Anche nel corso del passato quadriennio l’Unione ha tenuto costanti contatti con il Senato e la Camera dei Deputati, nello sforzo di sostenere in maniera continuativa ogni iniziativa legislativa riguardante i bisogni e le necessità di integrazione dei non vedenti in generale, nonché l’attività associativa in particolare, soprattutto in un periodo di vaste e penetranti riforme, in atto o in fieri, nell’ordinamento sociale ed amministrativo.
Di seguito vengono riportati i più importanti traguardi raggiunti dall’azione dell’Unione, con particolare riferimento anche alle nuove leggi di finanziamento, in aggiunta o in sostituzione dei provvedimenti scaduti durante il periodo in esame.
Concessione di un contributo annuo dello Stato all’Unione Italiana dei Ciechi, con vincolo di destinazione al Centro Nazionale del Libro Parlato, e al Centro Internazionale del Libro Parlato di Feltre
Di questa importante legge, che prevede un finanziamento alle strutture del Centro Nazionale per il Libro Parlato, si fa riferimento nella specifica sezione della presente relazione.
Questo provvedimento, a lungo caldeggiato dall’Unione insieme alle altre associazioni interessate, pur mantenendo fermo il sistema di ripartizione dei fondi basato sulla gestione da parte del Ministero per la solidarietà sociale di un Fondo complessivo previsto dal combinato disposto della legge finanziaria 1998 (legge 449/97) e dal decreto legislativo 112/98, ha previsto per il triennio 1998-2000 un finanziamento alle associazioni di promozione sociale.
Tale finanziamento, di 10 miliardi annui, è stato diviso per il 50 per cento alle persone giuridiche privatizzate ai sensi del D.P.R. 616/77, quali l’Unione, e per il restante 50 per cento ad enti ed associazioni che perseguono fini di integrale attuazione dei diritti costituzionali concernenti l’eguaglianza di dignità e di opportunità e la lotta contro ogni forma di discriminazione, per qualsiasi causa, di cittadini italiani.
A partire dall’anno 2001, tale finanziamento è a carico del Fondo nazionale per le politiche sociali previsto dall’articolo 59 della legge finanziaria 1998, poi confluito nel Fondo disciplinato dalla legge 328/2000 (su cui vedi infra).
Alcune disposizioni contenute nella legge 23 dicembre 1998, n. 448 (legge finanziaria 1999) meritano di essere segnalate per le loro ripercussioni sulla categoria dei minorati della vista e sull’attività associativa.
In primo luogo, vanno indicati i commi 6 e 7 dell’articolo 22, contenenti disposizioni in materia di assunzione di personale nei pubblici uffici. Le disposizioni in parola hanno rappresentato una decisiva affermazione dei principi da lungo tempo sostenuti dall’Unione in merito al dettato delle norme in tema di applicazione delle leggi speciali per i lavoratori non vedenti. Esse, infatti, affermano testualmente che le assunzioni di personale non vedente, quale centralinista telefonico, massofisioterapista o insegnante, non possono subire alcun blocco o limitazione sia nelle pubbliche amministrazioni, sia nelle aziende private. Inoltre, viene specificato che l’applicazione della legge 113/85 vale anche per gli enti locali, nelle cui piante organiche è previsto il posto di centralinista telefonico.
In materia di istruzione sono intervenuti gli articoli 26 e 27. Il primo di essi, fra l’altro, ha modificato in maniera sensibile il regime delle utilizzazioni degli insegnanti, abrogando l’articolo 456 del Testo Unico sull’istruzione, con conseguenze negative su enti come l’Unione che si troveranno sprovvisti nei prossimi anni dell’apporto di tale personale; mentre il secondo ha previsto uno stanziamento di 200 miliardi per la fornitura gratuita di libri di testo agli studenti della scuola dell’obbligo, se questi rientreranno in determinate condizioni reddituali definite con apposito decreto ministeriale.
L’articolo 37 ha dettato ulteriori norme di razionalizzazione in materia di verifiche sull’invalidità civile, nell’ambito dell’offensiva contro i falsi invalidi attraverso controlli sempre più rigidi. La norma ha stabilito che, qualora l’invalido titolare di un trattamento assistenziale non si presenti alla visita medica di verifica, il trattamento sarà immediatamente sospeso e il provvedimento di sospensione diventerà definitivo dopo 90 giorni dalla notifica e in ogni caso in cui l’interessato non fornisca giustificati motivi circa la sua mancata presentazione alla visita stessa. Comunque, le norme in questione hanno evitato agli interessati di dover pagare eventuali interessi su ratei di pensione od indennità indebitamente percepiti.
Un’altra importante disposizione contenuta nella legge finanziaria, poi confluita nel Testo Unico che ha racchiuso le norme in materia di semplificazione amministrativa, è quella contenuta nell’articolo 39.
