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Corriere Braille

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Numero 17-17sup del 2014

Titolo: Informatutto

Autore: Redazionale


Articolo:
Supplemento al «Corriere Braille» n. 17 del 16-30 settembre 2014
a cura di Alessandro Locati

Lecita la sanzione per chi viola il regolamento
D. Come può l'assemblea condominiale sanzionare, magari per disturbi notturni e panni stesi in violazione del regolamento, sulla base delle prescrizioni presenti nel regolamento di condominio che richiama l'articolo 70 delle disposizioni attuative del Codice civile, quando trattasi di comportamenti tenuti nella proprietà privata e non relativi alle modalità di gestione ed uso delle parti comuni?
Tali prescrizioni non dovrebbero considerarsi norme di civile convivenza, la cui tutela andrebbe rimessa esclusivamente ad un mediatore e, in mancanza di accordo, ad un giudice di pace (pertanto insanzionabili da parte dell'assemblea condominiale)?
Rammento che, secondo la massima della sentenza della pretura civile di Pisa, 3 maggio 1993, n. 140, lo stendimento dei panni su di un balcone condominiale non può essere assunto come elemento di deturpamento del decoro architettonico.
R. Il regolamento di condominio che, solitamente, viene allegato con il rogito deve essere rispettato da tutti i condomini.
Qualora le regole ivi contenute non vengano osservate, è bene ricordare che tra le facoltà dell'amministratore di condominio, ai sensi dell'articolo 70 delle disposizioni attuative del Codice civile, rientra anche quella di irrogare sanzioni pecuniarie ai condomini responsabili di violazioni del regolamento, ove lo stesso preveda tale possibilità.
Il Dl 145 del 2013 convertito in Legge 9 del 2014 stabilisce che l'irrogazione della sanzione è deliberata dall'assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma dell'articolo 1136, sempre comunque nei limiti della norma ovvero fino a 200 euro e fino a 800 euro in caso di recidiva.
(Redatto da Paola Pontanari)

Il biennio di congedo per assistere il disabile
D. In relazione ai due anni di congedo straordinario retribuito, di cui al Dlgs 119 del 2011, che ha innovato la normativa prima contenuta nella Legge 53 del 2000, è prevista la possibilità di beneficiarne da parte del figlio convivente del genitore disabile, a condizione che il disabile sia privo del coniuge, del padre e della madre (oppure in vita, ma con patologie invalidanti).
Si chiede se un dipendente pubblico, figlio unico di madre vedova e in stato di disabilità riconosciuta ai sensi dell'articolo 3, Legge 104 del 1992, e con essa convivente, possa fruire di detto istituto nel caso sia ancora in vita la nonna novantottenne (madre della madre disabile), non convivente con la figlia disabile e oggettivamente non in grado di accudire alla figlia disabile ancorché non dichiarata affetta da patologie invalidanti.
R. Il congedo biennale retribuito, di cui al quesito in oggetto, è previsto e regolamentato dall'articolo 42 commi 5, 5 bis, 5 ter, 5 quater e 5 quinquies del Dlgs 151 del 2001. In particolare, tale beneficio può essere concesso al coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della Legge n. 104 del 1992 oppure, in caso di mancanza decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, hanno diritto di fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi.
L'elenco degli aventi diritto è sottoposto ad un tassativo ordine di scorrimento, per cui, in linea di principio, in presenza di un soggetto idoneo, quello che segue non potrebbe vantare il relativo diritto ad ottenere il congedo in questione.
Tuttavia, a parere di chi scrive, nel caso di specie - visti anche i principi recentemente affermati dalla Corte costituzionale con sentenza del 18 luglio 2013 n. 203 circa la tutela del disabile, vista la oggettiva inidoneità della madre novantottenne a prestare assistenza, nonché l'assenza, in capo a quest'ultima del requisito della convivenza con la figlia disabile - una corretta interpretazione della norma non potrebbe che portare all'ammissione del figlio convivente a fruire del beneficio in questione.
(Redatto da Massimo Sanguini)
(da «L'esperto risponde» de «Il Sole 24 Ore» n. 10 del 10 marzo 2014)

