BRAILLE: UNA RIVOLUZIONE

PROF. FREDRIC K. SCHROEDER

DIRETTORE GENERALE

DELL’UFFICIO SERVIZI PER LA RIABILITAZIONE

MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE DEGLI STATI UNITI

10 ottobre 1997

A mio giudizio, il termine più appropriato per descrivere il rinnovato interesse mondiale di cui gode il Braille è rivoluzione. In realtà, il concetto di rivoluzione del Braille ci porta a discutere della rivoluzione che dovranno compiere i ciechi per raggiungere un’autentica uguaglianza sociale. Se la cecità viene considerata ancora come una pura e semplice forma di handicap, e sfortunatamente credo così sia, allora diventa opportuno, anzi essenziale, che i non vedenti cerchino di ottenere l’uguaglianza mediante una rivoluzione sociale.

Ma cos’è una rivoluzione sociale per i ciechi e in che modo è legata al Braille? Con il termine rivoluzione si intende un cambiamento nell’ordine sociale dominante, totalmente diverso dal cambiamento evolutivo che avviene naturalmente nel corso del tempo. Il termine rivoluzione implica un cambiamento repentino o inatteso, un radicale mutamento del sistema vigente. Una rivoluzione sociale, pertanto, va al di là del faticoso progredire dei non vedenti verso l’accettazione sociale. Per noi ciechi, una rivoluzione sociale implica la netta e immediata affermazione della nostra fondamentale uguaglianza, affinché la società riconosca infine che i non vedenti sono in grado di competere con i vedenti su un piano di sostanziale uguaglianza. Il segno più evidente di questa rivoluzione sociale per i ciechi è costituito dal rinnovato utilizzo del Braille in tutto il mondo.

L’utilità e l’importanza del Braille risultano evidenti e facilmente comprensibili. Grazie al Braille, i ciechi possono apprendere a leggere e scrivere, potendo condurre un vita normale e produttiva. La capacità di leggere e scrivere consente al non vedente di stabilire rapporti egualitari con i vedenti, e in ultima analisi lo rende libero.

In linea generale, la società moderna riconosce l’importanza dell’alfabetizzazione. Abbiamo compreso finalmente che il nostro futuro sociale ed economico dipende in gran parte dal livello culturale della società. Il livello culturale delle popolazione, tuttavia, deve essere ancora migliorato. Un recente studio internazionale sull’alfabetizzazione ha rivelato che nei paesi industrializzati almeno un quarto dei lavoratori non ha raggiunto un livello culturale che consenta loro di migliorare la propria condizione e avanzare professionalmente. Negli Stati Uniti, abbiamo recentemente condotto un’Indagine Nazionale sull’Alfabetizzazione degli Adulti (National Adult Literacy Survey), grazie al sostegno del Ministero della Pubblica Istruzione degli Stati Uniti, che ha consentito di tracciare il quadro più dettagliato finora disponibile sul livello di alfabetizzazione raggiunto negli Stati Uniti. L’indagine ha dimostrato che il 21-23% (ossia 40-44 milioni su 181 milioni di adulti) si attesta sui livelli più bassi di alfabetizzazione. Naturalmente, diversi fattori contribuiscono ad aggravare questo problema. Tuttavia, il 19% dei soggetti con il livello più basso di alfabetizzazione ha riferito di avere problemi di vista che impediscono la lettura di un testo stampato. Per questi soggetti, pertanto, l’alfabetizzazione e la rivoluzione del Braille diventano quanto mai necessarie.

L’indagine, inoltre, ha esaminato l’alfabetizzazione in funzione delle caratteristiche sociali ed economiche. I dati hanno dimostrato che gli adulti nei due livelli culturali più bassi avevano da un lato minori possibilità di essere assunti a tempo pieno, guadagnare salari elevati ed esercitare il diritto di voto, e dall’altro maggiori probabilità di ricevere sussidi alimentari, essere in condizioni di povertà e utilizzare mezzi di informazione diversi dalla stampa (ad es. radio e televisione). Non vi è dubbio, quindi, che uno scarso livello di alfabetizzazione sia fonte di notevoli nella vita di tutti i giorni.

Tuttavia, definire l’importanza dell’alfabetizzazione unicamente in termini di applicazioni concrete equivale a sottovalutarne l’importanza per la vita di tutti. L’alfabetizzazione sviluppa sia le capacità funzionali sia il senso di sicurezza, e in verità la speranza in un futuro produttivo. Richard W. Riley, Ministro della Pubblica Istruzione degli Stati Uniti, ha di recente affermato: "Leggere costituisce la più importante delle capacità basilari, in quanto consente a uno studente di apprendere tutto ciò che desidera".