Secondo questo articolo gli handicappati riconosciuti ai sensi dell’articolo 3 della legge 104/92 possono attestare mediante autocertificazione l’esistenza delle condizioni personali previste dalla legge ai fini della concessione di benefici economici, prestazioni sanitarie, agevolazioni fiscali e di ogni altra utilità erogata da soggetti pubblici o da soggetti privati esercenti pubblici servizi.
L’articolo 41, inoltre, ha previsto alcune agevolazioni tariffarie, sotto forma di contributo speciale, per la spedizione postale di pubblicazioni, con particolare riferimento a giornali, libri o periodici editi da organizzazioni senza fine di lucro. L’Unione, in qualità di ONLUS-APS, è stata compresa nel decreto ministeriale che ha stabilito i requisiti dei soggetti che possono beneficiare di detto contributo.
Nel capo destinato alle misure in materia di politiche sociali e del lavoro, la legge finanziaria ha previsto, fra l’altro, un aumento di 100.000 lire per le pensioni e gli assegni sociali esteso, oltre che agli invalidi civili, anche ai ciechi civili con età pari o superiore a 65 anni, in base alle regole di computo e ai requisiti di reddito personale previsti per gli altri soggetti beneficiari.
Nell’ambito delle norme in materia sanitaria, infine, l’articolo 68 ha abolito per gli assistiti esenti dal ticket (come i ciechi assoluti) la quota fissa per le ricette per le prescrizioni di esami diagnostico-strumentali, di laboratorio o di prestazioni specialistiche ambulatoriali. Tale esenzione vale anche per le medesime prestazioni effettuate con la partecipazione al costo.
La legge in esame è andata ad integrare gli articoli 13 e 16 della nota legge 104/92, in materia di diritto allo studio universitario degli studenti portatori di handicap.
In tale provvedimento vengono garantiti agli studenti handicappati i sussidi tecnici e didattici specifici, nonché servizi di tutorato specializzato organizzati dalle varie Università, sia per lo studio che per lo svolgimento delle prove di esame, mediante l’eventuale previsione di prove equipollenti.
A seguito di tali innovazioni, si sono susseguiti numerosi contatti tra le varie istituzioni universitarie e le associazioni dei disabili (tra le quali, in prima fila, l’U.I.C.), per definire nel dettaglio le tipologie di servizi di cui possono beneficiare gli studenti portatori di handicap fisico, psichico o sensoriale, cercando di omogeneizzare, per quanto possibile, la situazione lungo tutto l’arco del territorio nazionale.
Una delle più grandi novità del 1999 in campo legislativo, della quale si parla anche nella sezione dedicata al Lavoro, è stata, senza dubbio, la legge n. 68, che ha apportato sensibili modifiche al sistema del collocamento delle persone portatrici di handicap.
Sulla scorta dell’esperienza acquisita, che aveva sancito un sostanziale fallimento del sistema precedente basato sulla nota legge 482/68, il legislatore, nel creare la nuova disciplina, ha avuto di mira obiettivi e strumenti diversi, in particolare il lavoro come strumento di integrazione e coesione sociale. Si è prefisso, in primo luogo, di attivare un sistema di collocamento più moderno, in grado di legare occupazione e formazione professionale, incoraggiando le aziende anche attraverso incentivi ed agevolazioni; in secondo luogo si è voluto creare un sistema di inserimento mirato (peraltro da sempre utilizzato per i lavoratori ciechi), e quindi tendenzialmente non assistenziale, che abbia come scopo quello di collocare ciascuno al posto adatto a fargli esprimere al massimo le proprie potenzialità lavorative.
La sostanza di questa nuova normativa che comporta un radicale cambiamento di prospettiva, per cui non si considera più tanto l’invalidità di un soggetto quanto piuttosto le sue residue capacità lavorative dovrebbe, quindi, essere una reale attuazione di tutti quei principi che sottendono al concetto di collocamento "mirato" di ogni portatore di handicap, basato su un preventivo intervento d’équipe che operi un monitoraggio adeguato delle aziende e dei lavoratori volta per volta disponibili e che, dopo aver formato il lavoratore, nel senso di avergli garantito una specializzazione o, comunque, una professionalizzazione delle sue mansioni, sia in grado di mettere in contatto il datore di lavoro (pubblico o privato) con il disabile, attraverso un efficiente sistema di collegamento fra domanda ed offerta di lavoro, con la più alta probabilità di buon esito del collocamento.
Tale è la portata e l’ampiezza di questa legge che non possono mancare alcuni dubbi interpretativi di fondo legati alla sua concreta attuazione. Uno dei maggiori interrogativi, di carattere generale, riguarda la difficile applicazione del dettato della legge 68/99 nel suo complesso, anche per il notevole carico di adempimenti cui lo Stato e, soprattutto, le Regioni saranno chiamati a far fronte in materia di erogazione di servizi per l’inserimento lavorativo e la formazione dei disabili. Infatti, gli uffici competenti, regionali e provinciali, vale a dire, soprattutto, i centri per l’impiego di nuova costituzione, che stanno già scontando gravi ritardi nell’applicazione a livello locale del decentramento previsto nella riforma del collocamento, dovranno essere in grado di provvedere anche al collocamento mirato. Di conseguenza, le strutture locali dovranno confrontarsi non solo con la competizione che verrà dal settore privato secondo l’applicazione della recente direttiva UE che prevede una generale liberalizzazione del mercato del lavoro ma anche misurarsi con l’assolvimento della funzione sociale di valutare le capacità lavorative dei disabili, analizzare i posti di lavoro e provvedere al collocamento mirato con progetti personalizzati. Si spera che questi traguardi possano essere raggiunti in tempi ragionevoli.
