Numero 3 del 2016
Titolo: ITALIA- L'ISEE non fa più paura
Autore: Michele Novaga
Articolo:
Il Consiglio di Stato respinge il ricorso presentato dal Governo contro le sentenze del Tar: "Indennità di accompagnamento e tutte le forme risarcitorie non servono a remunerare, ma a compensare inabilità"
C'era una volta e c'è ancora la dichiarazione dei redditi temuta da tutti i contribuenti italiani, in cui si dichiarano i redditi percepiti in un anno. E poi c'è l'ISEE, acronimo per Indicatore della Situazione Economica Equivalente (che si ottiene attraverso la Dichiarazione Sostitutiva Unica, calcolato sulla base delle informazioni autodichiarate e acquisite dall'Agenzia delle Entrate tramite anche la dichiarazione dei redditi) che consente l'accesso ad una serie di servizi pubblici. L'ISEE misura la ricchezza del nucleo famigliare in base al numero dei componenti, certifica quanto guadagnano, censisce le proprietà e gli altri possessi di cui dispongono compresa la giacenza media dei risparmi del conto in banca. Un istituto fiscale consolidato e che esiste dal 1998 (solo nel 2012 sono state presentate, in base ai dati del Ministero del Lavoro, 6 milioni di DSU corrispondenti a circa 5 milioni e mezzo di nuclei familiari). Ma che, con il decreto Salva Italia, ha rischiato di rendere più difficile la vita a milioni di cittadini italiani disabili a causa dell'inserimento nel computo del reddito ISEE delle pensioni di invalidità e dell'assegno di accompagnamento.
Rischio scongiurato, visto che il 29 febbraio il Consiglio di Stato ha dato ragione alle famiglie con disabilità, respingendo nuovamente l'appello presentato dal Governo. Il ricorso contro il nuovo ISEE, insomma, è ufficialmente e completamente vinto: e l'appello presentato al Consiglio di Stato dal governo è stato respinto.
"Il decreto, che fu già oggetto di discussione nel momento in cui era al governo il professore Mario Monti nel 2012 ed è stato ora riproposto da Renzi, di fatto inseriva nel computo del reddito ISEE anche tutto ciò che non è reddito come le pensioni di invalidità o l'indennità di accompagnamento, che sono strumenti di sostegno al titolo della minorazione e che hanno caratterizzazione compensativa rispetto ai servizi che lo Stato non può garantire alle persone con disabilità", racconta a "Il Corriere dei Ciechi" Vincenzo Zoccano, componente della Direzione Nazionale dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti. Uno smacco per tutti coloro che convivono con la disabilità, una parte dei quali avrebbe rischiato di non poter più accedere a determinati servizi anche sanitari (come per esempio il ticket sui farmaci e altre prestazioni mediche specialistiche).
"L'Italia è sempre stata all'avanguardia rispetto a tutto il mondo oserei dire grazie a questa indennità di accompagnamento che, ed è bene sottolinearlo, non c'entra nulla con l'accompagnatore. Tanti pensano - e tra loro anche alti funzionari di enti pubblici - che l'indennità serva a pagare un accompagnatore che porti il disabile in giro. Nulla di più falso: la locuzione accompagnatore in realtà sarebbe accompagno, ausilio, aiuto. È un'indennità che al solo titolo della minorazione compensa il disservizio che lo Stato non riesce a garantire per consentire di mettersi alla pari con gli altri cittadini e quindi surroga con questa indennità. Che non costituisce reddito e non è pignorabile ma che sono soldi che la persona con disabilità spende come vuole perché non sono rendicontabili e può usarli anche per l'accompagnatore e per tutti gli scopi che preferisce e che reputa siano utili alla sua persona. Nessuno sindacherà come i soldi vengono spesi".
"Come Unione, abbiamo sempre contestato questo principio perché vengono inserite le indennità in uno strumento di tipo reddituale assoggettando al reddito ciò che reddito in realtà non è. È un principio che viola la natura dell'indennità e delle pensioni di invalidità che non sono un sostegno al reddito. Cioè praticamente ci danno con una mano e con l'altra ci tolgono" aggiunge Zoccano. "E temiamo che il passo successivo sia trasformarle in una sorta di beneficio economico subordinato al reddito e che in futuro possa essere tassata. Oppure potrebbe verificarsi il fatto che molte persone che oggi ne hanno diritto magari un domani questo diritto non lo avranno più. Non perché diventano più ricchi. Il principio dell'indennità di accompagnamento o delle pensioni di invalidità è che tu, povero o ricco, ne hai diritto secondo lo Stato per una sua mancanza alla quale lui stesso sopperisce non riuscendo a dare ai disabili parità di accesso ai servizi come agli altri cittadini. Il problema potrebbe diventare tra poveri e ricchi e non tra disabili che sono uguali sia ricchi che poveri. Noi - prosegue Zoccano - ci facciamo bastare le indennità ma la vita di una persona con disabilità grave costa quattrini e tanti. Basti pensare ad un non vedente: testi in braille, ausili tecnologici, pc per leggere i testi. Costi che lo Stato deve sostenere e non potendo farlo, concede a tutti l'indennità".
Il provvedimento, che avrebbe riguardato circa 300.000 non vedenti (tutti i ciechi assoluti e i ciechi parziali che hanno un'indennità) ma anche tutti i sordi e tutte quelle persone con disabilità soggetti alla legge 104 con invalidità superiore al 75%, era entrato in vigore l'1 gennaio 2015 ma, come abbiamo anticipato, è stato oggetto di un ricorso al Tar promosso da famiglie e da alcune associazioni e che è stato vinto in prima istanza. Il governo ha fatto subito ricorso in appello al Consiglio di Stato e la sentenza che ne ha sancito la definitiva illegittimità è stata pronunciata il 29 febbraio. Un grazie anche al comitato promotore che si è adoperato per raggiungere questo importante obiettivo.
"A questo punto - continua ancora Zoccano - il Governo è tenuto a negoziare con noi. E noi siamo a disposizione: nulla su di noi senza di noi. Il governo dovrebbe anche ritarare tutto l'impianto escludendo soprattutto dal conteggio le pensioni di accompagnamento e quelle di invalidità. Poi sui computi e sui tecnicismi ci possiamo ragionare e trovare una soluzione. Però attenzione: è sbagliato dire che i disabili contestano l'ISEE. Noi lo consideriamo uno strumento indispensabile: bisogna misurare il reddito ma non bisogna farci entrare ciò che reddito non è. Diritti e privilegi sono due cose completamente diverse".