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Corriere dei Ciechi

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Numero 1 del 2019

Titolo: RUBRICHE- Occhio alla ricerca

Autore: a cura di Andrea Cusumano


Articolo:
Il convegno Macula Today 2018 della Macula & Genoma Foundation Onlus
Parte II
Macula Today, il convegno annuale organizzato dalla Macula & Genoma Foundation Onlus, riunisce ogni anno i maggiori esperti mondiali del settore dell'oftalmologia per analizzare e discutere i risultati delle più recenti ricerche scientifiche e permettere ai pazienti e ai loro famigliari di entrare in diretto contato con il mondo della ricerca e conoscere le ultime terapie disponibili e i traguardi terapeutici del prossimo futuro.
Quest'anno Macula Today ha presentato i risultati di diverse ricerche all'avanguardia afferenti a varie branche dell'oftalmologia che hanno dato risultati promettenti per la cura dei pazienti affetti da patologie retiniche; vediamo qui di seguito il contributo del Prof. Daniel Palanker della Stanford University e del Prof. Michael Gorin della David Geffen School of Medicine e del Jules Stein Eye Institute.
Ripristino della visione mediante protesi fotovoltaica nei pazienti affetti da degenerazione maculare legata all'età
Il Prof. Daniel Palanker della Stanford University ha illustrato come funziona e come viene impiantata una protesi retinica fotovoltaica e ha presentato i risultati preliminari ottenuti dallo studio di fattibilità eseguito per PRIMA, la prima protesi fotovoltaica sotto-retinica e anche la prima protesi retinica ideata per i pazienti che hanno perso la visione a causa della degenerazione maculare legata all'età di tipo atrofico evoluta in atrofia geografica (GA), della società francese Pixium Vision.
PRIMA consiste in un microchip fotovoltaico costituito da 378 micro-fotodiodi miniaturizzati in grado di recepire il segnale visivo e stimolare i neuroni residui della retina interna senza l'ausilio di un cavo di collegamento e di energia fornita dall'esterno, risultando così in un sistema molto snello e più facile da impiantare sotto la retina rispetto alle protesi realizzate precedentemente.
Lo studio di fattibilità per la protesi PRIMA è stato condotto in Francia su 5 pazienti affetti da degenerazione maculare legata all'età di tipo atrofico allo stadio terminale (atrofia geografica), con età minima di 60 anni e visus non superiore a 20/400.
I risultati hanno confermato l'agevolezza d'impianto della protesi, la sua sicurezza e la sua funzionalità in vivo. In tutti e cinque i partecipanti allo studio, infatti, la chirurgia d'impianto si è svolta in assenza di complicanze sia durante l'intervento sia successivamente e la presenza della protesi non ha determinato danni alla visione periferica residua; inoltre all'accensione del sistema, 8 settimane dopo l'impianto, tutti i pazienti sono stati in grado di percepire fosfeni e, dopo la riabilitazione visiva, di riconoscere forme, lettere e numeri di grandi dimensioni.
PRIMA rappresenta il concretizzarsi delle speranze di migliaia di persone che hanno perso la visione a causa di una patologia degenerativa della retina e si spera che ulteriori studi clinici multicentrici possano dare presto risultati utili all'ottenimento del marchio CE, che permetterebbe la diffusione della protesi su larga scala, consentendo a tante persone di recuperare un notevole grado di visione e quindi di indipendenza nella loro vita quotidiana. Infatti in linea teorica PRIMA potrebbe permettere il raggiungimento di un'acuità visiva compresa tra 1 e 2/10 e restituire anche una minima capacità di lettura.
Il cambiamento del ruolo dei test diagnostici molecolari nelle patologie oftalmiche ereditarie
Il Prof. Michael Gorin, della David Geffen School of Medicine e del Jules Stein Eye Institute di Los Angeles, ci ha spiegato l'importanza e i limiti dell'analisi genetica molecolare nella pratica clinica.
Il test genetico ci permette di individuare la presenza di un gene mutato e caratterizzare il tipo di mutazione, offrendo informazioni molto utili per la diagnosi e la prognosi di una malattia ereditaria; tuttavia è importante sottolineare che per poter avere indicazioni utili e risposte adeguate ogni test deve essere accompagnato da una scrupolosa e dettagliata ricostruzione della storia familiare del paziente, con indicazione della presenza di eventuali altre patologie.
Nel caso delle patologie retiniche eredo-familiari, la complessità delle modalità di ereditarietà, che spesso dipendono da più loci e da modalità di controllo dell'espressione genica estremamente complicate, rende la sintomatologia, i tempi e le modalità di evoluzione estremamente variegati e difficili da prevedere, per questo motivo i test genetici non sempre possono dare una risposta univoca.
Esistono poi importanti questioni etiche circa l'utilizzo dei test genetici e il Prof. Gorin ha sottolineato che prima di effettuare un qualsiasi tipo di test genetico, e magari di estenderlo a tutti i membri di una famiglia, è d'obbligo per il medico domandarsi se il test possa essere davvero utile al paziente e quali implicazioni esso possa avere sulla sua qualità di vita.
Un test genetico può rivelarsi tanto più utile per il paziente quante più informazioni esistono circa le cause e le caratteristiche della sua patologia e ovviamente se esistono possibilità di cura. Quando lo studio di una patologia genetica è all'inizio e non esistono cure, il test genetico è più utile per la ricerca scientifica, a vantaggio delle generazioni future più che del paziente stesso; quest'ultimo aspetto assume però comunque una grande rilevanza e non può essere trascurato.
Come si vede, per i test genetici esistono diversi pro e contro e il medico deve considerare tutti i diversi fattori, senza mai dimenticare le questioni di carattere etico, prima di invitare un suo paziente a sottoporsi a questo tipo di analisi.



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