Comunque, in massima sintesi, il nuovo sistema del collocamento obbligatorio è organizzato come segue.
Salve ben precise e delimitate eccezioni precisate con norme regolamentari, tutti i datori di lavoro pubblici e privati devono assumere: un numero di lavoratori disabili pari al 7% dei lavoratori occupati se hanno più di 50 dipendenti; 2 lavoratori disabili se occupano da 36 a 50 dipendenti; 1 lavoratore disabile se occupano da 15 a 35 dipendenti questi ultimi, però, solo in caso di nuova assunzione.
Nell’ambito dei criteri di computo dei dipendenti, vanno segnalati il principio che per i lavoratori l’infortunio sul lavoro o la malattia professionale non costituiscono di per sé giusta causa di licenziamento, se questi ultimi possono essere adibiti a mansioni equivalenti o, in mancanza, anche inferiori e il principio che i lavoratori che divengono inabili non possono essere computati nella quota di riserva, se hanno subito una riduzione della capacità lavorativa inferiore al 60%, o se sono divenuti inabili a causa di inadempimenti del datore di lavoro delle norme in materia di sicurezza ed igiene del lavoro.
La legge individua, poi, espressamente i soggetti che sono destinati a gestire i servizi per l’inserimento lavorativo dei disabili, vale a dire i nuovi centri per l’impiego, istituiti ed organizzati su base provinciale da leggi regionali, secondo quanto disposto dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 che attua una delle deleghe più importanti conferite dalla prima legge Bassanini (59/97) sul decentramento amministrativo in materia di servizi per l’occupazione e che la legge va espressamente a modificare all’articolo 6, introducendovi una normativa di collegamento con il sistema del collocamento obbligatorio. Saranno, dunque, questi nuovi "uffici competenti", come li definisce la legge 68/99, proprio all’articolo 6, e non più le strutture del Ministero del Lavoro, a gestire, oltre al normale collocamento al lavoro, anche la programmazione e l’attuazione degli interventi volti a favorire l’inserimento lavorativo mirato dei disabili, nonché la tenuta delle liste, il rilascio delle autorizzazioni e degli eventuali esoneri o compensazioni territoriali, la stipula di convenzioni. L’organizzazione amministrativa e le modalità di esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti a tali organismi saranno disciplinate da leggi regionali e coordinate e verificate da una commissione regionale; a livello provinciale opererà una commissione per le politiche del lavoro che andrà a sostituire gli attuali organismi provinciali, nell’ambito della quale la nuova legge 68/99 prevede l’istituzione di un comitato tecnico, composto da funzionari ed esperti medico-legali, che avrà il compito precipuo di valutare le residue capacità lavorative dei disabili da collocare, definire gli strumenti e le prestazioni atti all’inserimento lavorativo, nonché predisporre controlli periodici sulla permanenza delle condizioni di inabilità.
Le nuove modalità dell’avviamento al lavoro possono così schematizzarsi.
I datori di lavoro devono fare richiesta di avviamento agli uffici competenti (vale a dire i centri per l’impiego a livello provinciale). Le richieste sono nominative per le piccole imprese (da 15 a 35 dipendenti), per i partiti politici, per le organizzazioni sindacali e sociali; per il 50% delle assunzioni delle medie imprese (da 36 a 50 dipendenti) e per il 60% delle grandi imprese (oltre 50 dipendenti). Per i datori di lavoro pubblici si confermano le assunzioni per concorso, a proposito delle quali va segnalata l’introduzione di un principio di fondamentale importanza che dovrebbe servire a chiarire numerose situazioni controverse presentatesi anche di recente: quello secondo il quale i disabili possono partecipare a tutti i concorsi per il pubblico impiego anche se non versano in stato di disoccupazione e anche oltre il limite dei posti ad essi riservati nel concorso. Viene anche confermato e generalizzato l’altro principio secondo il quale devono essere previste nei bandi delle speciali modalità di svolgimento delle prove di esame per garantire la par condicio (tale principio, in realtà, estende le norme già contenute nell’articolo 20 della legge 104/92, anticipate dalle disposizioni contenute nella legge 113/85, articolo 7, comma 3).
Presso i medesimi uffici competenti è istituito un elenco con unica graduatoria dei disabili disoccupati. La graduatoria sarà stilata applicando i criteri e le modalità di valutazione stabiliti dalle varie Regioni sulla base dei principi di un atto unico di indirizzo e coordinamento emanato dalla Presidenza del Consiglio nel gennaio 2000.
