Numero 35 del 2019
Titolo: Il lavoro fa per me!
Autore: a cura di Valter Calò
Articolo:
Competere sul mercato del lavoro avendo una disabilità visiva
L'impegno primario per una piena inclusione lavorativa dev'essere degli stessi disabili visivi, che devono finalmente mettersi in gioco, farsi conoscere rispondendo alle offerte e competere in piena parità nel mercato del lavoro con quello che sono, che sanno fare e cui ambiscono. Per poter ottenere risultati produttivi, bisogna innanzi tutto essere consapevoli delle proprie competenze, del proprio valore e dei propri obiettivi professionali, per poter riconoscere i propri punti forti e le capacità che sono ancora da sviluppare.
Per definire questi obiettivi è fondamentale essere consapevoli del proprio potenziale e dei propri limiti soggettivi e oggettivi, tenendo conto anche dell'handicap. Di conseguenza bisogna valutare le difficoltà che si potrebbero incontrare per lo svolgimento di una determinata professione e pensare, anche con il confronto con chi ha già affrontato quella situazione, alla soluzione possibile.
Avendo chiaro tutto questo, la modalità principale per farsi conoscere dalle imprese e candidarsi è la redazione di un curriculum vitae ed eventualmente di una lettera di presentazione, con la quale si illustreranno le proprie motivazioni agli enti prescelti. Perché un curriculum sia efficace, non va mai sottovalutato l'aspetto visivo; le persone con problemi di vista devono accertarsi che il loro curriculum abbia una buona impostazione e si presenti bene. I software di lettura schermo sono molto efficaci nel consentire di impostare una corretta formattazione, ma è sempre bene farsi aiutare per la verifica dei tipi di carattere e per consigli sull'impaginazione e sull'allineamento. L'aspetto visivo è la prima cosa che un lettore osserva durante la preselezione delle candidature: non si può rischiare di perdere un colloquio di lavoro solo perché il Cv appare disordinato, poco chiaro o strutturato male.
La Direzione Generale Istruzione e Cultura dell'Unione Europea ha creato Europass, uno strumento costituito da cinque documenti (Cv, Passaporto delle lingue, Europass Mobilità, Supplemento delle Certificazioni e Supplemento al Diploma), allo scopo di migliorare la trasparenza delle qualifiche e della mobilità dei cittadini europei, rendendo chiaramente comprensibili le capacità e le competenze di una persona in tutto il territorio dell'Ue.
Innanzitutto nel selezionare le aziende alle quali ci vogliamo rivolgere, potrebbe essere buona prassi quella di evincere dal loro sito internet o dalle loro pagine sui social la loro posizione rispetto a lavoratori e-o clienti con una disabilità. Esistono piattaforme di e-recruiting che hanno lo scopo di far incontrare la domanda di candidati disabili e l'offerta di aziende che assumono ai sensi della legge sul collocamento mirato.
Per chi volesse avvalersi di sistemi più generalisti, come il social Linked-in o il contatto diretto con le aziende, il rivelare o meno la propria disabilità nella lettera di presentazione o nel Cv è una decisione personale che dipende da diversi fattori. Un lettore attento potrebbe scoprirne un indizio nel Cv, se si allude alla partecipazione ad una formazione specializzata, oppure se si fa menzione di un'attività associativa presso associazioni di categoria e potrebbe porsi delle domande. In questo caso è meglio specificarla, se non altro per onestà intellettuale. D'altro canto, se non la menzioniamo e siamo invitati ad un colloquio, potremmo cogliere di sorpresa il nostro interlocutore, rischiando così di far prendere al colloquio una piega negativa. Se però ne faremo cenno, potremmo ridurre le probabilità di essere convocati. Se verremo chiamati anche dopo la rivelazione della disabilità visiva, vuol dire che l'impresa ha per principio un orientamento positivo ed inclusivo.
Se si opterà per la segnalazione per iscritto del deficit visivo, dovremo formulare l'assunto in modo positivo, chiedendoci ad esempio cosa abbiamo imparato nel quotidiano dalla nostra disabilità, se questa ci ha aiutati nello sviluppo delle nostre capacità di comunicazione, di interrelazione o di problem solving e scriveremo assertivamente il risultato di queste riflessioni. Poi spiegheremo che siamo in grado di svolgere i compiti in modo efficiente grazie all'impiego di strumenti informatici ausiliari, che vengono installati da specialisti senza andare ad interferire con i sistemi informatici già presenti. Manifesteremo fin da subito la nostra disponibilità a studiare insieme con il datore di lavoro l'accomodamento migliore per entrambi, spiegando concretamente cosa ci serve, cosa percepiamo e quale strumentazione è per noi la migliore.
In questo frangente non è opportuno fare cenno ad obblighi legislativi come quelli determinati per esempio dalla Legge Stanca, o le disposizioni nazionali ed internazionali sull'obbligo di ricercare un accomodamento ragionevole e sulle eventuali sanzioni per la mancata ottemperanza. Si rischia di sembrare pretenziosi ed assistenzialisti e questo dà un'immagine negativa. Bisogna mostrarsi collaborativi e disponibili. Se poi ci sarà un contatto ulteriore, telefonico o frontale, ci sarà modo di approfondire tutte le problematiche inerenti gli ausili e lo svolgimento concreto del lavoro.
