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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS - APS

 

Corriere Braille

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Numero 6 del 2020

Titolo: Informatutto

Autore: a cura di Alessandro Locati


Articolo:
Responsabilità dell'offerente sulla prenotazione sbagliata
D. Ho prenotato dall'Italia su un portale web, sede in Olanda, un appartamento in Austria dal 20 luglio al 31 luglio 2019 «con angolo cottura, cucina, attrezzature per la cucina», ritrovandomi, invece, nella stessa struttura ma in una «matrimoniale inclusa prima colazione». La struttura mi attesta per iscritto tale riscontro, ma la prenotazione è quella sopra descritta. Gli uffici milanesi del portale, il 20 luglio 2019 ammettono telefonicamente l'errore; poi anche per iscritto e il 23 luglio mi propongono via mail un «parziale rimborso delle spese sostenute per ristoranti, bar, eccetera, previo invio in Pdf degli scontrini». Al ritorno invio le ricevute di spese «parziali» per 425 euro. Il 3 agosto 19 tramite e-mail il responsabile del portale risponde di potermi rimborsare forfettariamente solo 125 euro, pari al 15% di quanto ho pagato alla prenotazione. Come posso agire per un risarcimento più equo?
R. Dalla lettura di quanto narrato dal lettore non è dato capire esattamente se l'errore è dipeso dal portale web oppure dal soggetto che ha pubblicizzato l'offerta dell'appartamento. In entrambi i casi, comunque, non è ravvisabile alcuna fattispecie di reato, trattandosi semmai di mero inadempimento di una obbligazione di natura civilistica, che, peraltro, non sembra nemmeno potersi assoggettare a quegli articoli del Codice del Turismo che tutelano l'acquisto dei «pacchetti turistici». Ciò detto, il soggetto che ha materialmente commesso l'errore sarà tenuto a risarcire tutti i danni verificatisi a causa del proprio inadempimento, non potendo in alcun modo limitare il rimborso ad una percentuale forfettaria. Al fine dell'effettivo recupero di tali somme, il lettore dovrà diffidare formalmente la controparte tramite raccomandata a-r, o fax, o Pec e, se del caso, procedere poi per il recupero del credito avvalendosi dell'operato di una associazione di consumatori oppure di un legale.
Redatto da Maurizio Di Rocco
(da «L'esperto risponde» de «Il Sole 24 Ore» del 23 dicembre 2019)

Rifacimento facciate, obbligo di coibentazione oltre il 10%
D. Nel mio condominio stanno rifacendo le facciate, con lavori deliberati nel 2018. Una facciata verrà rifatta in misura superiore al 10 per cento. Ora l'amministratore sostiene che è diventato obbligatorio coibentare la facciata in base alla legge 10-91 e ha aggiunto questo intervento extra nel capitolato. Questo intervento è davvero obbligatorio? E cosa comporterebbe un eventuale adempimento?
R. Il lettore si riferisce al Dlgs 192-2005, in tema di rendimento energetico nell'edilizia e al Dm 26 giugno 2015, numero 87035, che definisce i requisiti minimi e le prescrizioni specifiche per gli interventi sugli edifici esistenti sottoposti a ristrutturazioni importanti e riqualificazione energetica. In tale contesto, ove le opere riguardino anche la facciata con superficie interessata per almeno il 10%, salvo le deroghe previste, (per esempio, in caso di tinteggiatura), si rende necessario un intervento di miglioramento dell'efficienza energetica, nel rispetto delle prescrizioni indicate dal Dm 87035 e allegati (sul punto si veda l'articolo 1.4 dell'allegato 1, del già citato Dm). In caso di mancato rispetto delle prescrizioni di cui al Dm 87035, vi possono essere ripercussioni sui benefici fiscali, per il recupero edilizio. Inoltre sono previste sanzioni quantomeno a carico del professionista qualificato che rilasci la relazione tecnica in modo non conforme o del direttore dei lavori che ometta di presentare al Comune la dichiarazione di conformità delle opere e l'attestato di qualificazione energetica, prima del rilascio del certificato di agibilità (articolo 15, commi 3 e 4, del Dlgs 192-2005).
Redatto da Matteo Rezzonico
(da «L'esperto risponde» de «Il Sole 24 Ore» del 30 dicembre 2019)

L'atto di modifica dello statuto della onlus
D. La Camera di commercio di Padova ha rifiutato il deposito del verbale di assemblea ordinaria che approva l'adeguamento dello statuto di associazione Onlus, richiamando la circolare 3711-c del Mise che prevede, per l'adeguamento dello statuto vigente al Codice del Terzo settore, «l'obbligo di atto pubblico notarile in base all'art. 5, commi 1 e 2 del Dlgs. 112 che prevede l'intervento del notaio sia nella fase costitutiva delle imprese sociali sia in quella delle successive modifiche (delle imprese sociali)». L'associazione a nostro parere non deve modificarsi con atto pubblico notarile, perché non è ancora impresa sociale, e poi in quanto ciò è contrario all'articolo 18 della Costituzione e all'articolo 16 del Codice civile. L'associazione potrebbe recepire le norme del Codice del Terzo settore per le imprese sociali, secondo il Dlgs 460-1997 con assemblea ordinaria senza notaio, rimanendo Onlus, e attendere futura iscrizione d'ufficio nel Terzo settore.
R. Premesso che la legge 34-2019 ha rinviato al 30 giugno 2020 il termine per l'adeguamento degli statuti degli enti del Terzo Settore, occorre rilevare che la circolare Mise 3711-c, protocollo n. 108 del 2 gennaio 2019, indirizzata alle Camere di commercio, quando «prevede l'intervento del notaio, sia nella fase costitutiva che in quella delle successive modifiche» degli statuti, si riferisce in maniera esplicita alle imprese sociali e non a tutti gli enti del Terzo settore. Per questi ultimi occorre fare riferimento alla successiva circolare del ministero del Lavoro 13 del 31 maggio 2019 che, richiamando e integrando la precedente circolare ministeriale 20 del 27 dicembre 2018, completa le istruzioni idonee a guidare tutti gli enti in questione all'adeguamento dei loro statuti. Come ben chiarito dalla norma e dalle ultime due circolari citate, le modificazioni si suddividono in obbligatorie, per adeguamento alle prescrizioni del Dlgs 117-2017, e facoltative, essendo previste nei due diversi casi procedure e maggioranze assembleari diverse. Chiarito tale aspetto, occorre sviluppare un'ulteriore considerazione. Finché non entrerà in vigore il Runts (Registro unico del Terzo settore), continuano ad applicarsi le regole previste per le tipologie giuridiche preesistenti al Codice del Terzo settore. Per tale motivo, la modificazione dello statuto di un'associazione Onlus preesistente al 3 agosto 2017 e iscritta nel registro delle persone giuridiche di cui al Dpr 361-2000, dovrà avere la forma dell'atto pubblico notarile ed essere approvata dalla Prefettura o dalla Regione o Provincia autonoma competente per il corrispondente registro. Diversamente, le associazioni non riconosciute come persone giuridiche, che pure possono assumere la qualifica di Onlus a seguito di atto costitutivo e statuto redatti per scrittura privata autenticata o registrata, potranno approvare le modifiche statutarie senza l'intervento del notaio e acquisire la personalità giuridica con l'iscrizione al Runts, quando questo avrà applicazione, come indicato all'articolo 22, comma 1, del Codice del Terzo settore.
Quesito con risposta a cura di Romano Mosconi
(da «L'esperto risponde» de «Il Sole 24 Ore» del 20 gennaio 2020)



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