A latere rispetto a questo sistema di assunzioni, che già si discosta rispetto al precedente, sia per i soggetti impegnati che per le modalità utilizzate, viene anche prevista la possibilità di usare un nuovo strumento operativo, vale a dire di stipulare delle convenzioni tra uffici competenti e datori di lavoro, per concordare tempi e modalità di assunzioni (comprese scelte nominative, tirocini di formazione, contratti a termine, periodi di prova più lunghi).
È stato anche inasprito notevolmente l’apparato sanzionatorio, nell’ambito del quale, oltre alle sanzioni di ordine economico, si ricorda quella in base alla quale le imprese, sia pubbliche che private, che non potranno certificare di essere in regola con le nuove norme che disciplinano le assunzioni obbligatorie (compresa la certificazione degli uffici competenti), non potranno intrattenere rapporti con le pubbliche amministrazioni, compresi bandi per appalti pubblici o convenzioni e concessioni.
I lavoratori non vedenti sono espressamente presi in considerazione in alcune specifiche norme che andranno a rivestire un’importanza decisiva per la loro integrazione lavorativa.
L’azione dell’U.I.C., che è sfociata nell’accoglimento di alcuni importanti emendamenti alla legge 68/99, si è trovata ad operare in un quadro di tendenze riformatrici molto ben definite ed ha, di conseguenza, mirato soprattutto a salvaguardare i diritti acquisiti dai lavoratori ciechi (e contenuti essenzialmente nella legislazione speciale), avendo cura di intervenire in modo da non stravolgere il tessuto normativo, ma facendo valere l’importanza della specificità dei vari tipi di handicap, fisico, psichico e sensoriale.
Infatti, già all’articolo 1 la legge, dopo avere indicato quali sono le categorie di invalidi che beneficiano del collocamento obbligatorio, tra le quali vi è anche quella delle "persone non vedenti", specifica che "agli effetti della presente legge si intendono per non vedenti coloro che sono colpiti da cecità assoluta o hanno un residuo visivo non superiore ad 1/10 ad entrambi gli occhi, con eventuale correzione". Tale precisazione, che ricalca il dettato dell’articolo 6 della legge 482/68, costituisce un essenziale punto di riferimento normativo per l’applicazione anche di ulteriori norme a favore dei non vedenti.
Il medesimo articolo 1, poi, fa espressamente salve tutte le leggi speciali attualmente in vigore per i centralinisti, i massaggiatori e massofisioterapisti, i terapisti della riabilitazione e per gli insegnanti che hanno da sempre provveduto a garantire un collocamento "mirato", secondo lo stesso spirito della legge 68/99, anticipandolo di molti anni.
A tale proposito va ricordata anche la norma di raccordo contenuta nel comma 7 dell’articolo 3, che stabilisce che i lavoratori non vedenti, assunti in base alle leggi 686/61, 113/85 e 29/94, sono computati nella quota di riserva.
Un’altra norma che schiude grandi possibilità ad enti o istituti che si occupano di formazione come l’I.Ri.Fo.R. è contenuta nel comma 6 dell’articolo 4 che prevede che le regioni, ai fini dell’inserimento mirato dei lavoratori disabili, possono autorizzare e finanziare attività di riqualificazione professionale presso le aziende, oppure affidarne lo svolgimento su convenzione ad associazioni di tutela e rappresentanza di cui all’articolo 115 del D.P.R. 616/77 (come l’U.I.C.) che abbiano adeguate competenze tecniche, risorse e disponibilità o agli istituti che siano di esse emanazione, nonché ai soggetti indicati nell’articolo 18 della legge 104/92 (essi sono: enti, istituzioni, cooperative sociali, di lavoro, di servizi, centri di lavoro guidato, associazioni ed organizzazioni di volontariato che svolgono attività idonee a favorire l’inserimento e l’integrazione lavorativa di persone handicappate).
Nell’ambito di questo importante provvedimento (cosiddetto "collegato ordinamentale" alla legge finanziaria 1999) in materia di lavoro e previdenza, va sottolineata, per quanto attiene più specificamente i lavoratori non vedenti, la norma contenuta nell’articolo 45, comma 12, che è il frutto di una azione di proposta e stimolo che da anni l’Unione Italiana dei Ciechi sta portando avanti per abbattere le barriere professionali che finora hanno limitato la figura del centralinista telefonico, impedendogli sia l’arricchimento professionale sul piano del contenuto delle mansioni, sia lo sviluppo di carriera in posizioni di maggior responsabilità.
La norma in questione ha, infatti, delegato il Ministro del Lavoro ad individuare le qualifiche equipollenti a quella di centralinista telefonico, idonee al collocamento dei lavoratori non vedenti. Del decreto attuativo di tale disposizione si riferisce nella sezione della relazione dedicata al lavoro.
Questo provvedimento è esaminato più approfonditamente nella parte della presente relazione dedicata all’Organizzazione.
