DA TRASMETTERE COME SE FOSSE UNA CIRCOLARE - GRAZIE
Prot. 8561/2000 del 8.5.2000
II (TD/ts)
"NOI CHE CAMMINIAMO NELLA NOTTE"
Lettera aperta ai ciechi italiani di Tommaso Daniele, Presidente Nazionale
dell'Unione Italiana dei Ciechi
Cari Amici,
permettete di chiamarvi cosi', dopo tanti anni di presidenza e dopo tante
manifestazioni di affetto, da parte di tanti di voi, mi riesce difficile
chiamarvi diversamente. Mi riesce difficile non immaginare l'Unione Italiana
dei Ciechi come una grande famiglia all'interno della quale ci si da' del
tu, ci si chiama per nome e si diventa amici.
Dunque, cari amici, altre volte mi sono rivolto a voi per indirizzare
messaggi, lanciare appelli, o chiamarvi alla mobilitazione, e sempre ho
avuto risposte immediate e positive.
Questa volta, pero', ho bisogno di una maggiore attenzione da parte vostra
perche' sto per chiamarvi ad una mobilitazione straordinaria, del tutto
speciale, dalla quale dipende il futuro della nostra organizzazione e,
quindi, dei ciechi italiani.
Una chiamata in soccorso, una richiesta di aiuto per rispondere alla grande
agli innumerevoli ostacoli che questo tempo e questa societa', ancora una
volta, si incaricano di disseminare lungo il nostro cammino. Di fronte alla
luce rossa dell'allarme, non resta che chiedere aiuto.
Non e' la prima volta che mi faccio carico di rappresentare i pericoli e le
insidie connessi con l'attuale rivoluzione sociale, culturale ed economica.
Costantemente, da due anni a questa parte, in Direzione, in Consiglio
Nazionale, nelle Assemblee dei Quadri, ho messo in guardia, nei confronti
della sottovalutazione delle conseguenze di certi fenomeni: la
globalizzazione, la rivoluzione tecnologica, il decentramento amministrativo
e politico.
Altrettanto costantemente, ho sostenuto la necessita' di dare alla nostra
associazione un respiro piu' democratico, piu' partecipativo, piu'
coinvolgente, chiamando a raccolta tutte le forze disponibili.
Un cantiere che cresce ha bisogno di mano d'opera aggiuntiva.
Lo scorso 13 aprile il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ci
ha fatto l'onore di ricevere al Quirinale l'intero Consiglio Nazionale. In
quella solenne occasione ho affidato alle mani calde del Capo dello Stato
alcune preoccupazioni e paure dei ciechi italiani. In particolare la paura
per l'affievolirsi del sentimento di solidarieta' nella societa' civile e
nel mondo politico,per il rischio di esclusione dei ciechi nel mondo della
scuola, della formazione professionale e del lavoro a causa del diffondersi
delle nuove tecnologie, non sempre accessibili ai minorati della vista e la
paura per la eccessiva frammentazione delle competenze nella erogazione dei
servizi da parte degli enti locali.
Il Presidente Ciampi ha recepito appieno il nostro messaggio ed ha avuto per
noi parole affettuose, di grande stima, di incoraggiamento e ha garantito
che non ci lascera' soli nella nostra quotidiana guerra contro l'esclusione
e l'emarginazione; ma Aurelio Nicolodi ci ha insegnato che il riscatto dei
ciechi non puo' che venire dai ciechi stessi. Di qui l'appello del
Presidente Nazionale per una mobilitazione straordinaria, del tutto
speciale, in grado di dare nuova linfa all'albero del corpo associativo e
portare le sue bandiere un po' piu' avanti, piu' in alto verso la meta delle
pari opportunita'.
