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Il Progresso

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Numero 8 del 2019

Titolo: Viaggi- Scalo ad Abu Dhabi

Autore: Sara Magro


Articolo:
(da «Il Sole 24 ore.it» del 2 aprile 2019)
Cosa fare in 20 ore nell'Emirato, visita al Louvre inclusa
«Good morning Mad'm. Can I have your passport please?». Pochi istanti e la signorina al banco, livrea e cappellino stile anni Cinquanta, mi invita ad accomodarmi nel salotto con le boiserie di mogano intagliato su una geometria inequivocabilmente mediorientale. Posso scegliere tavolo, salottino in pelle, poltrona ergonomica. Dipende dall'ora, da quanto tempo dovrò aspettare, da cosa ho voglia di fare nell'attesa: bere, mangiare, lavorare. «At your pleasure, Mad'm».
Hummus e Champagne. Il «Financial Times» di oggi, l'ultimo numero di «How To Spend It», l'arrivo epocale in diretta di Papa Francesco ad Abu Dhabi, nello stesso aeroporto, al Terminal «Very Important People». Connessione veloce, camerieri pure. Non è la lobby di un hotel a cinque stelle. È la lounge di «Etihad Airways» riservata ai viaggiatori in business class durante le soste in aeroporto. Solo una decina di anni fa il viaggio in aereo era l'inevitabile disagio per andare da A a B. Un'impasse obbligata, di cui molti avrebbero fatto a meno. Ma poiché di teletrasporto non c'è ancora avvisaglia, le compagnie aeree si sono date da fare per rendere lo spostamento più piacevole, anzi parte integrante del viaggio. Un'intuizione che è partita proprio da quel Medio Oriente che non bada a spese per conquistare la fetta di mercato più esigente. E ci sono riusciti, non solo creando giganteschi hub nelle loro destinazioni - Abu Dhabi per Etihad, Dubai per Emirates, Doha per Qatar - ma spingendo le compagnie occidentali ad adeguarsi velocemente. Una concorrenza virtuosa che ha provocato un miglioramento tangibile per i viaggiatori, in qualunque classe, verso oriente. Effetto meno evidente invece verso occidente, soprattutto in Sudamerica, dove la concorrenza non incombe e si vola ancora su aerei d'altri tempi con sedili sgangherati in business class e monitor collettivi attaccati sulle plafoniere delle file centrali dell'Economy! La lounge di Etihad è vicina ai gate di partenza. Vicina alla «Fifth Avenue» dell'aeroporto internazionale di Abu Dhabi. Tra Hermès e Fendi, tra i toys hi-tech da viaggio e le fragranze artistiche di Dior, le ore volano. Ma sono 20, e sarebbe un peccato non approfittare di questo stop, per visitare la città. Tra l'altro il biglietto dà diritto a sconti e agevolazioni per ristoranti, golf, spa, shopping e parchi, dal Warner Bros al Ferrari World, e volendo, a prolungare la sosta e dormire gratuitamente in un hotel di lusso.
Lascio il trolley al maggiordomo in livrea, ed esco leggera. In taxi, in meno di un'ora arrivo al Louvre Abu Dhabi, l'ultimo monumento pop up in uno skyline iper moderno, che sta pian piano spuntando dalla tabula rasa del deserto. Lo ha progettato Jean Nouvel, l'architetto filosofo che concepisce gli edifici come fossero quartieri: una piazza coperta da una cupola di maglie di acciaio intrecciate, che filtra la luce abbagliante di fuori, e l'acqua nei rarissimi casi di pioggia. Le sale si visitano con un'audio guida e si sceglie il percorso, dai capolavori salienti in un'ora, alla descrizione opera per opera se si ha più tempo. L'alternativa è andare alla Grande Moschea Sheikh Zayed, uno dei monumenti religiosi più affascinanti e sontuosi del presente, con 80 cupole, 1.000 colonne, lampadari placcati d'oro a 24 carati e il tappeto annodato a mano più grande del mondo. Bastano un paio di ore fuori, e si può tornare al «cinque stelle» dell'aeroporto, ovvero la comoda lounge d'attesa tra un volo e l'altro. Una doccia calda. Un massaggio anti jet lag nella Spa Six Senses (15 minuti, da 26 dollari). La cena leggera. Sul monitor lampeggia il volo per Milano. È iniziato l'imbarco, il gate 55 è a tre minuti. Non si viaggiava così fino a qualche anno fa. Certe comodità erano riservate alle alte cariche governative. Oggi invece con il biglietto in business class, la vacanza esotica dall'altra parte del mondo, comincia proprio in aeroporto. A bordo ognuno ha la sua cabina, una postazione indipendente, con prese, tavolino, monitor grande, poltrona con massaggi integrati che diventa un vero letto, persino comodo. La cucina, nonostante le acrobazie e gli esperimenti, purtroppo non supera l'esame, seppure la carta sia invitante, e declinabile a ogni tipo di disturbi e preferenze alimentari, dalla celiachia al veganesimo. Non è colpa della compagnia che, anzi, dedica molte energie al tema. Il punto è strutturale: il cibo è preparato a terra, con molte ore di anticipo; inoltre a una certa altitudine subentrano fattori di alterazione persino del gusto. Perciò il pranzo a bordo è ancora perfettibile. Però si può chiedere il servizio con mocktail Bellini (no alcol) o un Piper-Heidsieck quando se ne ha voglia. In 15 anni - tanti ne ha appena compiuti Etihad - la compagnia di Abu Dhabi ha portato nell'aviazione civile anche altre innovazioni impensabili fino a qualche anno fa. Al secondo piano degli A380 di lunga tratta, per esempio per Londra, New York e Sydney - è allestita The Residence, una suite con salotto, camera matrimoniale, bagno con doccia e maggiordomo preparato dai butler dell'Hotel Savoy, storico cinque stelle di Londra.
Salgo sul mio volo alle 2,55 del mattino. C'è un bambino che piange: sarà il male alle orecchie. Interviene subito la Flying Nanny che lo fa giocare un po' e lo tranquillizza. Per conciliare il sonno, faccio zapping tra gli ultimi film caricati. Bellissimi, ma mi addormento. Sembra passato un attimo e annunciano l'atterraggio. Giusto il tempo di passare alla toilette per una rinfrescata e una profumata con crema e colonia Acqua di Parma del beauty case in dotazione e sono a Milano. Ore 7. Prendo il Malpensa Express e vado direttamente in ufficio. Come se avessi dormito tutto d'un fiato nel mio letto.



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