia e dei sintomi di natura psicosomatica (come i disturbi del sonno, riportati da quasi tutti i partecipanti). Ad un livello clinico, è ovviamente importante dare la possibilità ai partecipanti di poter «dire il sintomo», l'ansia, la paura, per decongestionare psicologicamente, aiutare i primi «accenni» elaborativi e canalizzare le emozioni su livelli più espressivi e adattivi. In questo senso il lavoro in gruppo, con la condivisione dei propri vissuti, è stato un utile primo step a cui sarebbe auspicabile poter dare seguito con la progettazione di ulteriori interventi nelle diverse sezioni. È importante poi «accompagnare» quelle operazioni che possono operare dei bilanciamenti sia nell'economia intrapsichica che nelle contabilizzazioni cognitive e che possono alleggerire un po' e fare «respirare».
Intendiamo cioè l'aiutare la persona a porre l'attenzione, non soltanto su ciò che di brutto sta succedendo ed è successo, ma anche su quello di buono che ne potrebbe venire quando tutto sarà finito. Soffermarsi quindi anche su quello che abbiamo capito, su quello che abbiamo imparato, su quello che dovremmo ricordare (la scelta dei punti di vista più economici, gli affetti, la solidarietà, la rivisitazione delle proprie priorità ecc...). Anche questo è un lavoro che è stato possibile iniziare ad affrontare negli incontri di gruppo proposti e che per alcuni ha avuto un effetto in parte contenitivo per l'ansia. Ma è un lavoro che non si esaurisce certamente in qualche ora.
Quanto fin qui da noi esposto spiega ciò che i partecipanti al gruppo di condivisione hanno espresso alla fine del progetto: un proseguimento di simili attività presso la propria sezione di riferimento. Auspichiamo davvero che questa richiesta possa trovare risposta nella progettazione di servizi finalizzati all'accompagnamento costante e continuativo della popolazione «più fragile» (ma non solo loro!), ad affrontare i risvolti psicologici che questa emergenza sanitaria continua a metterci di fronte.
Nota: Psicologhe del Progetto «Stessa strada per crescere insieme»



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