Se da un lato troppi cittadini americani non raggiungono i livelli minimi di alfabetizzazione, la condizione dei ciechi è persino peggiore. La Case Editrice Americana per i Ciechi (American Printing House for the Blind) registra l’età dei ragazzi che frequentano gli istituti scolastici per non vedenti negli Stati Uniti. Secondo la Casa Editrice, oggi meno del 10 percento dei bambini americani non vedenti è in grado di leggere il Braille. (American Printing House for the Blind, 1994).

Negli Stati Uniti, a partire dagli anni sessanta, abbiamo riscontrato una costante riduzione del numero di bambini non vedenti che utilizzava il Braille a scuola. Per anni, il declino dell’utilizzo del Braille tra i ragazzi in età scolare è stato attribuito ai progressi tecnologici, che avrebbero reso inutile il Braille per molti ragazzi con grave deficit visivo. La nostra esperienza, tuttavia, dimostra che l’alfabetizzazione tramite Braille non è stata sostituita dalla tecnologia per i soggetti con deficit visivo, che grazie ad essa potrebbero leggere i testi stampati. Al contrario, per molti bambini il Braille è stata sostituito con mezzi di lettura e scrittura rivelatisi del tutto inefficaci.

È in costante aumento, quindi, il numero di ciechi privi delle più elementari capacità di lettura e scrittura, che non possono aspirare a una piena integrazione sociale. Ma perché il livello di alfabetizzazione è in costante diminuzione tra i non vedenti? Si tratto solo del fallimento della tecnologia, che non ha permesso agli individui affetti da gravi deficit visivi di utilizzare in modo efficace i testi stampati? O intervengono altri fattori?

Non vi è dubbio che diversi fattori contribuiscano al declino delle conoscenze di base tra i ciechi; tra di essi annoveriamo la maggiore attenzione ai gravi deficit visivi piuttosto che alla cecità, la carenza di insegnanti qualificati, la mancanza di materiale in Braille e i costi elevati della tecnologia specifica. Eppure, se riduciamo il problema dell’insufficiente alfabetizzazione dei ciechi a una pura e semplice mancanza di risorse, e in particolare a una carenza di finanziamenti, ci verrà sempre negato il diritto a una piena integrazione. Il nostro compito, in quanto persone non vedenti, è di modificare la concezione della cecità nella società. Fin quando la società considererà la cecità come eminentemente, o forse totalmente, invalidante, non si sentirà l’esigenza di assicurare ai ciechi un livello di conoscenza del Braille comparabile alla capacità di leggere e scrivere dei vedenti.

Ciò può spiegare la nostra esperienza degli ultimi trenta anni, durante i quali l’uso dei testi stampati non è stata per nulla giustificato dalla loro utilità quale mezzo di lettura per i soggetti con deficit visivo. In altre parole, se riteniamo che i ciechi siano in grado di leggere e scrivere con competenza, ne consegue che dovremmo considerare gli individui con grave deficit visivo come candidati al Braille che non possono utilizzare un testo stampato alla stessa maniera di chi vede perfettamente. Eppure, non è questo il nostro criterio di giudizio. In concreto, gli individui con grave deficit visivo vengono ancora incoraggiati ad usare il testo stampato anche quanto non possono trarne che scarsi benefici. A mio parere, questo atteggiamento è riconducibile a un presupposto ampiamente diffuso, secondo il quale la vista è una condizione normale, per cui un individuo che usi un testo stampato (per quanto con scarsi benefici) viene considerato più normale di un individuo che legge in Braille. Incoraggiando i ciechi a vivere come se fossero dotati della capacità visiva, li si costringe a una esistenza quasi normale, ma senza che abbiano la possibilità di condurre una vita autenticamente normale. In altre parole, come società abbiamo una considerazione così scarsa dei non vedenti che non ci chiediamo minimamente se una persona con un deficit visivo potrebbe vivere meglio utilizzando il Braille, invece di usare i testi stampati in modo inefficiente.