Tra le disposizioni fiscali o assistenziali di carattere generale contenute nella legge 23.12.1999, n. 488 (legge finanziaria 2000) e nel relativo collegato di cui alla legge 21.11.2000, n. 342, una in particolare merita di essere segnalata per le sue ripercussioni sulla categoria dei minorati della vista e sull’attività associativa.
Infatti l’articolo 6, comma 1, della legge finanziaria, successivamente integrato e modificato dall’articolo 50 della legge 342/2000, giunto a coronamento di una lunga e costante attività di pressione da parte dell’Unione, è venuto a colmare in maniera definitiva una lacuna ordinamentale, consistente in una evidente disparità di trattamento creatasi tra i non vedenti e le altre categorie di invalidi, allorché una interpretazione restrittiva dell’articolo 8 della legge 449/97, operata dal Ministero delle Finanze, limitava solo ai possessori di patente speciale le agevolazioni fiscali previste in origine dalla manovra finanziaria 1999 per tutti i mezzi necessari all’accompagnamento.
In un primo tempo, la manovra finanziaria 2000 ha provveduto ad estendere le agevolazioni in materia di imposta sui redditi anche alle spese sostenute per i mezzi necessari per la locomozione dei non vedenti, ivi compresi i cani guida, e, successivamente, la legge 342/2000 si è pronunciata in materia di IVA e di tasse automobilistiche.
Delle agevolazioni fiscali nei confronti dei non vedenti ora in vigore si riferisce nel dettaglio nella sezione dedicata all’assistenza.
Un’altra norma di particolare rilevanza contenuta nella manovra finanziaria è l’articolo 69 della legge 342/2000 che, nell’ambito di un più vasto riordino della normativa fiscale in materia di successioni e donazioni, ha elevato l’importo della franchigia, prevista per ciascun beneficiario nella somma di 350 milioni, a un miliardo di lire nel caso di minori di età e di portatori di handicap riconosciuti in situazione di gravità ai sensi della legge 104/92. La franchigia verrà aggiornata ogni quattro anni, avuto riguardo all’indice del costo della vita.
Fra le numerose novità introdotte da questo provvedimento legislativo in materia di tutela del nucleo familiare dei lavoratori in generale, ve ne sono alcune che concernono direttamente i portatori di handicap e, quindi, anche i ciechi e gli ipovedenti.
In particolare, gli articoli 19 e 20 della legge vanno ad apportare alcune modifiche all’articolo 33 della legge-quadro in materia di handicap (legge 104/92). Viene, in primo luogo, introdotta una contribuzione figurativa ai fini previdenziali in favore dei soggetti che usufruiscono dei permessi previsti in detto articolo, che vengono, in tal modo, ad avere sotto il profilo previdenziale la stessa tutela prevista per i periodi di astensione facoltativa dal lavoro, con una piena e assoluta copertura previdenziale. In secondo luogo, viene estesa la possibilità di scelta della sede di lavoro più vicina al proprio domicilio per il lavoratore che assista con continuità un parente o affine portatore di handicap grave, eliminando la dizione precedente che limitava tale diritto solo a coloro che convivevano con il predetto familiare. Viene, infine, precisato definitivamente che la fruizione dei permessi ad ore o a giorni può essere solo alternativa, fugando ogni dubbio interpretativo sul punto. La legge precisa, poi, che tutti i benefici previsti dal predetto articolo 33 della legge 104/92 vengono applicati anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto, nonché ai genitori e familiari lavoratori che assistano con continuità e in via esclusiva un parente o affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente.
Inoltre, sono disciplinati dalla legge i permessi cui hanno diritto la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre di minore con handicap in situazione di gravità (anche se adottivo), prevedendo un prolungamento sino a tre anni del periodo di astensione facoltativa dal lavoro, già previsto dalla legge 1204/71. Qualora i genitori non intendano avvalersi di tale beneficio, possono fruire, alternativamente, di un permesso retribuito di due ore giornaliere, sempre sino al compimento dei tre anni di età da parte del bambino. Successivamente a tale limite, è, invece, stabilito il diritto di usufruire di tre giorni di permesso mensili.
Infine, viene prevista la possibilità per i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, di usufruire di un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni, per gravi e documentati motivi familiari, tra i quali, secondo il regolamento applicativo (D.M. 21.7.2000, n. 278) rientrano anche le situazioni che comportano un impegno particolare nella cura o nell’assistenza di un proprio familiare, che soffra di determinate patologie. Durante tale congedo, il dipendente mantiene il posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione, ma può procedere al riscatto ai fini previdenziali, ovvero procedere al versamento dei relativi contributi, secondo i principi della contribuzione volontaria.
Al riguardo, va ricordato che tutte le norme in materia di congedi parentali sono state in seguito raccolte in un Testo Unico approvato con decreto legislativo 26.3.2001, n. 151.