L'amministratore e i controlli di sicurezza
D. Vorrei sapere se è corretto sostenere che l'amministratore non possa chiedere al condomino dati, documenti, certificazioni sulla sicurezza dei singoli appartamenti-impianti e tantomeno autocertificazioni sulla conformità alle normative vigenti.
R. L'articolo 1130, primo comma, n. 6 del Codice civile, stabilisce che: «L'amministratore, oltre a quanto previsto dalle vigenti disposizioni di legge, deve curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell'edificio.
Ogni variazione dei dati deve essere comunicata all'amministratore in forma scritta entro sessanta giorni. L'amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe.
Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l'amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili». Dal tenore letterale della norma così modificata dal Dl n. 145 del 2013, convertito con Legge n. 9 del 2014, risulta che nel registro anagrafe condominiale, la cui tenuta è curata dall'amministratore, devono essere inseriti i dati della sicurezza relativi alle parti comuni e non a quelle esclusive.
Si ritiene, però, che l'amministratore, anche nello spirito della riforma, abbia il potere di controllare che all'interno delle unità immobiliari non si eseguano opere in danno alle parti comuni o in pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza e al decoro architettonico dell'edificio, ex articolo 1122 del Codice civile.
A tal fine, potrebbe verificare la regolarità di opere eseguite nelle proprietà esclusive per prevenire l'insorgenza di pregiudizi alla sicurezza dell'intero stabile.

I periodi all'estero non vanno perduti
D. Una mia nipote ha lavorato per 4 anni in Inghilterra, con regolare contratto; il datore di lavoro ha versato i contributi assistenziali e previdenziali, previsti dalla legge inglese, fino alla cessazione del rapporto di lavoro, avvenuto nel maggio del 2010.
Vorrei sapere se questi contributi previdenziali possano essere ricongiunti a quelli che ora sta versando all'Inps, avendo ripreso il lavoro in Italia dal giugno del 2010; occorre inoltrare apposita domanda all'Inps o mi devo attivare con altre modalità?
R. I contributi versati in Stati con i quali vigono accordi di convenzione, come il caso in esame, si sommano.
In particolare, al raggiungimento dei requisiti per la pensione, sia essa di vecchiaia che anticipata, potranno essere utilizzati per il raggiungimento del diritto, senza alcun onere aggiuntivo per l'interessato; poi ogni Stato pagherà la propria parte di pensione in base ai contributi versati. E' da sottolineare che è importante tenere ben conservata tutta la documentazione del periodo svolto all'estero.
(Redatto da Aldo Forte)
(da «L'esperto risponde» de «Il Sole 24 Ore» n. 13 del 31 marzo 2014)

Per l'assegno di invalidità conta il reddito personale
D. La pensione di invalidità, ottenuta in seguito a un tumore alla mammella di 20 anni fa, che mi ha reso il braccio destro inabile e mi ha procurato un'ernia del disco che mi crea difficoltà di deambulazione, mi spetta anche se il reddito coniugale è circa di 40.000 euro l'anno?
R. In presenza dei requisiti finalizzati al conseguimento della pensione di invalidità, l'Inps ha precisato che il limite reddituale deve essere riferito a quello dell'avente diritto (messaggio 717 del 2013 per le inabilità civili).
In tal senso, il Dl 76 del 2013, il quale ha stabilito che il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità in favore dei mutilati e degli invalidi civili è calcolato con riferimento al reddito agli effetti dell'Irpef, con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte.
(Redatto da Fabio Venanzi)