L’eccessiva enfasi posta sull’utilizzo della vista non è che un esempio del pregiudizio storico contro il Braille. Quando ero solo un ragazzo, ricordo che mi veniva ripetuto che i registratori avrebbero soppiantato il Braille. Più tardi, al college, quando mi stava specializzando nell’insegnamento ai bambini ciechi, ricordo che mi dicevano che grazie all’Optacon il Braille sarebbe divenuto anacronistico. Sebbene il registratore, l’Optacon e tutta la tecnologia per sopperire ai deficit visivi permettano ai ciechi di accedere con maggiore facilità alle informazioni, il Braille rimane insostituibile. Chiunque si sia trovato nella necessità di esaminare rapidamente una grande quantità di materiale, annotare velocemente un messaggio o un numero telefonico, o leggere una ricetta e preparare un pasto contemporaneamente, sa benissimo che il Braille continua ad essere il più efficiente e flessibile sistema di lettura e scrittura per i ciechi. Né il registratore né l’Optacon possono essere impiegati per segnare una ricetta medica o regolare i comandi di una stufa o di una lavatrice. Tra l’altro, vale la pena osservare che mentre si riteneva comunemente che la tecnologia avrebbe reso antiquato il Braille, in realtà è accaduto esattamente il contrario. La tecnologia per i non vedenti non soppianterà il Braille, così come non renderà antiquata la stampa. Fatto è che a tutt’oggi il sistema Braille per i ciechi è ancora oggetto di un diffuso pregiudizio, e la cecità viene considerata come una condizione di evidente inferiorità.

La rivoluzione del Braille, in sostanza, si basa sulla fondamentale uguaglianza tra vedenti e non vedenti. Il Braille consente ai ciechi di usufruire di tutti i vantaggi della conoscenza. Negli ultimi dieci anni, la rivoluzione del Braille ha acquisito una crescente importanza negli Stati Uniti. La rivoluzione del Braille è stata lanciata dagli stessi ciechi, nella convinzione che la conoscenza del Braille avrebbe consentito loro di lavorare fianco a fianco con i vedenti. In un primo momento, i docenti e gli specialisti della riabilitazione non hanno condiviso l’importanza data alla capacità di leggere e scrivere in Braille. Il Dott. Kenneth Jernigan (1988), Presidente Onorario della Federazione Nazionale Ciechi, nel sottolineare sia la necessità di un più ampio accesso alle informazioni in Braille sia la riluttanza dei docenti a riconoscere tale necessità, ha affermato quanto segue:

Il Braille è stato deliberatamente ridotto a un ruolo marginale nella processo di formazione dei bambini ciechi o con gravi deficit visivi, non vengono più insegnate competenze realmente utili e il concetto di inferiorità dei ciechi viene santificato e istituzionalizzato da quelle stesse istituzione scolastiche che dovrebbero insegnare esattamente l’opposto. Qualunque sia la strategia o il piano d’azione che adotteremo, il problema deve essere affrontato e deve trovare una soluzione. (p. 463)

Infine, i ciechi hanno deciso di portare le loro preoccupazioni direttamente all’attenzione dei legislatori. Nel 1987, sulla spinta dell’Unione Cechi del Minnesota, affiliata alla Federazione Nazionale Ciechi, è stata presentata davanti al parlamento di quello stato la prima proposta di legge concernente il Braille. La proposta era intesa a garantire l’accesso alle informazioni in Braille per i bambini ciechi dello stato. Questo disegno di legge ha causato un’aspra divisione tra i ciechi e il corpo insegnante dei non vedenti. Con il passare del tempo, tuttavia, l’atteggiamento verso il Braille è andato mutando perché si è notato un incremento del numero di ciechi che pur avendo conseguito un diploma mancavano delle necessarie competenze per aspirare a un’istruzione superiore o a un’occupazione qualificante.

Oggi, a distanza di soli dieci anni dall’approvazione della prima legge sul Braille, la nuova legge federale include una clausola specifica, che incontra il favore di ciechi, docenti e specialisti della riabilitazione, in cui si afferma espressamente che il Braille costituisce il principale sistema di lettura e scrittura per i ciechi. Il 4 giugno 1997, la legge per l’istruzione degli individui con disabilità (IDEA, Individuals, with Disabilities Education Act) è stata definitivamente approvata dal Presidente Bill Clinton. La IDEA prevede che tutti i bambini ciechi o con grave deficit visivo debba saper utilizzare il Braille, a meno che l’équipe pedagogica non decida altrimenti. Per la prima volta, una legge federale ha espressamente riconosciuto il diritto dei bambini ciechi a leggere e scrivere in Braille. Se da un lato la legge riconosce che il Braille rappresenta il mezzo principale per consentire ai ciechi di leggere, ancor più importante è il fatto che la legge confermi quanto dichiarato con forza dai ciechi, nonché dai docenti e dagli specialisti delle rieducazione. Infatti, se è pur vero che i ciechi sono diversi dai vedenti, se verrà data loro l’opportunità di apprendere e competere su basi eque, potranno partecipare a pieno titolo a tutte le normali attività sociali ed economiche. È questa la vera rivoluzione del Braille.

