Numero 17 del 2019
Titolo: A lume di legge
Autore: a cura di Roberta Natale
Articolo:
Divorzio: l'assegno non diminuisce se l'ex prende indennità di accompagnamento
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 6518-2019 ha respinto la richiesta di revisione dell'assegno di divorzio di 769,97 euro promossa dal marito e corrisposto all'ex moglie soggetta ad amministrazione di sostegno. Com'è noto, l'assegno divorzile consiste nell'obbligo di uno dei coniugi a versare periodicamente all'altro un assegno «quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive». Il versamento dell'assegno può essere mensile ovvero in un'unica soluzione (in tal caso anche con assegnazione di un bene) e sussiste fino al momento in cui il beneficiario stesso passi a nuove nozze oppure muoia o fallisca. Secondo le disposizioni contenute nell'art. 5 della legge sul divorzio (L. 898-1970) il Tribunale, quando pronuncia sentenze di divorzio, determina anche la misura dell'assegno divorzile tenendo conto di una serie di fattori tra cui il reddito dei due coniugi, le ragioni della decisione e la durata del matrimonio. Tale soluzione è in perfetta armonia con il quadro della legislazione di altri Paesi dell'Unione Europea come ad esempio quello francese e tedesco dove si evidenzia in particolare, la natura specificamente perequativo-compensativa attribuita all'assegno di divorzio. Ordinamenti che si prefiggono come obiettivo la consacrazione della pari dignità degli ex coniugi. La conferma della centralità del principio di eguaglianza effettiva tra i coniugi trova riscontro anche nel VII Protocollo addizionale alla Convenzione Europea dei Diritti Umani, nell'articolo 5 che recita: «I coniugi godono dell'uguaglianza dei diritti e responsabilità di carattere civile tra di essi e nelle loro relazioni con i loro figli riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e in caso di suo scioglimento». Principio evoluzione di quanto già contenuto nell'articolo 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 10-12-1948, secondo il quale «Uomini e donne hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento». Peraltro, nel valutare l'inadeguatezza dei mezzi a disposizione di uno dei due coniugi, si deve tener conto anche di una serie di elementi, tra i quali, da un lato, l'impossibilità di procurarseli per motivi di salute o per la difficoltà di «spendere» la propria qualificazione personale nel mercato del lavoro in quel dato momento storico e contesto sociale e, dall'altro, un miglioramento delle condizioni economiche del coniuge più debole.
Nel caso di specie, l'ex marito sosteneva che dopo il pensionamento aveva subito una consumazione del proprio patrimonio mobiliare e il contestuale miglioramento della situazione della beneficiaria essendo divenuta titolare di indennità d'accompagnamento di 490,00 euro mensili. Il giudice, contrariamente a quanto sostenuto dall'ex coniuge, ha ritenuto dimostrato, invece, il peggioramento delle condizioni di salute dell'ex moglie, la cui invalidità aveva raggiunto ormai il 100%. Per tali motivi, non ha rinvenuto un miglioramento della condizione economica dell'ex e, pertanto, non ha ritenuto legittima la richiesta di revoca dell'assegno.
In conclusione, la Corte di Cassazione statuisce che l'assegno divorzile è dovuto anche se il marito va in pensione e l'ex moglie, invalida al 100%, percepisce l'indennità di accompagnamento.