Cari Amici, quest'anno l'Unione Italiana dei Ciechi compie 80 anni, infatti
il 26 ottobre del 1920 a Genova il grande genio di Aurelio Nicolodi raccolse
sotto una unica bandiera tutti i ciechi, d'Italia quale che fosse la causa
della loro cecita', e traccio' la strada che li avrebbe portati al riscatto
morale e sociale. Sulle sue orme, ciascuno con la propria originalita' e
personalita', Paolo Bentivoglio, Giuseppe Fuca' e per qualche tempo Roberto
Kervin.
Quanta strada! dai gradini delle chiese e dagli angoli delle strade alle
cattedre universitarie e alle libere professioni. Dietro questo miracolo
c'e' una lunga storia di solitudini, di disperazioni, di angosce, di lotte,
di umiliazione e di dolore. Niente ci e' stato mai regalato.
Nino Salvaneschi scriveva: "siamo cavalli di razza avvezzi alla lotta e alla
resistenza".
La storia dell'Unione Italiana dei Ciechi e' storia di lotte e di resistenze
contro chi voleva condannarci all'ignoranza negandoci il diritto
all'istruzione e all'educazione; contro chi voleva lasciarci nella miseria
morale ed economica, negandoci il diritto al lavoro; contro chi ci negava la
pari dignita' e codificava la nostra incapacita' di intendere e di volere.
Ottanta anni di lotta contro la grande muraglia dell'ingiustizia e del
pregiudizio.
Ottanta anni di guerra, non sempre vittoriosa, ma i ciechi italiani seppero
sempre rialzare la testa e fu cosi' che strapparono il diritto allo studio,
al lavoro, fu cosi' che ottennero di vestire la divisa grigio-verde per
servire la patria, come tutti gli altri cittadini, in qualita' di
aerofonisti.
Fu cosi' che venne il riconoscimento di alcune professioni per i ciechi: la
massofisioterapia, il centralinismo, e piu' tardi il diritto
all'insegnamento.
Per strappare il diritto alla pensione fu necessaria la marcia del dolore,
una fulgida pagina delle nostra storia che vide impegnati i ciechi italiani
a marciare a piedi, da Firenze a Roma, guadagnandosi la commozione
dell'opinione pubblica e l'attenzione dei media e delle forze politiche. Fu
vittoria.
Piu' tardi l'indennita' di accompagnamento al titolo della minorazione, una
straordinaria conquista che restera' per sempre scolpita sulla pietra del
tempo. Omaggio al Parlamento italiano che ha saputo scrivere una delle piu'
belle pagine di civilta'.
Il resto e' storia recente, la scelta coraggiosa dell'erogazione dei servizi
e l'impegno a tutto campo verso i piu' deboli fra noi.
Dunque i ciechi hanno sofferto, sofferto molto, ma hanno vinto e oggi
camminano a testa alta fra la gente esibendo le loro professioni, le loro
lauree, la loro produttivita', la loro pari dignita'.
Dunque i ciechi hanno vinto, hanno scalato un lungo tratto della grande
muraglia dell'ingiustizia e del pregiudizio. Per una cosi' grande vittoria
non puo' esserci un solo artefice, ce ne sono tanti, quelli che abbiamo
menzionato: Nicolodi, Bentivoglio Fuca', Kervin e quelli che non abbiamo
menzionato; le migliaia di dirigenti e soci che hanno lavorato nell'ombra
con umilta', con fede, con passione sapendo di battersi per una causa
giusta.
Per una cosi' grande vittoria un solo nome puo' essere additato e scritto a
grandi lettere nel cuore e nella mente dei ciechi italiani: UNIONE ITALIANA
DEI CIECHI. E' stata grande, e' stata forte, e' stata unita, consapevole,
responsabile, ha rappresentato e tutelato al meglio le centinaia di migliaia
di ciechi che hanno creduto in lei e a lei si sono affidati. Una realta'
apprezzata e invidiata in Italia e, soprattutto, all'estero.