La rivoluzione del Braille, pertanto, mira a introdurre un nuovo modo di concepire la cecità - la convinzione che i ciechi siano in grado di concorrere con i vedenti su un piano di uguaglianza. In quanto ciechi, non siamo semplicemente persone affette da un deficit visivo più o meno grave, ma piuttosto individui ciechi in un senso completo. Se questo deve essere il nostro criterio ispiratore, allora dovremo avere gli stessi diritti dei vedenti nell’accesso alle conoscenze. Dobbiamo insistere affinché i bambini ciechi abbiano docenti esperti nell’uso del Braille e nell’insegnamento della lettura e della scrittura. Dobbiamo richiedere che i bambini ciechi non solo apprendano a leggere ma imparino altresì a scrivere. Sin dalle prime classi, i bambini ciechi devono apprendere ad utilizzare gli strumenti del Braille, analogamente ai bambini vedenti, a cui viene insegnato immediatamente ad usare penna e carta. Già nelle classi successive, i bambini ciechi devono avere accesso ai dispositivi computerizzati in Braille per essere concorrenziali nel mondo del lavoro.

Chiedere di essere considerati uguali equivale a chiedere di poter accedere ai materiali indispensabili per accrescere tutte le competenze culturali. I bambini ciechi devono poter accedere al materiale di consultazione, nonché a tutta la documentazione scientifica e tecnica in Braille. I bambini devono avere accesso a testi di matematica scritti in Braille, e questi materiali devono essere presentati sin dalle prime classi ed essere disponibili durante tutto l’iter scolastico. I bambini ciechi devono poter disporre di tutti i materiali didattici e della lettura di svago, come i romanzi e le riviste. In breve, se consideriamo realmente il Braille come uno strumento di acquisizione culturale a disposizione dei ciechi, e se siamo veramente convinti che i ciechi siano in grado di competere su uno stesso piano con i vedenti, ne consegue che i bambini ciechi debbano avere l’opportunità di acquisire lo stesso livello di alfabetizzazione dei bambini vedenti.

Ma cosa dire degli individui che diventano ciechi in età adulta? Analogamente a quanto visto per i bambini, se vogliamo che questi soggetti riprendano la loro vita e siano autenticamente reintegrati, essi dovranno acquisire le competenze necessarie per lavorare fianco a fianco con i vedenti. Per ottenere ciò, gli specialisti della riabilitazione devono essere i primi a convincersi che i soggetti divenuti ciechi in età adulta possono realmente condurre una vita normale e partecipare attivamente alla società. Gli specialisti della riabilitazione devono infondere questa convinzione nei loro pazienti, dimostrando loro come la costante pratica del Braille consenta di riacquistare quelle competenze apprese mediante la vista.

La rivoluzione del Braille potrà avere successo solo se muterà l’atteggiamento della società verso i ciechi, e se cambierà la concezione che hanno i ciechi di se stessi. Solo quando avremo obiettivi ed aspettative comuni potremo valutare la reale efficacia dei nostri sistemi di formazione e riabilitazione. I nostri sistemi didattici e riabilitativi consentiranno ai ciechi di divenire membri a pieno diritto della società solo quando ci convinceremo che i ciechi non sono meno competenti dei vedenti, ma semplicemente usano modi diversi per leggere e scrivere,.

Ci si può chiedere da dove debbano venire le risorse necessarie. Le risorse non sono certo infinite e la volontà da sola non serve a modificare lo stato delle cose. Nondimeno, se non si è perfettamente convinti della sostanziale normalità dei ciechi, le risorse investite per correggere il problema dell’insufficiente alfabetizzazione dei ciechi saranno sempre insufficienti. Fin quando si continuerà a credere che i ciechi sono destinati a una vita ai margini della società, non si sentirà mai la necessità di investire più risorse nella loro educazione o riabilitazione. Le risorse non sono certo infinite, ma devono essere distribuite secondo le nostre priorità. Quando attraversiamo un ponte, riteniamo che sia sicuro. Quando apriamo una scatoletta di cibo, presupponiamo di poterne mangiare il contenuto senza timore di intossicarci. Queste sicurezze hanno un costo e richiedono delle risorse. Le nostre risorse devono essere distribuite sulla base alle nostre priorità, che a loro volta devono rispecchiare aspettative comuni.

