Numero 3 del 2002
Titolo: IL BAMBINO IPOVEDENTE E LA MAMMA: UNA RELAZIONE PER CRESCERE(1)
Autore: Martinoli Delpino Pieri Gallo
Articolo:
A dicembre 2001 si è svolta la quinta edizione del Convegno l’Occhio della Mente, che l’Istituto “Chiossone per i Ciechi e gli Ipovedenti” di Genova organizza grazie al sostegno della Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi, affrontando ogni anno temi diversi.
L’argomento approfondito quest’anno è stato quello relativo alla relazione mamma-bambino ipovedente nella prima infanzia e all’importanza dell’intervento precoce sul bambino disabile visivo e sulla sua famiglia, vista l’incidenza che il problema visivo può avere sul suo sviluppo globale.
L’esperienza di lavoro con bambini ipovedenti e non vedenti in età precoce e con le loro famiglie ci ha portato a considerare come la relazione mamma-bambino occupi un posto centrale nello sviluppo dei bambini disabili visivi e come quindi sia prioritaria una presa in carico che, oltre ad offrire al bambino ipovedente un iter riabilitativo individualizzato, aiuti i genitori ad affrontare un percorso evolutivo difficile e doloroso.
Il Convegno si è svolto in una giornata, suddiviso in due sessioni: nella prima sono stati portati contributi da Centri o Enti che lavorano col bambino piccolo normodotato o con deficit visivo o pluridisabile quali: il “Centro Studi del Neonato” di Genova, la “Fondazione Hollman” di Cannero, “La Nostra Famiglia” di Bosisio Parini, l’“Istituto di Neuropsichiatria Infantile” dell’Università di Genova, l’“Associazione Pediatri extra ospedalieri Liguri”.
Si è partiti dal rilevare un interesse e un’attenzione sempre maggiore tra i professionisti dello “zero-tre” per lo studio della prima infanzia, quindi è stata sottolineata l’importanza di fare interventi preventivi o di cogliere al più presto possibile le difficoltà e i problemi che possono insorgere lungo questo percorso, si è riflettuto sul percorso evolutivo precoce dei bambini con deficit visivo o con plurihandicap; sulla difficile funzione genitoriale nell’affrontare, insieme all’intera famiglia un percorso evolutivo diverso spesso emotivamente doloroso e faticoso.
Uno degli obiettivi è quello di permettere alla mamma e ai genitori, consapevoli della responsabilità di far crescere il loro bambino disabile visivo, di ripensare alle loro modalità comunicative, alle loro capacità di cogliere e rispondere ai segnali del bambino, alla ricchezza che hanno l’attenzione sonora e le esperienze precoci che si basano sugli altri canali sensoriali e percettivi.
È stato fatto anche un excursus sulle fasi successive del rapporto genitori-figlio nel corso della seconda infanzia, quando la dimensione psico-educativa assume un’importanza determinante nel modellare lo stile della relazione tra il bambino e la realtà.
In questo periodo le funzioni cognitive, attivate dalla conquista dell’autonomia personale e microsociale, giocano un ruolo decisivo sulla possibilità del bambino di integrare le percezioni, le conoscenze e gli affetti in un vissuto complessivo che concorre a formare il suo sentimento di identità e di competenza. Nel caso del bambino ipovedente o non vedente tutto ciò avviene in modo molto più lento e difficoltoso; anche a queste età i genitori vanno supportati per avere una visione più realistica delle capacità del proprio bambino e quindi assumere un atteggiamento più adeguato nei confronti del figlio ipovedente, al fine di sviluppare al meglio le sue competenze e il suo stile complessivo di rapporto con la realtà.
Sono state portate le riflessioni e le esperienze scaturite dalla interpretazione di dati che le famiglie di bambini con gravi problemi visivi e/o plurihandicap forniscono attraverso un questionario che viene loro consegnato al momento delle dimissioni dal soggiorno riabilitativo presso la “Fondazione Hollman” di Cannero. Sono state presentate le preoccupazioni più pressanti di questi genitori e alcune indicazioni agli specialisti della riabilitazione per contribuire a migliorare la qualità di vita di queste famiglie.
È stata anche presentata una ricerca in atto che si propone di studiare l’interazione tra lo stile di attaccamento del genitore rispetto alle proprie esperienze infantili, lo stile di accudimento nei confronti del proprio bambino ipovedente o non vedente e l’incontro con gli interventi proposti dalla “Fondazione Hollman”.
Sono state poi analizzate le difficoltà nella relazione tra la mamma e il bambino con plurihandicap: di fronte alle problematiche di questo bambino emerge il disadattamento della madre e dell’intero nucleo familiare, una inevitabile reazione depressiva e il possibile sviluppo di particolari condizioni quali: la negazione dell’handicap, un legame simbiotico madre-figlio, la distorsione del ruolo materno, la rassegnazione senza speranza nel futuro, 1’ipostimolazione del bambino, 1’iperstimo1azione da parte della madre.
La presa in carico da parte degli operatori deve promuovere il superamento progressivo dello stato di indifferenziazione in cui si trova il bambino e la sua famiglia, 1’individuazione di uno o più canali di comunica