Come riferito anche nella parte della presente relazione dedicata al settore istruzione, è questo uno dei provvedimenti legislativi sui quali si è maggiormente concentrata l’azione dell’Unione, lungo tutto il suo faticoso iter parlamentare, trattandosi di disposizioni che toccano in prima persona gli alunni con deficit sensoriali e, quindi, anche i ciechi e gli ipovedenti.
In applicazione di quanto previsto nell’articolo 10 della legge 59/97 (la c. d. "Bassanini"), e nel quadro della più ampia riforma in atto nel mondo della scuola, viene prevista una completa riforma delle scuole e degli istituti a carattere atipico, fra i quali anche quelli destinati agli studenti ciechi, destinati a supportare il funzionamento delle istituzioni scolastiche autonome.
Parte delle risorse stanziate dalla legge (in tutto, più di 25 miliardi per il 2000 e più di 21 a partire dal 2001, in aggiunta a quelle già destinate all’integrazione scolastica) viene destinata alla realizzazione degli interventi demandati a tali istituti, compresi corsi di alta qualificazione dei docenti, mentre il resto (il 45%) è devoluto, fino all’entrata in funzione di detti istituti, ad altri interventi in favore di alunni in situazione di handicap, con particolare attenzione per quelli con handicap di tipo sensoriale. Tali fondi saranno dedicati alla predisposizione di progetti di integrazione scolastica degli alunni e di formazione del personale docente, tenuto conto anche delle possibilità offerte da sperimentazioni dell’autonomia didattica ed organizzativa. Sono previste anche convenzioni da parte delle varie istituzioni scolastiche che attuano tali progetti con istituti specializzati nello studio e nella cura di specifiche forme di handicap.
La legge è ancora in attesa del regolamento attuativo, tutt’ora in corso di esame da parte degli organi competenti, che dovrà prevedere nel dettaglio le modalità organizzative e di funzionamento di tali istituti.
La legge in questione si propone di dettare una disciplina organica di quelle associazioni che svolgono attività di promozione sociale senza finalità di lucro, come l’Unione Italiana dei Ciechi, nell’intento di valorizzarne il cospicuo lavoro svolto in favore di soggetti in situazione di disagio sociale, regolandone il rapporto con le istituzioni sia a livello nazionale che a livello locale. Allo stesso tempo la legge intende disciplinare l’attività di questi soggetti e ampliare, riconoscere e sollecitare la pluralità di forme e di presenze associative in progressivo aumento per valorizzare un fondamentale canale di partecipazione popolare e di cittadinanza attiva. A tale scopo è prevista l’attivazione di meccanismi di sostegno finanziario e di servizi a favore di enti che contribuiscono alla realizzazione del principio costituzionale della partecipazione dei cittadini all’organizzazione politico-sociale del paese, in un quadro di collaborazione con le istituzioni pubbliche operanti nel settore.
La disciplina prevede alcuni requisiti fondamentali per la costituzione di tali entità associative, tra i quali l’assenza di fini di lucro e un ordinamento interno ispirato a principi democratici. Vengono anche esplicitamente indicate le diverse fonti di finanziamento e le modalità di iscrizione negli appositi Registri nazionali istituiti presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Inoltre, in analogia con quanto già previsto dalla legge 266/91 in materia di volontariato, vengono disciplinate l’istituzione, la composizione, il funzionamento e le attribuzioni dell’Osservatorio nazionale dell’associazionismo che, fra l’altro, dovrà sostenere iniziative di formazione e aggiornamento, nonché approvare progetti sperimentali per far fronte a particolari situazioni di emergenza.
Viene anche previsto un regime fiscale di favore sia in materia di prestazioni dirette agli associati, sia in materia di erogazioni liberali, tributi locali e accesso a finanziamenti agevolati. Una particolare tipologia di convenzioni con le autorità competenti servirà a garantire l’esistenza delle condizioni necessarie a svolgere con continuità l’attività di promozione sociale previste negli statuti.
Anche tra le disposizioni fiscali o assistenziali di carattere generale contenute nella legge finanziaria 2001 alcune meritano di essere segnalate per le loro ripercussioni sulla categoria dei minorati della vista e sull’attività associativa in generale.
Andando per ordine, l’articolo 2, nell’ambito della proroga anche per il 2001 della detrazione IRPEF del 36% per interventi di ristrutturazione immobiliare, dispone che tale norma si applica anche a tutti quegli interventi destinati all’eliminazione delle barriere architettoniche, compresi gli eventuali strumenti, anche tecnologici, che possano favorire la mobilità interna ed esterna dei soggetti portatori di handicap. In merito all’applicazione di questa norma, è stato, poi, illustrato nel dettaglio il contenuto dei chiarimenti forniti da parte dell’Agenzia delle Entrate del Ministero delle Finanze, con circolare 6.2.2001 n. 13/E.
L’articolo 7, fra gli incentivi occupazionali, prevede un particolare credito di imposta a favore di quei datori di lavoro che assumano, fra gli altri, anche soggetti portatori di handicap, individuati ai sensi della legge 104/92.