Le penalizzazioni nell'uscita anticipata
D. Sono nato il 16 dicembre 1960; lavoro come dipendente dal 14 gennaio 1976. Quando posso avere la pensione?
Visto che ho iniziato a lavorare a 15 anni e ho versato più di 18 anni alla data del 31 dicembre 1995, la penalizzazione mi riguarda?
R. Il traguardo pensionistico più vicino è quello della pensione anticipata, quando il lettore maturerà, dopo il 2016, 42 anni e 6 mesi, più l'incremento legato alla speranza di vita, che scatterà il 1o gennaio 2016.
Ecco le regole della penalizzazione per la predetta pensione conseguita prima dei 62 anni di età (1 per cento annuo per gli anni 60 e 61 e 2 per cento per gli anni precedenti).
Occorre notare che l'articolo 6, comma 2-quater del Milleproroghe stabilisce che la penalizzazione prevista quando il lavoratore e la lavoratrice accedono alla pensione anticipata ad un'età inferiore ai 62 anni non scatta limitatamente ai soggetti che maturano il predetto requisito contributivo entro il 31 dicembre 2017.
Vi è, però, la seguente condizione: la predetta anzianità contributiva deve derivare esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l'assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni ordinaria.
La Legge 125 del 2013 di conversione del decreto Legge n. 101 del 31 agosto 2013 (in vigore dal 31 ottobre 2013) ha allungato tale elenco con i seguenti altri periodi (coperti da contribuzione figurativa) di astensione dal lavoro per la donazione di sangue e di emocomponenti, come previsto dall'articolo 8, comma 1, della Legge n. 219 del 21 ottobre 2005, e per i congedi parentali di maternità e paternità stabiliti dal testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 2001.
Rientrano, inoltre, nella valutazione: i periodi assicurativi derivanti da riscatto, secondo l'articolo 13 della Legge 1338 del 1962 (contribuzione omessa e colpita dalla prescrizione); i periodi di effettiva contribuzione derivanti da totalizzazione estera; il congedo matrimoniale; le ferie; i permessi retribuiti; i congedi e permessi per handicap (articolo 33 della Legge 104 del 1992).
A questi fini, quindi, continuano a non venire considerati i periodi di cassa integrazione straordinaria, di mobilità, i contributi volontari, quelli per il riscatto del corso legale di laurea e i contributi figurativi per disoccupazione indennizzata.

I permessi ex Legge 104 avvicinano la pensione
D. Compirò 62 anni il prossimo 22 maggio, ho 30 anni di servizio presso un ente privato e fruisco della Legge 104, essendo mio marito affetto da sclerosi multipla.
Quando potrò andare in pensione? Sarò agevolata grazie alla Legge 104?
R. Ecco una scialuppa di salvataggio. L'articolo 11 bis, commi 1 e 2, del decreto Legge n. 102 dei 31 agosto 2013, convertito dalla Legge n. 124 del 28 ottobre 2013 (entrata in vigore il 29 ottobre 2013) allunga l'elenco dei salvaguardati e cioè dei beneficiari della normativa anteriore a quella introdotta dalla manovra Monti-Fornero.
In particolare, si tratta di chi ha goduto di permessi secondo l'articolo 33, comma 3, della Legge n. 104 del 5 febbraio 1992 e raggiunge i requisiti anagrafici e contributivi utili per la decorrenza della pensione secondo la disciplina vigente alla data di entrata in vigore del decreto entro il trentaseiesimo mese dalla data di entrata in vigore del decreto stesso.
Il trattamento pensionistico però non può avere decorrenza anteriore al 1o gennaio 2014. Lo stesso discorso vale anche per i lavoratori che, nel corso del 2011, hanno fruito di congedo sulla base dell'articolo 42, comma 5, del testo unico approvato con decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 2001 e successive modificazioni. Va segnalato, inoltre, che il predetto beneficio viene riconosciuto nel limite di 2.500 soggetti e nel limite massimo di spesa di 23 milioni di euro per il 2014, di 17 milioni di euro per il 2015, di 9 milioni di euro per il 2016, di 6 milioni di euro per il 2017 e di 2 milioni di euro per il 2018. L'Inps provvederà al monitoraggio delle domande di pensione inoltrate dai lavoratori interessati.
(da «L'esperto risponde» de «Il Sole 24 Ore» n. 14 del 7 aprile 2014)

Deducibili le erogazioni alle onlus «in natura»
D. Nel corso del 2013, con atto notarile registrato, mio fratello e io (comproprietari al 50%) abbiamo donato un appartamento (rendita catastale 132 euro) a una Onlus. Abbiamo diritto a qualche detrazione fiscale in fase di dichiarazione dei redditi, modello 730 del 2014?
R. Nell'ambito delle erogazioni liberali fiscalmente rilevanti come oneri deducibili (articolo 10 del Tuir) o detraibili (articolo 15 del Tuir), effettuate da persone fisiche, viene fatto esclusivo riferimento a fattispecie che prevedono la dazione di danaro. Peraltro, l'articolo 14 del Dl 35 del 2005 - che persegue, come norma speciale, finalità similari alle precedenti disposizioni (e in alternativa ad esse) - estende la previsione anche alle erogazioni liberali «in natura» a favore di Onlus (articolo 10, commi 1, 8 e 9 del Dlgs 460 del 4 dicembre 1997) e delle associazioni di promozione sociale, iscritte nel registro nazionale (articolo 7, commi 1 e 2, della Legge 383 del 7 dicembre 2000).
Mutuando concettualmente quanto specificato dalla risoluzione 23-E-2002, nel novero di «erogazioni in natura» sono da ricomprendere anche i beni immobili, tenendo presente che, in ogni caso, la deduzione è contenuta nel limite del 10% del reddito dichiarato e, comunque, nella misura massima di 70.000 euro annui.
(da «L'esperto risponde» de «Il Sole 24 Ore» n. 13 del 31 marzo 2014)

