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Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti

 

Braille, leggere e scrivere sfidando il buio

Da Corriere.it del 22/02/2012

Autore: Maria Giovanna Faiella

MILANO - Scrivere e leggere in modo autonomo grazie all’alfabeto in Braille, dal nome del suo inventore francese, divenuto cieco all’età di tre anni in seguito a un incidente nel laboratorio del padre. Non a caso la giornata nazionale del Braille, che si celebra il 21 febbraio e diventata una «solennità civile» per merito del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, coincide con la giornata mondiale della difesa dell’identità linguistica, promossa dall’Unesco, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura. «Questo straordinario strumento consente ai ciechi di accedere alla “luce” della conoscenza scritta - afferma Nicola Stilla, presidente del Club italiano del Braille - . Per chi non vede è un’emozione poter sfogliare un libro e sentire scorrere le lettere sotto le dita: il Braille è infatti l’unico sistema di lettura e scrittura diretta che non ha bisogno di mediazioni. Leggere e studiare come gli altri rende più autonomi e favorisce l’inserimento nella società».

TAGLI AI SERVIZI - L’integrazione sociale è però messa a rischio dai tagli a servizi essenziali, secondo l’Unione italiana ciechi, che ha scritto una lettera aperta al Presidente del Consiglio Mario Monti. «Siamo indignati per la campagna contro i falsi ciechi e i falsi invalidi che, purtroppo, si sta ritorcendo contro quelli veri e così i diritti conquistati con fatica nel corso degli anni sembrano crollare uno dopo l’altro», sottolinea il presidente della Uic, Tommaso Daniele. A preoccupare è soprattutto l’art. 5 della manovra “Salva Italia”. «Mette in discussione l’indennità di accompagnamento legata alla minorazione – afferma Daniele - . Per noi non è un benefit ma ci permette di avere un minimo di autonomia: abbiamo bisogno di qualcuno che ci accompagni per andare dal dottore, al lavoro, a fare la spesa o semplicemente fare una passeggiata. Collegare l’accompagnamento al reddito significherebbe tornare a uno Stato assistenziale che ti esclude dalla società, in contrasto con la convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata anche dall’Italia e con lo stesso art. 3 della nostra Costituzione che riconosce a tutti i cittadini pari dignità sociale».

TRA VECCHIE E NUOVE PROFESSIONI - Secondo l’Unione Ciechi si stanno facendo passi indietro per l’integrazione dei non vedenti nella società anche a livello scolastico e riguardo all’inserimento nel mondo del lavoro. «Ai ragazzi ciechi e ipovedenti non sempre è garantito il diritto allo studio: spesso, infatti, mancano libri di testo, materiale didattico e ausili necessari all’autonomia», riferisce Daniele. È carente, poi, la formazione professionale per indirizzare i giovani verso le figure professionali oggi più richieste dal mercato del lavoro. «Le vecchie professioni non sono più spendibili e le nuove non decollano – spiega il presidente della Uic - . Le Regioni avrebbero dovuto formare le nuove figure previste dal “Decreto Salvi” del 2000, cioè addetti all’ufficio relazioni con il pubblico e operatori di telemarketing e banche dati. Non è accaduto se non in pochi casi. Dodici anni di attesa sono davvero troppi».

Maria Giovanna Faiella

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