In materia di IVA agevolata, come già specificato in precedenza, oltre all’ampliamento della normativa in materia di acquisto di veicoli a favore di tutti i soggetti handicappati, viene prevista, all’articolo 31, una estensione dell’aliquota al 4% anche ai giornali, notiziari, quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, libri, periodici in scrittura braille e su supporti audio-magnetici per non vedenti ed ipovedenti, nonché alle prestazioni relative al loro montaggio e duplicazione. Altre agevolazioni fiscali sono previste, dall’articolo 81, anche per l’acquisto di autocaravan destinati alla locomozione di disabili.
Quanto agli interventi in materia previdenziale e sociale, contenuti negli articoli 68 e seguenti, vanno segnalati gli interventi di maggiorazione delle pensioni ed assegni sociali, di importi vari a seconda dell’età dei beneficiari, nonché le ulteriori maggiorazioni a favore dei trattamenti assistenziali, con particolare riferimento alla corresponsione di un aumento di 20.000 lire mensili sulle pensioni e assegni di invalidità a favore di invalidi civili, ciechi civili e sordomuti, con età inferiore a 65 anni, se in possesso delle medesime condizioni reddituali previste in materia di assegno sociale. A tale proposito, va anche citato il potenziamento del fondo destinato a finanziare l’aumento delle provvidenze economiche previste per i ciechi "ventesimisti" (su cui cfr. infra) da 66 ad 87 miliardi di Lire.
Per quanto concerne le politiche sociali, la legge finanziaria stanzia, fra l’altro, nuove risorse al fine del perseguimento dell’attuazione sperimentale dell’istituto del reddito minimo di inserimento fino a tutto il 2002 e, in più, istituisce un nuovo tipo di congedo retribuito per motivi straordinari a parziale modifica di quello, prima descritto, e previsto dalla legge 53/2000. Tale congedo, di durata massima di due anni, potrà essere fruito alternativamente, in maniera sia continuativa che frazionata, dai genitori lavoratori, anche se adottivi, conviventi da almeno cinque anni con soggetti portatori di handicap in situazione di gravità. Tutto il periodo relativo sarà coperto da contribuzione figurativa.
Come si precisa in seguito nella sezione dedicata alla pensionistica, viene anche prevista la possibilità per le Regioni, titolari della potestà concessiva dei trattamenti di invalidità civile, di demandare tale compito all’I.N.P.S., a seguito di apposita stipula di specifici accordi. Tali accordi potranno, tra l’altro, definire i rapporti conseguenti all’eventuale estensione della potestà concessiva ai benefici aggiuntivi disposti dalle medesime regioni con risorse proprie.
Inoltre, il Fondo nazionale per le politiche sociali viene incrementato, al fine di migliorare i servizi di assistenza telefonica e domiciliare agli anziani, con la partecipazione di associazioni di volontariato ed altri organismi senza scopo di lucro con comprovata esperienza nel settore. Altri fondi sono espressamente destinati alle famiglie con una o più persone anziane titolari dell’indennità di accompagnamento, totalmente immobili e bisognose di assistenza continuativa.
Un ulteriore incremento di fondi, pari a 100 miliardi, è previsto per la sovvenzione di un programma di interventi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità rimasti privi dei familiari che prestavano loro assistenza.
Infine, viene prevista una totale equiparazione degli stranieri, titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, in materia di tutte quelle prestazioni sociali che, in base alle norme vigenti, costituiscono diritti soggettivi.
Particolarmente intensa è stata anche l’attività svolta dall’Unione in relazione a questa legge, che istituisce per la prima volta un servizio civile nazionale, al fine di soddisfare l’esigenza avvertita presso l’opinione pubblica di una più mirata disciplina di questo importante istituto che, oltre a novellare la legge 8 luglio 1998, n. 230 in materia di obiezione di coscienza, introduce nuovi provvedimenti finalizzati a consentire lo sviluppo di politiche sociali più moderne e rispondenti alle necessità dell’individuo e della collettività.
Esso rappresenta, inoltre, uno strumento finalizzato a colmare i vuoti che inevitabilmente si creeranno nel servizio civile dopo la sospensione del servizio di leva obbligatorio, con cui esso è attualmente in stretta connessione, stabilita dalla recente legge 331/2000 che istituisce il servizio militare professionale.
L’opera dell’U.I.C., insieme a quelle di altri operatori del terzo settore, è riuscita a far riconoscere che il principio di solidarietà sociale può e deve rappresentare uno dei cardini fondamentali della nuova disciplina, finalizzata, in ossequio al principio enunciato nell’articolo 3 della Costituzione, alla rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza tra i cittadini.
La legge è divisa in tre capi: il Capo I contiene le disposizioni relative all’istituzione del servizio civile nazionale che sarà organizzato su base esclusivamente volontaria dopo la sospensione del servizio di leva obbligatorio; il Capo II disciplina la gestione ed il funzionamento del servizio civile nel periodo transitorio; il Capo III prevede le norme finanziarie e finali.