Ora, pero', l'Unione Italiana dei Ciechi ha una nuova missione da compiere:
difendere il patrimonio delle grandi conquiste e affilare le armi contro i
nuovi pericoli di esclusione e di emarginazione. Siamo ormai nell'era del
digitale, questa nuova tecnologia informera' di se' l'intera Europa, cosi'
come avvenuto negli Stati Uniti, e cambiera' le abitudini e la vita dei
cittadini europei.
La diffusione di Internet avra' gli stessi effetti rivoluzionari della
scoperta dell'energia elettrica. Si navighera' in Internet a doppia
velocita', la multimedialita' entrera' nella scuola, nelle fabbriche. Le
carte intelligenti influenzeranno l'assistenza sanitaria, il sistema dei
trasporti e la pubblica amministrazione, avremo commercio elettronico, il
telefonino e il televisore multimediali. Simboli, questi, di una nuova era:
l'era dell'accesso. Presto il mondo si dividera' in due, quelli che saranno
in grado di accedere e quelli che non lo saranno.
La nuova tecnologia digitale puo' essere una grande risorsa per i ciechi, e
i disabili in generale, perche' abbatte le barriere e riduce le distanze. Ma
rimane la grande incognita: sara' essa disponibile per i ciechi e per i
disabili? La grande industria, che dovrebbe raccogliere la sfida di renderla
accessibile, sara' disponibile a investire le risorse necessarie o si
lascera' guidare dalla logica della competitivita' e del profitto?
Questa nuova sfida, inoltre, coincide con un momento di disimpegno dello
Stato verso i piu' deboli, uno Stato che programma la riduzione della spesa
sociale e si affida al volontariato e al terzo settore; una nuova missione
dunque, una nuova battaglia, una nuova guerra.
Per vincere l'Unione ha bisogno di un di piu' che oggi non ha. Di qui la
richiesta di aiuto, la chiamata di soccorso, la mobilitazione straordinaria
del tutto speciale.
Dobbiamo allargare l'area delle responsabilita', mettere in campo tutte le
risorse possibili, rinunciare a delegare e sentirsi impegnati in prima
persona, ciascuno secondo i propri talenti.
Dobbiamo stare insieme e non chiederci che cosa l'Unione puo' dare a noi, ma
che cosa noi possiamo dare all'Unione. Vorrei chiamare per nome ciascuno di
voi e dirvi: "vieni, c'e' bisogno di te, c'e' bisogno di te per difendere
l'indennita' di accompagnamento, il diritto allo studio dei nostri ragazzi,
il diritto al lavoro dei nostri giovani, c'e' bisogno di te per dare agli
ipovedenti una indennita' speciale degna di questo nome, alle donne le pari
opportunita', una speranza agli anziani e ai ciechi pluriminorati. C'e'
bisogno di te per difendere l'Unione Italiana dei Ciechi da chi la vuole
meno forte, meno libera, meno unita. C'e' bisogno di te per costruire il
futuro dei nostri fratelli e dei nostri figli".
"Noi, che camminiamo nella notte", non possiamo consentirci di essere
egoisti, di essere indifferenti: la solidarieta' e' un dovere morale dal
quale nessuno di noi puo' prescindere. Per questi obiettivi dobbiamo gettare
il cuore oltre ogni ostacolo e sognare, sapendo con Martin Luther King che
un sogno rimane un sogno fino a che a sognare e' uno solo, ma diventa
realta' quando a sognare si e' in tanti.
Sosteneva Biagio Pascal che le ragioni del cuore sono piu' forti di quelle
della ragione, io ho fiducia nel cuore dei ciechi italiani, e sono sicuro
che non mi lasceranno solo in questa nuova impresa, "noi, che camminiamo
nella notte", saremo ancora artefici del nostro riscatto e, quando la storia
chiamera', risponderemo: "Presente".
IL PRESIDENTE NAZIONALE
prof. Tommaso Daniele
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UNIONE ITALIANA CIECHI
S e d e C e n t r a l e
Semeraro Alfredo
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