Grazie all’informatica, il Braille è divenuto più accessibile e meno costoso che in precedenza. Nondimeno, considerando l’attuale livello tecnologico, potrebbe essere illusorio supporre che i ciechi possano avere una facilità di accesso ai materiali in Braille paragonabile a quella dei vedenti nell’acquisire le informazioni. La tecnologia, quindi, è al contempo un vincolo e un vantaggio. CD ROM, Internet e dischetti consento ai ciechi di accedere a un enorme quantitativo di informazioni. Le opportunità per i ciechi sono straordinarie, ma queste tecnologie potranno rivelarsi utili per i ciechi solo se sarà possibile accedere ad esse.

La questione, quindi, è di indirizzare le risorse verso le nostre priorità. L’informatica negli ultimi anni ha avuto uno sviluppo esplosivo. Tuttavia, è essenziale comprendere che gran parte degli sviluppi tecnologici sono stati motivati non tanto dalla necessità di offrire più informazioni, ma piuttosto di aiutare gli utenti a fare uno uso migliore delle informazioni già disponibili. Windows 95 è un esempio calzante. La tecnologia di Windows 95 sfrutta al massimo le immagini, in quanto presenta i dati in modo molto efficace in funzione di un utilizzatore dotato di vista. L’utilizzo di immagini non è certo il modo più economico per gestire le informazioni. Anzi, sono convinto che lo sviluppo di Windows 95 e di altri sistemi ad ambiente grafico abbia richiesto notevoli investimenti per consentire ai vedenti di utilizzare i dispositivi informatici in modo altamente efficiente.

Tuttavia, quando si affronti la questione dell’accesso alla tecnologia per i ciechi - sia un bambino in età scolare che un individuo divenuto cieco in età adulta - i costi figurano sempre come un problema centrale. Negli ultimi anni abbiamo notato l’emergere sul mercato di molteplici e potenti dispositivi per la scrittura in Braille. Queste macchine consento all’utilizzatore di immettere le informazioni utilizzando una tastiera Braille. Uno dei migliori esempi di questa nuova tecnologia è il Braille n Speak, che consente l’immissione di dati in Braille e la loro lettura a cura della macchina. Eppure, chi utilizza il Braille sa benissimo che il Brille Lite è chiaramente superiore, grazie alla possibilità di usare il Braille per immettere e recuperare le informazioni. Il Braille Lite ha tutte le caratteristiche del Braille n Speak, inclusa la pronuncia delle parole, oltre a un display Braille duraturo e di elevata qualità. Eppure, negli Stati Uniti, i ciechi che hanno accesso alla tecnologia, sia negli istituti scolastici che nei centri di riabilitazione, il più delle volte utilizzano il Braille n Speak, piuttosto che il Brille Lite, per ragioni di costi. Analogamente, in America la grande maggioranza dei ciechi che utilizzano i computer sul posto di lavoro non ha accesso ai display in Braille, ma utilizza le capacità vocali. Il fattore critico in genere non è la maggiore efficienza dell’espressione vocale o del Braille, ma i costi.

Come modificare questo stato di cose? Come portare avanti la rivoluzione del Braille? Innanzitutto dobbiamo convincerci di avere capacità identiche a quelle dei vedenti. Dobbiamo essere uniti nel pretendere possibilità di accesso alla cultura analoghe a quelle di cui godono i vedenti. Ciò sarà possibile solo rimanendo uniti in organizzazioni come l’Unione Italiana Ciechi, l’Unione Europea Ciechi e l’Unione Mondiale Ciechi, e convincendo la società che la nostra aspirazione all’uguaglianza non è un sogno irrealizzabile o un’affermazione retorica, ma la realtà dei fatti. Una volta modificato il modo in cui sia noi e che la società consideriamo la cecità e le nostre aspettative, ritengo che le risorse non mancheranno. Se riusciremo ad eliminare i diffusi pregiudizi sulla cecità, potremo lottare contro la convinzione che i ciechi possano tutt’al più svolgere attività secondarie. Una volta raggiunto tale obiettivo, il Braille non sarà più visto come un semplice metodo per consentire la lettura ai meno fortunati, ma piuttosto assumerà il posto che gli compete quale mezzo di crescita culturale per i ciechi.

NOTE BIBLIOGRAFICHE

American Printing House for the Blind (1994). Assegnazione della quota federale , 3 gennaio 1994, registrazione degli studenti qualificati. Louisville, KY: Autore.

Jernigan, K. (1988). Una stimolo ad dibattito e una questione non ancora definita. The Brille Monitor, settembre - ottobre, 462-465.