Nel periodo successivo alla piena attuazione della riorganizzazione del reclutamento da parte delle Forze armate, si prevede un servizio civile esclusivamente volontario, articolato in progetti di chiara utilità sociale e alimentato con risorse derivanti dal bilancio dello Stato e da altre fonti pubbliche e private, con modalità organizzative definite nei decreti legislativi che il Governo dovrà emanare entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame.
Nel periodo transitorio, invece, si prevede di mantenere il quadro disegnato dalla legge 230/1998, con una accentuazione sul carattere progettuale del servizio civile, una apertura alla partecipazione al servizio, a titolo volontario, delle ragazze e dei giovani dichiarati inabili al servizio di leva e un ampliamento delle ipotesi di svolgimento del servizio civile all’estero.
Di particolare rilievo, per la riuscita di questa nuova disciplina, saranno la determinazione dei trattamenti giuridici ed economici dei volontari in servizio civile, in armonia con quanto previsto per il personale militare volontario in ferma annuale e nei limiti delle disponibilità finanziarie, nonché i benefici non economici funzionali all’incentivazione al servizio civile e all’ingresso nel mondo del lavoro.
Questo provvedimento di legge interessa da vicino il campo di attività in cui tradizionalmente l’Unione Italiana dei Ciechi è chiamata ad operare, dal momento che prevede una revisione della legislazione vigente in materia di compiti e finanziamento degli istituti di patronato e di assistenza sociale.
I principali punti qualificanti di tale legge, intesa a riunificare ed aggiornare in un unico contesto legislativo tutta la normativa attuale, nonché a recepire istanze ed indicazioni per il superamento di talune difficoltà attuative emerse dalla medesima, si possono riassumere nei seguenti punti:
Scopo precipuo dell’attività parlamentare svolta in materia dall’U.I.C., attraverso la presentazione di opportuni emendamenti, è stato quello di impedire che tale normativa andasse ad interferire con le prerogative riconosciute dalla legge e con l’attività delle associazioni che storicamente operano nel settore dell’assistenza in rappresentanza dei cittadini che si trovano in condizioni di disagio sociale, tra i quali rientrano, ovviamente, anche i portatori di handicap.
A tale proposito, inoltre, si devono ricordare altre iniziative dell’Unione, prese di comune accordo con la FAND, miranti ad introdurre una specifica correlazione con il dettato della legge 328/2000 di riforma dello stato sociale (già esaminata nella parte dedicata all’Organizzazione), che riconosce espressamente l’importanza del bagaglio di esperienza degli operatori del terzo settore, primi fra tutti quelli cui la legge affida espressamente la difesa dei diritti e degli interessi dei portatori di handicap, come, per i ciechi, l’U.I.C.
Come è noto, questo importante provvedimento di legge, proposto e attivamente sostenuto dall’Unione durante tutta la passata legislatura, ha previsto un congruo aumento dell’indennità speciale goduta dai ciechi parziali c. d. "ventesimisti", cioè a favore di coloro che abbiano un residuo visivo non superiore ad 1/20 in entrambi gli occhi con eventuale correzione. A partire dal 1° gennaio 2002, tale indennità sarà infatti di lire 215.730 mensili e sarà adeguata con periodicità annuale con le modalità ed i criteri fissati dall’articolo 3, comma 4, della legge 21.11.1988, n. 508.
Un altro grande risultato raggiunto dall’azione parlamentare dell’Unione è stata la definitiva approvazione di questa iniziativa legislativa volta ad introdurre nell’ordinamento giuridico nuove modalità di classificazione e quantificazione delle ridotte funzioni visive, dal momento che si era venuto a creare un certo divario tra le definizioni dei vari gradi di handicap visivo contenute nella vigente legislazione speciale e le classificazioni utilizzate dalla medicina oculistica, sia in campo nazionale che internazionale.
Infatti, l’inquadramento dei "privi della vista" adottato fino ad oggi dalla legislazione italiana (in particolare dalla legge 382/70, che distingue ciechi totali o equiparati e ciechi parziali con diverso residuo visivo) risultava di fatto superato nella terminologia e, soprattutto, incompleto, in quanto non prendeva in considerazione categorie di minorati visivi sicuramente bisognose di riconoscimento, indipendentemente dalla eventuale erogazione in loro favore di prestazioni economiche.
Con questo provvedimento viene introdotta per la prima volta nell’ordinamento italiano una precisa definizione giuridica della categoria degli ipovedenti, cioè di quei soggetti con un visus residuo da 1/10 a 3/10 e con minorazioni visive periferiche, che necessitavano di un riconoscimento della loro disabilità. Inoltre, il danno della acutezza visiva viene espresso non solo in decimi, ma anche in residuo perimetrico percentuale, con riferimento, anche in questo caso per la prima volta, al danno del campo visivo.
Va precisato che la classificazione elaborata in questa legge non comporta alcuna modificazione alla normativa concernente le prestazioni di natura economico-assistenziale che rimangono disciplinate dalle norme speciali esistenti.
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