No al 4% per la caldaia sostituita dal disabile
D. Si chiede se un contribuente, disabile ai sensi della Legge n. 104 del 1992, possa fruire dell'aliquota Iva del 4% per la sostituzione della caldaia della propria prima casa.
R. La risposta è negativa, posto che l'aliquota del 4% è limitata agli interventi per l'abbattimento o l'eliminazione delle barriere architettoniche (voce 41-ter della tabella A, parte II allegata al Dpr 26 ottobre 1972 n. 633).

La vendita di protesi con cambio di codice
D. Un fisioterapista, con regolare partita Iva, svolge la sua attività nei confronti di privati emettendo ricevute esenti ex articolo 10, Dpr 633 del 1972. Da quest'anno, ha acquistato anche prodotti ortopedici, che rivende ai propri pazienti.
Il professionista deve aprire un nuovo codice attività? Questa seconda attività è considerata commerciale? La vendita di tali prodotti è soggetta ad Iva al 22% e per questo si determina un pro rata?
R. L'acquisto e la rivendita di prodotti ortopedici non rappresenta attività «tipica» per il fisioterapista.
Di conseguenza, i relativi corrispettivi saranno assoggettati ad Iva con l'aliquota specifica riferita al bene ceduto, e in ogni caso non potranno beneficiare del regime di esenzione da Iva che caratterizza le prestazioni rese dal fisioterapista nell'esercizio della sua attività.
Di conseguenza, qualora si intenda esercitare l'attività in questione in modo sistematico (cioè non occasionale) sarà necessario l'inserimento dello specifico codice attività (codice 47.74.00), previa verifica presso il competente ufficio comunale circa la presenza dei requisiti amministrativi per l'esercizio dell'attività di commercio dei prodotti ortopedici. E' chiaro altresì che in questo caso si configura l'ipotesi di limitazione del diritto alla detrazione dell'imposta assolta sugli acquisti, in virtù del meccanismo del pro rata richiamato dal lettore (articolo 19-bis, Dpr 633 del 26 ottobre 1972), salvo opzione per la separazione delle attività (di fisioterapia e di commercio di prodotti ortopedici) ai sensi dell'articolo 36 del medesimo Dpr 633 del 1972. Con riferimento alla disciplina Iva delle prestazioni di fisioterapia, peraltro, è utile ricordare che in base all'articolo 10, numero 18, del citato Dpr 633 del 1972, come modificato dall'articolo 36, comma 9, del decreto Legge 331 del 30 agosto 1993, convertito dalla Legge 427 del 29 ottobre 1993, sono esenti dall'Iva «le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell'esercizio della professione e soggette a vigilanza ai sensi dell'articolo 99 del Testo unico delle leggi sanitarie, approvato con Rd 27 luglio 1934, n. 1265 e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del ministro della Sanità di concerto con il ministro delle Finanze» (si veda anche la risoluzione 183-E del 14 agosto 1996). Il decreto del 21 gennaio 1994, inoltre, ha individuato le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona dagli esercenti determinate professioni sanitarie, tra le quali rientrano anche quelle rese dagli esercenti la professione di massaggiatore e masso-fisioterapista diplomato. La risoluzione 365337 del 22 ottobre 1979, infine, ha chiarito che le prestazioni di chiroterapia e fisiokinesiterapia rientrano fra quelle che hanno diretto rapporto con l'esercizio delle professioni sanitarie e che, conseguentemente alle medesime, torna applicabile l'esenzione, purché le stesse prestazioni siano rese da un medico. Del pari, la circolare 25 del 3 agosto 1979 e la risoluzione 550555 del 27 dicembre 1989, hanno chiarito che fruiscono dell'esenzione anche le prestazioni svolte nell'esercizio delle professioni sanitarie anche se rese da strutture in qualsiasi forma organizzate.
(Redatto da Albino Leonardi)
(da «L'esperto risponde» de «Il Sole 24 Ore» n. 17 del 5 maggio 2014)



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