La nostra sfida consiste nel mostrare che anche le persone con un deficit visivo costituiscono una risorsa e che la disabilità visiva può essere un valore aggiunto per un'impresa; ad esempio in seguito all'assunzione di un collaboratore ipovedente o non vedente l'azienda potrebbe decidere di elaborare elettronicamente tutti i dati, per evitare di stampare migliaia di documenti cartacei, risparmiando così spazio e risorse economiche, oppure semplicemente di migliorare la sua immagine, presentandosi come una struttura all'avanguardia nell'innovazione digitale.
Per molte offerte di lavoro viene richiesta una candidatura online, spesso con l'aiuto di un tool sulla homepage. Se questo dovesse risultare inaccessibile ai lettori di schermo, si potrà prendere contatto con la società, segnalando la propria disabilità visiva e chiedendo se fosse possibile inviare la candidatura via e-mail o posta ordinaria.
Se avremo la fortuna di essere contattati per un colloquio, è consigliabile essere sicuri del percorso per raggiungere la destinazione. È meglio provare la strada in precedenza, magari con l'aiuto di una persona vedente per trovare il percorso più sicuro. Tuttavia, se non ce la sentiamo di muoverci autonomamente, una persona può naturalmente accompagnarci fino all'entrata, ma poi è raccomandabile entrare da soli, per dare così un'immagine di persone non dipendenti in toto dagli altri.
Poi dovremo fare attenzione al modo in cui parleremo e ci porremo davanti al reclutatore, perché questo ha un grande impatto sull'immagine che il nostro interlocutore si fa di noi. La maggior parte delle comunicazioni tra le persone avviene con il contatto degli occhi, le espressioni del viso, i gesti e altri aspetti del linguaggio non verbale. Questo può essere un problema per chi ha una disabilità visiva e fonte di imbarazzo per i vedenti. Quando guardiamo le persone mostriamo che le ascoltiamo. Spesso per le persone con una disabilità visiva è naturalmente difficile, se non impossibile, però si può simulare il contatto visivo in modo molto credibile, voltandosi e chinando la testa in direzione della voce dell'altra persona. Questo toglierà dall'imbarazzo il nostro interlocutore.
Un altro punto rilevante è il portamento del corpo. Una postura eretta ed una stretta di mano un po' energica suggeriscono competenza e fiducia in sé. L'ideale, soprattutto per chi ha problemi di vista, è prendere l'iniziativa e tendere per primi la mano che verrà presa automaticamente dalla persona con cui ci stiamo interfacciando in quel momento.
Spesso le imprese non hanno alcuna esperienza con dipendenti ciechi o ipovedenti, se non quelli impiegati nelle professioni protette. Sarà perciò necessario illustrare apertamente il nostro deficit visivo, chiarendo le attività che sono alla nostra portata e fornendo informazioni sull'uso di strumenti e software ausiliari, dando anche la nostra disponibilità ad assolvere giorni di prova oppure uno stage introduttivo in più rispetto a quanto normalmente proposto ai candidati vedenti.
Prepariamoci a spiegare come funziona il nostro deficit visivo nella quotidianità: come vediamo e cosa percepiamo se siamo ipovedenti, come compensiamo il nostro deficit, come agiamo concretamente nel quotidiano e di quale ausilio tecnico o consultivo beneficiamo. Illustreremo ciò che ci serve per poter lavorare in modo efficiente, ad esempio archivio di dossier cartacei all'altezza degli occhi, documenti a carattere ingrandito, percorsi senza ostacoli e con riferimenti certi per raggiungere la postazione ecc. Non mancheremo di sottolineare, perché dobbiamo esserne consci, il valore delle misure adottate per l'intero team o per l'azienda, ad esempio un archivio ordinato accresce complessivamente l'efficienza. Tanto più siamo concreti, tanto più diamo sicurezza al datore di lavoro. Evitiamo però esagerazioni generalizzate, ad esempio che sappiamo fare tutto e che non c'è nulla che ci spaventi. Dobbiamo fare in modo che il datore di lavoro possa farsi un'immagine realistica delle nostre possibilità.
Può essere inoltre una buona idea quella di portare con sé al colloquio di presentazione alcuni mezzi ausiliari, come per esempio un pc con software di lettura schermo, una barra braille, un videoingranditore, o uno smart phone con sintesi vocale, da mostrare al potenziale datore di lavoro. L'interlocutore vedrà con i propri occhi che esistono degli strumenti che possono renderci autonomi nello svolgimento di molti compiti.
Come hanno sottolineato molti dei partecipanti alla nostra indagine, impegnarsi a fondo e crederci è fondamentale, ma spesso non basta: ci vuole anche la fortuna di trovare la persona giusta al posto giusto, ma soprattutto che possa credere nelle nostre effettive potenzialità. Teniamo quindi presente che, purtroppo, l'esito del colloquio potrebbe essere negativo: questo può demoralizzarci, ma solitamente fa parte del processo di candidatura. Una selezione non andata a buon fine non significa necessariamente che le nostre capacità non bastano, oppure che l'azienda non è in grado di gestire la nostra disabilità visiva, ma piuttosto che tra i numerosi candidati, qualcuno era ancora più adeguato di noi alla posizione in questione. Quindi accetteremo ciò senza prenderlo sul personale, riflettendo attivamente sulla risposta negativa. Magari potremo anche chiedere spiegazioni sul cosa non ha funzionato; questo potrà esserci d'aiuto per i successivi colloqui.
Nel corso di un incontro non dovremo mai rivelare a un datore di lavoro che abbiamo, o temiamo, degli svantaggi a causa del nostro deficit visivo: ogni nuova selezione offre anche una nuova opportunità.
Tratto dall'opuscolo: C'è chi fa carriera.
Scrivetemi per la versione integrale: valtercalo21@gmail.com